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Cosa significa essere timidi? – Report dalla lezione con il Prof. Carducci

La timidezza è vista come un fallimento nell'affrontare situazioni sociali, a scapito del benessere psicologico dell'individuo. Cambiare però si può!

Di Marina Morgese

Pubblicato il 04 Lug. 2014

Aggiornato il 29 Mag. 2019 10:15

Cosa vuol dire essere timidi? Quanta sofferenza può provare una persona timida?

Per comprendere le dinamiche della timidezza, gli studenti di Studi Cognitivi hanno avuto la grande possibilità di partecipare alla lezione di uno dei più importanti studiosi del tema: Bernardo J. Carducci, professore presso l`Indiana University Southeast.

Guarda l’INTERVISTA AL PROF. CARDUCCI al Congresso APA 2013 di Honolulu (HAWAII)

Nel corso della lezione numerosi punti chiave del tema sono stati affrontati, primo tra tutti: cos’ è la timidezza? Nonostante la tendenza a medicalizzare la timidezza, essa non è né un disturbo, né un tratto di personalità, può essere invece intesa come un fallimento nell’affrontare situazioni sociali, caratterizzata da componenti affettive, cognitive e comportamentali.

Formativo è stato anche vedere quanto la timidezza sia comune (il 40% della popolazione risulta essere timido) e quanto questo dato sia prezioso nel lavoro con la persona timida, in quanto ciò lo porta a non sentirsi solo e isolato nel suo problema.

La timidezza non va confusa con introversione né con bassa autostima: mentre nell’ introversione vi è un volontario rifiuto nel rapportarsi agli altri, il timido cerca la loro vicinanza ma non riesce ad approcciarsi. L’autostima invece può essere alta a livello globale nel timido (pensiamo alle numerose star o persone di potere timide) ma bassa solo in specifici domini, primo tra tutti il dominio delle competenze sociali.

Importante, nel lavoro con le persone timide, è conoscere le dinamiche alla base del problema: nonostante la diversità delle storie personali, infatti, vi sono tre dinamiche principali coinvolte nella timidezza.

  • Conflitto tra avvicinamento- allontanamento: il timido vuole entrare in iterazione con gli altri, ma si blocca, preferisce aspettare che siano gli altri a fare la prima mossa. La motivazione è presente ma non sufficiente dunque.
  • Lento meccanismo di riscaldamento: i timidi hanno bisogno di tempi più estesi per rapportarsi agli altri, ed è anche questo che li blocca, vorrebbero velocizzare le relazioni ma non ci riescono.
  • Zona di conforto limitata: i timidi si lasciano coinvolgere nelle uscite, nel partecipare a situazioni sociali, ma tendono a ripetere sempre le stesse cose, mostrano un limitato repertorio di azioni che cercano di non modificare, perché per loro il cambiamento significherebbe pericolo.

Nonostante una serie di auto strategie, emerse da numerosi studi, che i timidi mettono in atto per combattere il loro disagio (ad es. estroversione forzata, pensare positivo, consultare libri di auto- aiuto, bere o relazionarsi tramite internet), queste si mostrano quasi sempre insufficienti ad affrontare la propria timidezza.

Il prof Carducci, infatti, ripete, nel corso della giornata, quanto sia importante lavorare con la timidezza anziché contro la timidezza. E’ importante accettare il fatto di essere timidi, capire le dinamiche della propria timidezza e modificare ciò che si fa e non ciò che si è.

Solo in tal modo si può vivere meglio e diventare dei timidi di successo!

 

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Prof. Carducci: Shyness – Is being introverted the same of being shy?

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Marina Morgese
Marina Morgese

Caporedattrice di State of Mind

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