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Open – La mia vita, di Andre Agassi (2011) – Recensione

Open: Adesso che ho vinto, so qualcosa che a pochissimi al mondo è concesso sapere. Una vittoria non è così piacevole quant’è dolorosa una sconfitta.

Di Alessia Incerti

Pubblicato il 16 Apr. 2014

Aggiornato il 07 Mag. 2014 13:38

Alessia Incerti

«Odio il tennis, lo odio con tutto il cuore, eppure continuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perché non ho scelta. 

 Per quanto voglia fermarmi non ci riesco. 

Continuo a implorarmi di smettere e continuo a giocare, e questo divario, questo conflitto, tra ciò che voglio e ciò che effettivamente faccio mi appare l’essenza della mia vita…». 

Andre Agassi

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Open Andre Agassi - Recensione
Open – La Mia Vita, Di Andre Agassi, Einaudi (2011) – Copertina

Scoprire che vincere, che essere campione non risana tutte le ferite, non elimina il dolore che si prova per non essere libero di essere se stessi: “Vincere non cambia niente. Adesso che ho vinto uno slam, so qualcosa che a pochissimi al mondo è concesso sapere. Una vittoria non è così piacevole quant’è dolorosa una sconfitta“.

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Uno dei piú grandi campioni di tennis di tutti i tempi racconta la propria storia di vita, quella di bambino , di atleta adolescente , di professionista del tennis, di uomo con chiarezza e accettazione compassionevole.

Andre Kirk Agassi (Las Vegas, 29 aprile 1970) è un ex tennista statunitense.

Racconta la propria storia di atleta e di uomo partendo dalla fine: incuriosisce il lettore con la descrizione dei preparativi della sua ultima partita prima di congedarsi al pubblico sportivo. 

Una doccia indispensabile per riattivare un corpo stanco , che porta le ferite dei combattimenti e nel  sotto fondo le voci allegre dei figli che fanno colazione con la mamma, Stephi Graff.

Ma chi è Andre Agassi ?

Ha vinto 60 titoli ATP e 8 tornei dello Slam, Agassi è uno dei 7 giocatori che nella loro carriera sono riusciti a vincere tutti e 4 i titoli dello Slam,  ed il primo a realizzare il Career Grand Slam su tre diverse superfici. Ed inoltre medaglia d’oro del singolare olimpico e infine è stato introdotto nella International Tennis Hall of Fame. In una parola una leggenda nel suo sport, ma ciò che egli stesso racconta nella sua autobiografia è una storia di dolore, di sofferenza emotiva di doveri, di mancanza di affetto e riconoscimento e di fatica nel costruirsi un’ identità che sappia volersi bene, chiedersi cosa vorrebbe e di cosa ha bisogno.

Andre e i suoi fratelli crescono negli Stati Uniti, terra natale della madre, mentre il padre è iraniano di origini armene e assire, trasferitosi a Las Vegas dopo aver gareggiato come pugile nelle Olimpiadi del 1948 e del 1952 per  l’Iran. Soltanto dopo aver acquisito la cittadinanza americana il padre decide di cambiare il suo cognome in Agassi.

Mike Agassi era un grande appassionato di tennis e sognava per i suoi quattro figli un futuro da campioni. Provò a trasformare ognuno di loro in un professionista di successo, ma l’impresa riuscì soltanto col figlio più piccolo, Andre, al quale già all’età di due anni mise in mano una racchetta e da allora tutte le sue conversazioni con il padre riguardavano il tennis e l’obiettivo era di diventarne il numero uno.

Tuttavia, quello che sarebbe diventato uno dei più grandi campioni di sempre, non ha un ricordo positivo della sua infanzia. Il suo incubo inizia con “il drago”, ma non quello delle favole che viene sconfitto dal principe, quello delle favole che i genitori leggono ai piccoli per favorire il sonno, ma il drago- macchina che il padre stesso aveva progettato per lanciare palle velocissime. Nel libro con estrema passione ed al tempo stesso lucidità, l’autore racconta delle eccessive pressioni del padre: “Da ragazzino avevo odiato il tennis, vivevo nella paura di mio padre, che mi voleva campione a tutti i costi”.

Racconta di un’infanzia senza divertimento , con poca o nulla  libertà di fare amicizie e semplicemente giocare , imparare e crescere. Un infanzia che permette di esplorare solo ciò che il padre include nel suo scopo: “un figlio campione di tennis”.

Agassi descrive bene come questo lo ha condotto a soffrire di una sofferenza emotiva che lo conduce a creare un altro obbiettivo per la propria vita : potersi dire io vado bene così , io sono importante per me e per qualcun altro. Scoprire che vincere , che essere campione non risane tutte le ferite, non elimina il dolore che si prova per non essere libero di essere se stessi: “Vincere non cambia niente. Adesso che ho vinto uno slam, so qualcosa che a pochissimi al mondo è concesso sapere. Una vittoria non è così piacevole quant’è dolorosa una sconfitta“.

Agassi descrive i fatti, i luoghi, le persone che lo hanno odiato e lo hanno amato, i propri pensieri che diventano tormenti e le emozioni dolorose che diventano da fuggire.

Racconta della solitudine e di come la vicinanza affettuosa di persone, amici, mentori, fidanzate e mogli lo abbia sostenuto nel suo percorso di crescita umana, portandolo a divenire l’uomo che si descrive ora : un marito e un padre amorevole; uno che ha sofferto ma che ha potuto imparare che ha un valore come persona a prescindere dal risultato.

Consigliato ai genitori  ai  figli; agli atleti e ai terapeuti.

Consigliato a chi fatica a essere onesto e compassionevole nei propri riguardi.

 

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Psicologa e Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale

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