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Un Evitante al Cinema: Bella Swan di Twilight. Cinema & Psicologia

Un personaggio cinematografico può avere una personalità? Scopriamo quella di Bella Swan, protagonista femminile di Twilight, saga famosa in tutto il mondo.

Di Francesca Soresi

Pubblicato il 27 Nov. 2013

Aggiornato il 18 Dic. 2013 15:17

Francesca Soresi

 

 

Twilight-Bella-Fan-wallpaper-twilight-movie. Immagine: © Summit Entertainment Un personaggio cinematografico/letterario può avere una personalità? Scopriamo quella di Bella Swan, protagonista femminile della saga di Twilight, famosa in tutto il mondo.

Twilight è una serie di romanzi scritti da Stephenie Meyer e raccontano la vita di Bella Swan, un’adolescente che si trasferisce da Phoenix a Forks, nella penisola di Washington, e che si innamora del vampiro Edward Cullen. I romanzi sono stati successivamente adattati e trasformati in pellicola a partire dal 2008.

Bella Swan è la protagonista femminile del racconto ed è descritta come timida, solitaria, goffa e maldestra. “Non sarei mai stata capace di inserirmi e non era colpa del mio aspetto. Non ero riuscita a ritagliarmi un posto in una scuola con tremila studenti, quante possibilità potevo mai avere, qui? Non ero capace di entrare in sintonia con le persone della mia età. Forse dovrei dire che non sapevo entrare in sintonia con le persone, punto. Non riuscivo a vivere in armonia nemmeno con mia madre, la donna che in assoluto sentivo più vicina, quasi non parlassimo mai davvero la stessa lingua. Ogni tanto mi chiedevo se i miei occhi e quelli del resto del mondo vedessero le stesse cose. Forse il mio cervello era difettoso.” (Twilight, 2006): queste frasi spiegano molto bene il senso di estraneità ed esclusione rispetto agli altri e al mondo che Bella sperimenta e la sua difficoltà nell’entrare in relazione con gli altri anche con i familiari, in linea con una personalità evitante.

L’emozione principale che Bella manifesta è la vergogna: quando vede per la prima volta Edward e i suoi fratelli si assiste ad un gioco di sguardi dove Bella è sempre quella che guarda furtivamente e poi distoglie lo sguardo diventando paonazza in volto.

Durante la prima lezione insieme ad Edward legge le smorfie del vampiro come conferma che ci sia qualcosa di sbagliato in lei: “Quando gli passai accanto, all’improvviso [Edward] si irrigidì. Mi fissò ancora una volta, con la più strana delle espressioni sul volto: era ostile, furioso. Guardai subito altrove, sbalordita, rossa di vergogna. Inciampai su un libro e per non cadere fui costretta a reggermi a un tavolo. La ragazza seduta lì rise sotto i baffi.” (Twilight, 2006).

Da dove nasce questa vergogna? Bella si sente inadeguata e incompetente e teme di essere rifiutata dagli altri. Osserva e valuta con molta attenzione i movimenti e le espressioni delle persone con cui entra in contatto e nello stesso tempo mantiene un contegno timoroso e teso nel tentativo di prevenire e minimizzare le critiche, ma questo contegno si trasforma inevitabilmente nella goffaggine che la caratterizza, perché la sua attenzione non è più su quello che sta facendo, ma su ciò che gli altri vedono e pensano mentre la osservano. Il suo desiderio sarebbe di scomparire tra la folla, di non essere notata, ma questo risulta impossibile nel momento in cui il suo atteggiamento appare strano e poco naturale.

Poi finalmente Bella diventa un vampiro. La trasformazione non è solo fisica, ma anche caratteriale: scompare la sua goffaggine, la sua autostima aumenta. La trasformazione è vissuta da Bella come una liberazione… ma cosa succede? La Meyer ci sta dicendo che quando ci sentiamo inadeguati e “fuori posto” l’unica soluzione è trasformarsi in un vampiro?!

Bhe, forse no: “Ricordavo che Edward una volta aveva detto […] che la sua specie, la nostra specie, si distraeva facilmente.” (Breaking Dawn, 2008).

La trasformazione rappresenta per Bella il mezzo che le consente finalmente di provare quel senso di appartenenza che da umana difficilmente riusciva a sentire: finalmente appartiene ad un gruppo, “la nostra specie”, con cui condivide caratteristiche fisiche, valori morali e regole sociali; e questo gruppo è inserito in un contesto conosciuto e fatto di rapporti con gli amici di sempre, il licantropo Jacob in primis, e con la propria famiglia.

Bella non si sente più estranea, rifiutata ed inetta, ma non perché “normale”, inteso come uguale agli altri, ma perchè pur essendo unica (come ciascuno di noi lo è), ha trovato la giusta dimensione per accettare se stessa.

 

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Francesca Soresi
Francesca Soresi

Psicologa, Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale a San Donato Milanese (MI)

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