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Il Desiderio femminile, censura e rimozione: Nymphomaniac di Lars von Trier – Recensione

Nymphomaniac di Lars Von trier: Il grande problema che non è mai stato risolto, malgrado le ricerche sull’animo femminile è: Cosa vuole la donna?

Di Redazione

Pubblicato il 02 Set. 2013

di Alessandra Diazzi

Recensione del film:

NYMPHOMANIAC

di Lars von Trier

(2013)

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Nymphomaniac di Lars Von Trier - Recensione“Il grande problema che non  è mai stato risolto e che non sono ancora riuscito a risolvere, malgrado i miei trent’anni di ricerche sull’animo femminile è: Was will das Weib? – Cosa vuole la donna?”

(Sigmund Freud, lettera a Marie Bonaparte).

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È questa la domanda davanti alla quale Sigmund Freud ammette di essersi arreso, l’enigma oltre al quale non sa procedere. Tale quesito, lungi dal costituire solamente un aforisma ad effetto estrapolato dagli scritti epistolari del medico viennese, rappresenta in realtà uno scoglio che si configura quale ‘punto cieco’ del sistema psicoanalitico.

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La donna rappresenta infatti un’alterità perturbante dalla quale il primo nucleo della psicoanalisi si origina (si pensi ai primi casi di isteria femminile trattati da Freud e dal collega Breuer e ai casi clinici di donne, da Dora ad Anna O., grazie ai quali il sapere psicoanalitico si plasma, al contempo mettendosi alla prova) ma la cui natura sembra rimanere territorio effettivamente inesplorabile.

Il “continente oscuro della sessualità femminile” (secondo la definizione di Freud in “Tre saggi sulla teoria sessuale”), in tutto il suo mistero perturbante e la sua inquietante perversione, è al cuore dell’ultimo film di Lars von Trier, Nymphomaniac, la cui uscita è programmata il giorno di Natale 2013.

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È notizia recente (resa nota da Il Secolo XIX il 3 agosto nel seguente articolo: http://www.ilsecoloxix.it/p/cultura/2013/08/03/AP0yRO8F-nymphomaniac_forse_vedremo.shtml ) che la pellicola in Italia potrebbe non arrivare nelle sale: al momento nessuna società di distribuzione cinematografica italiana ha in programma il film di Lars von Trier, nemmeno Lucky Red e Bim, distributrici dei più recenti controversi lavori del regista danese. Il film, che uscirà in versione ‘soft’ e in versione incensurata, narra in otto capitoli la vita erotica della protagonista  -ninfomane, secondo la definizione del personaggio stesso- dall’adolescenza all’età di cinquanta anni.

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La possibile assenza di questo racconto sui nostri schermi è metafora di un paese che di donne parla continuamente e che donne mostra senza tregua ma che sfodera censure e resistenze di fronte alla nudità del desiderio femminile in tutta la sua scandalosa essenza ed alterità.

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La protagonista di von Trier, donna che decide di confessare la propria vita erotica ad un ascoltatore maschile secondo un paradigma prettamente analitico, potrebbe (per ora abbiamo solo qualche anticipazione e trailer) pericolosamente ribellarsi alla narrazione dominante secondo la quale il desiderio femminile non fa scandalo laddove sia inquadrato –e normalizzato- secondo la logica dello sguardo maschile (desidero specificare che quando parlo di desiderio, utilizzo i termini ‘maschile’ e ‘femminile’ in senso non meramente biologico. Mi riferisco piuttosto a ‘modelli di desiderio’ caratterizzati da modalità desideranti ‘maschile’ e ‘femminile’, che possono essere propri di uno e dell’altro sesso indifferentemente. Secondo la teorizzazione di Jacques Lacan, infatti, al di là del dato biologico, il desiderio segue un percorso di ‘sessuazione’ per cui si diventa uomini o donne al di là della propria appartenenza anatomica ad un sesso).

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Se, come afferma il filosofo contemporaneo Slavoj Žižek nel suo documentario psicoanalitico sul cinema “The Pervert’s Guide to Cinema”, il cinema è l’arte più perversa perché non offre ciò che si desidera ma piuttosto comunica allo spettatore ‘come’ desiderare, Nymphomaniac potrebbe incrinare la spesso domesticata (dunque presunta) libertà sessuale della donna. La donna non scandalizza quando desidera come un uomo, conformandosi ai suoi archetipi di desiderio e rendendo la propria ricerca del piacere l’ombra mimetica di quello maschile. Annullando la sua alterità perturbante in nome di un modello di liberazione sessuale la cui essenza è soprattutto fallica, la donna è ridotta a volere ciò che vuole l’uomo, così che la carica perturbante sia incanalata in una gratificante, e tranquillizzante, somiglianza erotica.

Per quanto si potrebbe obiettare che la ninfomania della protagonista, se inquadrata come eccitante perversione, rischia di appiattirsi su un dongiovannismo al femminile, ciò che probabilmente più turba è il rischio che la ninfomania della protagonista incarni invece, metaforicamente, l’eccedenza del desiderio femminile, il suo porsi oltre la logica di soddisfacimento oggettuale.

Se la vertigine del desiderio di Don Giovanni è quella seriale e oggettuale, il ‘plus’ di desiderio della donna si delinea secondo un paradigma anarchico e rizomatico, che flirta con la natura illimitata del desiderio stesso: una forza (quella stessa medicalizzata nei casi di isteria delle donne di inizio Novecento) impossibile a delimitarsi in termini organici ed orgasmici.

Si può dunque supporre che la ‘nymphomaniac’ del regista danese perturba il panorama cinematografico non tanto per il contenuto pornografico esplicito del film, quanto per il fantasma maschilista implicito che la pellicola potrebbe mettere in crisi. La ‘buona infinità’ del desiderio femminile è ridotta spesso ad una subdola deprecazione da parte di un mascolino incapace di fronteggiare l’enigma del desiderio femminile –acefalo e slegato dalla logica pulsionale- per cui il tentativo è quello di castrare il “fuori-norma” e lo “sconfinato” del godimento della donna (Recalcati, 2012, p. 469).

Al momento non è naturalmente possibile sapere se la narrazione di Lars von Trier sia stata realmente capace di raccontare, capitolo per capitolo, la “visceralità indicibile” del desiderio femminile; allo stesso modo, almeno fino all’uscita della versione originale, è lecito domandarsi se la macchina da presa sia stata davvero in grado di mostrare l’eccedenza di un godimento altro, senza ridursi ad ‘inquadrarlo’.

Perverso o scandaloso, riuscito o meno, c’è però una cosa che non si può aspettare a chiedere: che la censura non privi il cinema italiano del dibattito sul desiderio femminile nel modo più subdolo, con un’assoluta -e silenziosa- rimozione.

 

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