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Tribolazioni 10 – Frammentazione – Rubrica di Psicologia

Tribolazioni: Molte persone che tribolano propongono per loro stessi una diagnosi che viene comunemente chiamata “Stress”.

Di Roberto Lorenzini

Pubblicato il 12 Lug. 2013

Aggiornato il 16 Set. 2013 11:04

TRIBOLAZIONI 10

FRAMMENTAZIONE

 

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Tribolazioni 10 - Frammentazione . - Immagine: © iQoncept - Fotolia.comMolte persone che tribolano propongono per loro stessi una diagnosi che è anche una ipotesi patogenetica naif che viene comunemente chiamata “Stress”  descritto come “sentirsi assediato dagli impegni esterni e da troppi pensieri.

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Per certi versi è la situazione opposta a quella descritta nella sofferenza da “portafoglio stretto”. Si tratta di soggetti che hanno molteplici scopi terminali e per ciascuno di essi numerosi scopi strumentali o strategie di perseguimento. Siamo di fronte dunque ad un sistema molto ricco di obiettivi ed elastico circa le strategie.

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Tutto ciò è premessa di benessere e salute. Un tale sistema è ben protetto sia da fallimenti catastrofici per la diversificazione degli investimenti, sia da fallimenti parziali per la molteplicità di frecce presenti nella sua faretra (le strategie di cui dispone per ciascuno scopo).

Tali doti possono però trasformarsi in una debolezza e in una minaccia. L’altra faccia della medaglia, infatti, è la grande fatica cognitiva che un tale sistema deve compiere sul piano delle scelte interne soprattutto di timing. In che ordine perseguire gli scopi, quali strategie adottare e per quanto tempo prima di sostituirle. Naturalmente esistono una serie di criteri automatici per compiere queste scelte di attivazione e perseguimento di scopi. Sono criteri inerenti il gap tra lo stato attuale e quello desiderato, la raggiungibilità di quest’ultimo e le risorse necessarie per farlo ed altri più sofisticati criteri. Comunque si tratta pur sempre di scelte  che implicano un lavoro cognitivo di continui raffronti. Scegliere è faticoso per il lavoro che comporta l’operazione e per il rischio di ritenersi responsabili di eventuali errori. Quando è possibile gli esseri umani tendono a non scegliere per evitare la possibilità di colpa (Motterlini 2008).

Se un sistema siffatto vuole evitare le scelte passa da una prospettiva diacronica ad una prospettiva sincronica ( da “una cosa per volta” a “tutto insieme”).

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Ciò comporta un procedere contemporaneo e necessariamente rallentato verso tutti gli scopi utilizzando tutte le strategie a disposizione. L’intralcio che deriva dalle possibili conflittualità tra scopi e soprattutto tra strategie determina un affaticamento e una procrastinazione dei risultati.

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Quest’ultima può essere interpretata come segnale dell’aumentare del divario tra stato attuale e stato desiderato incrementando l’importanza e l’urgenza degli scopi in questione. Tale duplice aumento può facilmente innescare un circolo vizioso all’insegna del “subito, di tutto di più” che invece era la radice stessa del malessere e dell’inefficienza del sistema. Certo il soggetto potrà almeno in un primo tempo descriversi come uno che non lascia nulla di intentato, “una gioiosa macchina da guerra”.  Prima o poi, però, dovrà fare i conti con la mancanza di risultati oggettivi  e con la penosa sensazione interna di affaticamento. Passando il tempo anche lo scopo interno relativo all’identità verrà frustrato perché se a grande affaticamento e dunque a grande impegno, si associa la scarsità di risultati non si possono che tirare conclusioni svalutative circa le proprie capacità.

Rileggendo Abraham Maslow - Le caratteristiche dell’individuo “sano”. -Immagine: © Glamshot - Fotolia.com
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Questo tipo di problema è più evidente in alcune fasi dell’esistenza. Una cellula staminale è totipotente. Vale a dire che il suo futuro non ha limitazioni. Può specializzarsi trasformandosi in un qualsiasi tessuto dell’organismo. Ma ogni passo verso la specializzazione la priva della assoluta libertà originaria. Si tratta di un percorso a senso unico dal quale non si può tornare indietro. L’indifferenziato può differenziarsi, ma il differenziato non può tornare a indifferenziarsi. Un processo analogo avviene nello sviluppo della persona. Il bambino non è ancora nulla e può essere tutto. Poi via via che diviene ciò che vuole essere, perde la potenzialità di essere altro. Ogni scelta ha questo duplice aspetto. Da un lato è un volere, un movimento del prendere. Dall’altro è un rinunciare, un movimento del lasciare. Un’affermazione di sé e, contemporaneamente, una rinuncia all’onnipotenza. Esistono momenti, quali ad esempio l’adolescenza, in cui questa dinamica è maggiormente in primo piano. Si decide cosa si vuole essere e, al tempo stesso, cosa archiviare tra le possibilità perdute per sempre. Se questo lavoro di potatura non riesce la pianta avvizzisce sotto il peso di troppo numerosi ma miseri rami (il problema della frammentazione che qui trattiamo). Il motivo di un fallimento di tale vitale operazione potrebbe essere attribuito utilizzando i termini suggestivi quanto ambigui di certa psicologia a “una maggiore sensibilità e conseguente intollerabilità alle perdite” o  a“ mancata rinuncia all’onnipotenza infantile”. Credo che nelle spiegazioni della psicopatologia in generale e delle tribolazioni sia sopravvalutato il ruolo dei processi intenzionali (Castelfranchi 1999) e parimenti sottovalutato quello del caso e soprattutto dell’errore e dei rinforzi ricorsivi che esso genera (Lorenzini, Scarinci 2010).

Sono molto diffuse tra pazienti e terapeuti spiegazioni dei fallimenti in termini di “volontà di danneggiarsi”, “tentativi masochistici di auto sabotaggio”.Queste spiegazioni sono tanto di moda quanto insensate. Introducono un principio contradditorio come se il soggetto avesse uno scopo del tipo “non raggiungere i propri scopi”. Se poi si va ad analizzare i modi concreti con cui il soggetto metterebbe in atto questi tentativi di auto danneggiamento ci si avvede di come siano, in realtà, condotte finalizzate al raggiungimento di altri scopi che sono semplicemente conflittuali con i primi. Dunque il problema è banalmente riducibile ad un conflitto tra scopi. In effetti la ipotetica furia masochistica si esprime normalmente con condotte quali bere, fumare, dedicarsi alla lussuria, gongolarsi nella pigrizia, rimandare gli impegni gravosi. Tutte attività che producono un immediato senso di godimento e piacere e sono dunque connessi al raggiungimento di scopi attivi. E’ molto più raro trovare comportamenti auto danneggianti certamente meno ambigui e più a buon mercato come prendersi a martellate sulle nocche delle mani. Le crociere nei mari del sud con il partner dei propri sogni che impediscono di completare il progetto cui si stava lavorando restano le modalità di auto danneggiamento preferite. Mi sembra che spesso si scambi l’effetto di un comportamento con l’intenzione che lo ha prodotto. Tra l’intenzione e l’effetto entrano invece in gioco due fattori importantissimi: il caso e l’errore. La maggior parte delle persone non fumano per farsi venire un cancro al polmone, ne bevono per danneggiarsi il fegato. Queste cose possono avvenire sia per caso, anche se ciò non ci piace pensarlo perché dà un serio colpo all’illusione di controllo (Dugas et al. 1997; 2001), sia perché non volendo abbiamo sbagliato esagerando.

Credo che nei problemi di frammentazione quello che sia disatteso sia proprio lo pseudo-scopo “dell’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse e del tempo per il perseguimento dei propri scopi. In sostanza credo che il sistema semplicemente faccia male i conti circa le risorse e il tempo a disposizione e pensi di poter aver successo anche esponendosi su più fronti. Come possono evolvere le cose? Immaginiamo le due possibilità opposte con l’esempio della Germania del III° reich.

Fintantoché le cose vanno bene e i risultati si raggiungono la politica del “tutto e subito senza rinunciare a niente” viene premiata e si rinforza. Lo scopo interno sull’identità di “considerarsi un ottimo perseguitore dei propri scopi” palesemente soddisfatto produce ulteriore gioia. Si decide di invadere anche l’unione sovietica presupponendo che sia come la Polonia. Semplicemente per errore. Non si tiene conto che le fabbriche belliche sono al massimo della produzione, i riservisti sono sempre più giovani ed inesperti e la Russia enorme e fredda. Trattasi  di errore e non di “cupio dissolvi”. I successi iniziali  consentono di superare di slancio il possibile momento di difficoltà che sopraggiunge quando i risultati iniziano ad arrivare con maggiore ritardo o non completamente.  Come a dire “ il fatto che la strada non sia più in discesa, se pure comporta un po’ di fatica, è la prova certa che sono un ottimo scalatore”, E’ il tempo degli eroi inutili, che si sacrificano quando il destino è già segnato. Quando poi iniziano le disfatte e i fronti arretrano scatta il paradosso fatale del voler salvare il salvabile o perlomeno l’onore. Ignorando il minuscolo dittatore berlinese, è quello che accade  ai giocatori patologici che si rovinano, ma con l’intenzione opposta di risollevarsi ed arricchirsi. Come si fa a ridurre i fronti nel momento in cui si sta perdendo? Proprio da quelli minori, prima rinunciabili, può venire il riscatto. Semmai sembra il momento di fare nuovi investimenti. Come si fa ad alzarsi dal tavolo verde certificando così una perdita consistente? Quello è il momento del rilancio decisivo, del tutto per tutto. E’ il tempo delle V2, dell’arma segreta e definitiva. Paradossalmente qui gli eroi non sono più inutili. Se pure non cambiano l’esito della guerra perlomeno salvano l’onore. La nave sta per per calare a picco ma il capitano ritto sul ponte mantiene una enorme stima di sé. Lo scopo interno sull’identità di “considerarsi un ottimo perseguitare dei propri scopi” è salvo, se non circa la competenza, perlomeno circa la caparbietà e la tenacia. Nel caso degli eventi storici non c’è in genere, per fortuna, una seconda volta ma nella vita degli uomini invece si.

La tendenza alla frammentazione, seppure causa di tribolazione  o, come si dice comunemente, “stress”, non si estingue. In conclusione un ampio ventaglio di scopi ed un ancor più ampio patrimonio di strategie di perseguimento costituisce senza dubbio motivo di elasticità del sistema e consente di adattarsi alle mutevoli situazioni ambientali evitando fallimenti massicci. Tuttavia un sistema così strutturato deve esercitare costantemente la faticosa capacità di scegliere per non disattendere lo pseudo-scopo “dell’ ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse e del tempo per il perseguimento dei propri scopi”e subire una paralisi sincronica da frammentazione.

 

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