di Francesca Fregno
– FLASH NEWS –
Il concetto del lavoro si è evoluto in maniera significativa nel corso del tempo: da un’accezione tipicamente negativa, in cui si attribuiva al lavoro il significato di fatica e sofferenza, oggi il lavoro non ha più quella funzione totalizzante propria della generazione passata.
Oggi il lavoro copre un decimo della nostra vita, ma continua a pretendere un ruolo centrale, di cui ci si rende conto soprattutto nel momento in cui lo si perde, e si è costretti a rimanere inattivi per un tempo indefinito.
Il lavoro è strettamente connesso al concetto di identità sociale, ovvero l’insieme di caratteristiche e di sentimenti che l’individuo prova e si attribuisce nel considerare la propria appartenenza a gruppi sociali.
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Il lavoro è diventato un biglietto da visita con cui presentarsi, con cui ricevere un’approvazione sociale, sentirsi capace di fare qualcosa che gli altri apprezzano permette alla persona di avere considerazione di se è induce a mettere in atto dei comportamenti responsabili ed equilibrati.
Il lavoro può servire a misurare dimensioni diverse: per alcuni il reddito, per altri il prestigio, per altri la possibilità di auto realizzarsi. Per altri infine opportunità di contatti sociali o di condividere valori. E’ facile comprendere come l’evento disoccupazione, di per se fortemente negativo per la persona mette a rischio i bisogni fondamentali di sopravvivenza.
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Nel 1938 gli psicologi Philipp Eisemberg e Paul F. Lazarsfeld individuarono tre fasi per descrivere la reazione del disoccupato:
1) Incredulità: alla persona sembra impossibile che possa essergli successa una cosa del genere e si dice che comunque ne verrà fuori;
2) Pessimismo: dopo vari tentativi che non portano a trovare un altro lavoro si porta a pensare che forse non si riuscirà;
3) Rassegnazione: iniziano a comparire sintomi depressivi, quali ripiegamento su se stessi e perdita di speranza, per cui si pensa che non se verrà mai fuori.
Le conseguenze psicologiche sul piano della perdita del lavoro sonno innumerevoli amplificate dalle caratteristiche di personalità, e dei tratti nevrotici del soggetto. Generalmente si osservano alterazioni del ritmo sonno-veglia, insonnia, alterazioni dell’appetito, mancanza di autostima, senso di fallimento. Il decorso della sintomatologia è fluttuante, inizialmente la persona che perde il lavoro è motivato dalla ricerca di cercare un altro posto, mano a mano che prende consapevolezza che questa possibilità viene a meno subentrano sentimenti di pessimismo e abbattimento. La persona tende ad isolarsi dagli amici, dal contesto sociale perché prova vergogna, avverte un senso di inadeguatezza, di perdite delle proprie sicurezze.
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Inoltre emerge l’ansia e preoccupazione legate alle situazione di instabilità, in cui il disoccupato viene a trovarsi, rafforzata dall’attuale crisi economica che può costringere una persona a periodi di inattività lavorativa anche duratura.
E’ quindi basilare comprendere e fare un’analisi sociologica di come il lavoro si sia evoluto nel corso del tempo e di come oggi vada ad ostacolare troppo sulla sfera dell’identità lavorativa. L’obiettivo da raggiungere è quello di portare l’accettazione di questo momento di vita, senza negarlo e di evitarlo di fronteggiarlo, ma ricorrendo a strategie comportamentali di coping.
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BIBLIOGRAFIA:
- Agostini, E. (2013). http://www.quiriviera.com/newsrimini/56-home/793-lo-spazio-dedicato-alla-psicologia-8-perdita-del-lavoro-le-ricadute-sul-piano-psicologico. Certa Stampa – Quotidiano Online.
- Askildsen, J. E., Bratberg, E. & Nilsen, Ø. A. (2005). Unemployment, labor force composition and sickness absence: a panel data study. Health Economics, John Wiley & Sons, Ltd., 14(11), 1087-1101.
- Eisenberg, P., & Lazarsfeld, P.,F (1938). The Psychological Effects of Unemployment. Psychological Bulletin, 35, 358-390.