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Perdere il Lavoro: Ricadute sul Piano Psicologico

Il concetto del lavoro si è evoluto: da un’accezione negativa, in cui gli si attribuiva il significato di fatica, oggi non ha più una funzione totalizzante.

Di Francesca Fregno

Pubblicato il 24 Mag. 2013

Aggiornato il 22 Ott. 2014 16:03

di Francesca Fregno

 

 

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Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Il concetto del lavoro si è evoluto in maniera significativa nel corso del tempo: da un’accezione tipicamente negativa, in cui si attribuiva al lavoro il significato di fatica e sofferenza, oggi il lavoro non ha più quella funzione totalizzante propria della generazione passata.

Oggi il lavoro copre un decimo della nostra vita, ma continua a pretendere un  ruolo centrale, di cui ci si rende conto soprattutto nel momento in cui lo si perde, e si è costretti a rimanere inattivi per un tempo indefinito.

Il lavoro è strettamente connesso al concetto di identità sociale, ovvero l’insieme di caratteristiche e di sentimenti che l’individuo prova e si attribuisce nel considerare la propria appartenenza a gruppi sociali.

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Il lavoro è diventato un biglietto da visita con cui presentarsi, con cui ricevere un’approvazione sociale, sentirsi capace di fare qualcosa che gli altri apprezzano permette alla persona di avere considerazione di se è induce a mettere in atto dei comportamenti responsabili ed equilibrati.

Il lavoro può servire a misurare dimensioni diverse: per alcuni il reddito, per altri il prestigio, per altri la possibilità di auto realizzarsi. Per altri infine opportunità di contatti sociali o di condividere valori. E’ facile comprendere come l’evento disoccupazione, di per se fortemente negativo per la persona mette a rischio i bisogni fondamentali di sopravvivenza.

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Nel 1938 gli psicologi  Philipp Eisemberg e Paul F. Lazarsfeld individuarono tre fasi per descrivere la reazione del disoccupato:

1) Incredulità: alla persona sembra impossibile che possa essergli successa una cosa del genere e si dice che comunque ne verrà fuori;

2) Pessimismo: dopo vari tentativi che non portano a trovare un altro lavoro si porta a pensare che forse non si riuscirà;

3) Rassegnazione: iniziano a comparire sintomi depressivi, quali ripiegamento su se stessi e perdita di speranza, per cui si pensa che non se verrà mai fuori.

Le conseguenze psicologiche sul piano della perdita del lavoro sonno innumerevoli amplificate dalle caratteristiche di personalità, e dei tratti nevrotici del soggetto. Generalmente si osservano alterazioni del ritmo sonno-veglia, insonnia, alterazioni dell’appetito, mancanza di autostima, senso di fallimento. Il decorso della sintomatologia è fluttuante, inizialmente la persona che perde il lavoro è motivato dalla ricerca di cercare un altro posto, mano a mano che prende consapevolezza che questa possibilità viene a meno subentrano sentimenti di pessimismo e abbattimento. La persona tende ad isolarsi dagli amici, dal contesto sociale perché prova vergogna, avverte un senso di inadeguatezza, di perdite delle proprie sicurezze.

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Inoltre emerge l’ansia e preoccupazione legate alle situazione di instabilità, in cui il disoccupato viene a trovarsi, rafforzata dall’attuale crisi economica che può costringere una persona a periodi di inattività lavorativa anche duratura.

E’ quindi basilare comprendere e fare un’analisi sociologica di come il lavoro si sia evoluto nel corso del tempo e di come oggi vada ad ostacolare troppo sulla sfera dell’identità lavorativa. L’obiettivo da raggiungere è quello di portare l’accettazione di questo momento di vita, senza negarlo e di evitarlo di fronteggiarlo, ma ricorrendo a strategie comportamentali di coping.

 

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PSICOLOGIA SOCIALE –  SCOPI ESISTENZIALI – DEPRESSIONE

 

 

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Francesca Fregno
Francesca Fregno

Dottoressa magistrale in Psicologia Clinica - Tirocinante presso Studi Cognitivi

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