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Dolore Sociale & Fisico: Quando il Cuore Ci Prende a Calci

Gli studi di neuroimaging mostrano come le regioni cerebrali coinvolte nell'elaborazione del dolore fisico si sovrappongano a quelle legate al dolore sociale

Di Giuseppina Epifanio

Pubblicato il 15 Mar. 2013

Aggiornato il 17 Apr. 2013 10:47

di Giuseppina Epifanio, Psicologa 

“Chiunque abbia mai amato porta una cicatrice”.

Alfred de Musset

 

Dolore Fisico & Dolore Sociale: Quando il Cuore Ci Prende a Calci. - Immagine: © creative soul - Fotolia.com

Gli studi di neuroimaging mostrano come le regioni cerebrali coinvolte nell’elaborazione del dolore fisico si sovrappongano a quelle legate al dolore sociale.

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La maggior parte di noi vede il collegamento tra il dolore sociale e quello fisico come qualcosa di metaforico. La delusione amorosa “fa male”?  Sicuramente può generare sofferenza ma non nel senso letterale del termine, ad esempio, come essere presi a calci negli stinchi!

Allo stesso tempo, la vita presenta argomenti convincenti riguardo il fatto che i due tipi di dolore possano avere una fonte comune. Spesso, vecchie coppie fanno notizia perché non possono fisicamente sopravvivere l’uno senza l’altro. Ad esempio in Pennsylvania, due vecchi coniugi, che erano stati sposati per 65 anni, sono morti a soli 88 minuti di distanza (Jaffe, 2013).

Negli ultimi anni, i ricercatori di psicologia hanno trovato un bel po’ di “verità” letterali insite nelle frasi metaforiche che paragonano l’amore al dolore. Gli studi di neuroimaging (Panksepp, 1978; Eisenberger, 2003; Kross, 2011) hanno dimostrato che le regioni cerebrali coinvolte nell’elaborazione del dolore fisico si sovrappongono considerevolmente a quelle legate al dolore sociale, dove per dolore sociale si intende una situazione di esclusione, prima fra tutte la separazione da un partner o da un caregiver.

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Gli accenni di un legame neurale tra dolore fisico e sociale sono emersi, inaspettatamente, alla fine degli anni ’70 durante l’attività di ricerca di F. J. Panksepp, il quale stava studiando l’attaccamento sociale nei cuccioli. I cani neonati piangevano e si agitavano se separati dalle loro madri, ma queste chiamate di soccorso si riducevano nel caso in cui era stata somministrata una bassa dose di morfina. L’implicazione dello studio era profonda: se un oppiaceo riesce a placare il dolore emotivo così come quello fisico, forse i processi cerebrali sono simili.

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Le scoperte di Panksepp erano innovative ma è stato possibile testarle sugli esseri umani solo alcuni decenni più tardi, con la comparsa del neuroimaging, il quale ha mostrato le aree attive durante il dolore fisico: la corteccia cingolata anteriore (ACC), che serve come un allarme dello stress, e la corteccia prefrontale ventrale (RVPFC), che lo regola (Lanz et at., 2011).

Eisenberger e i suoi collaboratori (Eisenberger et al., 2003) hanno indagato le aree di attivazione cerebrale provocando dolore sociale. I partecipanti sono stati sottoposti a fMRI mentre erano impegnati in un gioco chiamato Cyberball, ideato per lo studio di emarginazione e rifiuto sociale. I partecipanti avevano l’impressione che stessero giocando anche altre due persone. In realtà, gli altri giocatori sono stati predefiniti dal computer e controllati dai ricercatori.

Alcuni partecipanti al test hanno sperimentato l’esclusione “implicita” durante il gioco (il soggetto  percepiva l’esclusione come occasionale e non volontaria), altri hanno sperimentato l’esclusione “esplicita” (i giocatori del computer hanno incluso il partecipante per sette lanci, poi hanno escluso per ben 45 volte il soggetto dai lanci della palla). Quando Eisenberger e colleghi hanno analizzato le immagini relative alla condizione di esclusione esplicita, hanno scoperto un modello di attivazione molto simile a quello che si trova negli studi sul dolore fisico.

Lo studio ha ispirato una nuova linea di ricerca sulle somiglianze neurali tra il dolore fisico e quello sociale. Comprendere i collegamenti tra questi due tipi di dolore sarebbe utile per spiegare perché fa così male perdere qualcuno che si ama.

 Eisenberger ha offerto una ragione potenzialmente evolutiva a questa relazione. I primi esseri umani necessitavano dei legami sociali per sopravvivere: l’acquisizione di cibo, la fuga dai predatori e la cura della progenie erano più facili se messi in atto in collaborazione con gli altri. L’ipotesi è che, con il tempo, questo meccanismo di allerta sociale si sia sovrapposto al sistema del dolore fisico, in modo che la sensazione di malessere derivante, ad esempio, da allontanamento dal caregiver o dal proprio gruppo sociale, potesse essere un sistema adattivo per impedire tali separazioni.

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Un gruppo di ricercatori, guidato da Ethan Kross dell’Università del Michigan (Kross et al., 2011), riteneva che il dolore sociale provocato da giochi come Cyberball non fosse sufficientemente significativo. Così, gli studiosi hanno reclutato 40 partecipanti, sottoponendoli a un test che provocava dolore sociale di maggiore intensità: la vista di un ex-fidanzato o fidanzata. I soggetti hanno svolto due compiti durante una scansione di neuroimaging. Uno era un compito sociale: i partecipanti vedevano le immagini della ex pensando alla fine della loro relazione, poi venivano loro presentate le immagini di un loro buon amico. L’altro era un compito “fisico”: i partecipanti ricevevano una stimolazione calda sul loro avambraccio, e un’ altra che era appena tiepida.

Come previsto da precedenti ricerche, le aree associate al dolore affettivo (come la corteccia cingolata anteriore) si sono attivate durante le stimolazioni più intense (vedere l’ “ex” e sentire il forte calore). Ma anche le aree associate al dolore fisico, come la corteccia somatosensoriale e l’insula dorsale posteriore, si sono attivate non solo durante l’induzione di dolore fisico  ma anche di dolore sociale. I risultati suggeriscono che il dolore fisico e il dolore sociale, causando disagio, condividano regioni cerebrali sensoriali.

C’è un risvolto interessante che emerge da questa nuova linea di ricerca: i rimedi per uno potrebbero funzionare come terapia anche per l’altro.

Recensione: Jan Philipp Sendker - I Battiti del Cuore. - Immagine: © Neri Pozza Editore
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Un gruppo di ricercatori, guidato da N. C. DeWall della University of Kentucky (De Wall et al., 2010), ha recentemente testato se l’analgesico paracetamolo potesse alleviare il dolore da stress emotivo nello stesso modo in cui allevia i dolori del corpo. In un esperimento, alcuni partecipanti al test hanno assunto una dose di 500 mg di paracetamolo due volte al giorno per tre settimane, mentre altri hanno preso una sostanza placebo. Tutti i 62 partecipanti hanno compilato un self-report, progettato per misurare l’esclusione sociale. Dopo il 9 ° giorno, le persone che avevano preso l’analgesico hanno riportato livelli significativamente più bassi di esclusione sociale, rispetto a quelli che avevano assunto un placebo.

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In un’altra ricerca del 2009 (Master et al., 2009) è stato scoperto che il supporto sociale può alleviare l’intensità del dolore fisico. Master e colleghi hanno reclutato 25 donne con una relazione di coppia di almeno 6 mesi, le quali sono state portate in laboratorio con i loro partners. Inizialmente è stata determinata la soglia del dolore di ogni donna, e successivamente il campione è stato sottoposto ad una serie di stimolazioni di calore. La metà delle stimolazioni è stata data a livello di soglia del dolore, l’altra metà è stata data con un grado (Celsius) più alto. Nel frattempo ogni donna ha partecipato a una serie di compiti differenti per individuare quale elemento potesse avere un effetto mitigante sul dolore. Alcuni compiti implicavano contatto diretto (tenendo la mano del partner, la mano di uno sconosciuto, o un oggetto), mentre altri implicavano solo il contatto visivo (visualizzazione foto del partner, foto di uno sconosciuto, o un oggetto). I risultati hanno mostrato come il contatto con il partner – sia visivo che diretto – portava le donne a una valutazione del dolore significativamente più bassa.

In ogni caso, durante situazioni dolorose ma che coinvolgono l’amore, come ad esempio il parto, la vicinanza del partner, che sia fisica o anche solamente visiva, potrebbe avere effetti analgesici sulla donna partoriente. Mariti accorrete! Oppure, se proprio non ce la fate, lasciate una vostra foto all’ostetrica!

Se a causa dell’amore si può soffrire, grazie all’amore si può anche guarire.

 

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BIBLIOGRAFIA:

  • Master, S. L., Eisenberger, N. I., Taylor, S. E., Naliboff, B. D., Shirinyan, D., & Lieberman, M. D. (2009). A picture’s worth: Partner photographs reduce experimentally induced pain. Psychological Science, 20, 1316–1318. (READ FULL ARTICLE)
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Giuseppina Epifanio
Giuseppina Epifanio

Giuseppina Epifanio PSICOLOGA SPECIALIZZANDA IN PSICOTERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE

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