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Storie di Terapie #21 – L’insostenibile Perfezione di Flavia

Storie di Terapie #21: Flavia si dà un compito: “essere brava, non dare preoccupazioni e fare in modo che nessuno soffra..."

Di Roberto Lorenzini

Pubblicato il 11 Feb. 2013

Aggiornato il 16 Dic. 2013 16:08

Nei casi clinici che seguono, l’arrosto sostanzioso dei vari pazienti è condito con il sugo della fantasia, per rendere non identificabili le persone e la lettura più avvincente. Spesso ho condensato in un solo paziente più persone e, quasi sempre ci sono scappati pezzetti di me stesso.    Leggi l’introduzione 

 

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Storie di Terapie #21 - L’isostenibile Perfezione di Flavia. - Immagine: © ThorstenSchmitt - Fotolia.com#21  – L’insostenibile perfezione di Flavia

Mai Flavia sarebbe venuta in psicoterapia, se la sua più cara amica non le avesse detto che era l’ora di “farsi vedere da uno bravo”. Poiché l’amica in questione è stata anche una mia allieva, è toccata a me la ventura di curare una persona che, apparentemente, stava benissimo.

Al primo impatto avverto soggezione di fronte ad una donna che si presenta sicura di sé, brillante, coltissima e molto esigente. Mi rendo conto che mi sento sotto giudizio e che non riuscirò a strappare la sufficienza. Poi mi rassicuro, pensando che il contesto garantisce che quella che sta male è lei.

E’ una donna minuta, magra, di altezza intorno al metro e settanta, biondina e vivace come un folletto di 43 anni. Complessivamente gradevole. Mi rendo conto che la soggezione deriva dal suo eloquio colto, raffinato e rapidissimo e dal suo curriculum professionale. Laureatasi alla Bocconi in Economia, ha lavorato a Parigi e Bruxelles, presso istituzioni economiche europee a fianco di presidenti illustri. Parla correntemente inglese, francese, spagnolo e tedesco.

Somiglia vagamente a Meryl Streep in “Il diavolo veste Prada”, ma non nell’antipatia anzi, è sempre attenta a mettere a proprio agio l’interlocutore. Insomma oltre che bravissima è anche buonissima, mite e rispettosa. Per completare il quadro di perfezione, è anche attivamente impegnata per cambiare il nostro paese, senza cedere a vittimismi e rassegnazioni.

Metto da parte l’ammirazione che trapassa nell’invidia e mi incuriosisco sul motivo per cui la comune amica l’ha spedita in terapia.

Il disputing delle idee ossessive e delle compulsioni. - Immagine: © fotocomo - Fotolia.com
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Flavia dovrebbe stare al lavoro  fino alle 18 ma non esce mai prima delle 21,30. Si porta il lavoro a casa, che conclude durante la nottata, dopo aver finito di pulire compulsivamente la cucina. Solo su quest’ultimo comportamento si avverte un po’ di egodistonia. Anche lei trova ingiustificato, infatti, passare un paio d’ore, tra l’una e le tre del mattino, a ripulire la cucina già resa splendente dalla domestica, per poi andare a letto dicendosi tra sé di aver fatto tutto bene. Trova strano, soprattutto, che non possa risolversi ad addormentarsi se non ripercorre prima mentalmente tutta la giornata in dettaglio, per assicurarsi che non abbia fatto dispiacere o deluso nessuno. Solo dopo aver completato lo scanning della giornata può dirsi per ventiquattro volte, come le ore della giornata, “ ho fatto tutto bene e tutto è in ordine” e finalmente addormentarsi.

Flavia appartiene ad una famiglia nobile e ricchissima del sud, dove vive fino agli otto anni quando il padre, uomo notissimo e quasi mitico, muore in un incidente motociclistico. La madre mette a reddito le enormi proprietà della famiglia e si trasferisce a Roma con i due figli, dove sposa un signore altrettanto benestante che si affeziona ai due bambini e li adotta ufficialmente. Flavia lo considera a tutti gli effetti suo padre.

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Il fratello, di tre anni più piccolo, si smarrisce nella grande metropoli: frequenta cattive compagnie, assume sostanze e si distacca dalla famiglia. Anche lui, tuttavia, fa una brillante carriera universitaria ed è considerato un genio. A diciannove anni fa un viaggio, con un gruppo di amici, in Scandinavia. Quando torna, Flavia non riconosce più suo fratello: è diventato vegetariano, veghiano e soprattutto anoressico.

La malattia stravolge la sua esistenza, mangia soltanto un particolare tipo di fagioli in scatola e, poiché a Londra, dove insegna all’università, non sono facili da reperire, se ne è fatti inviare dall’Italia settantamila confezioni che ha stipato in un magazzino. Ha calcolato che, mangiando con parsimonia, dovrebbero bastargli per tutta l’esistenza, stimata in settantacinque anni sulla base dell’età di morte degli antenati. A causa dell’anoressia ha fatto tre ricoveri senza risultati, decidendo poi di smettere di curarsi.

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L’anamnesi familiare è positiva anche per uno zio, fratello del padre, morto suicida gettandosi in mare a largo del Gargano. Lo zio si era comprato un veliero di trentadue metri con la parte di eredità ricevuta alla morte del nonno di Flavia. Aveva iniziato a vivere sulla barca, limitando i contatti sociali a quelli indispensabili per gli approvvigionamenti. Flavia ricorda che, nelle poche occasioni in cui l’ha visto, lo zio era impegnato per tutto il giorno a  avvitare le viti del pavimento di legno del ponte perché fossero tutte perfettamente con lo spacco superiore allineato in direzione  nord. La madre commentò con Flavia il suicidio dello zio dicendo “doveva aver finito il lavoro” e non se ne parlò più.

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Anche la morte del padre è improvvisa e drammatica. Uomo ricco, aitante e sportivo gode di ottima salute e sembra invulnerabile. Flavia ne è follemente innamorata, secondo i più classici dettami dell’Edipo, ma un giorno tornando a casa da scuola si augura dentro di sé che il padre non ci sia. Non saprebbe come dirgli della prima insufficienza. Infatti il padre non c’è e non ci sarà mai più. Un passaggio a livello rotto non ha fermato la sua corsa e la moto Guzzi 350 ha preso il terzo vagone del Brindisi-Milano in transito. La madre vedova si deprime fortemente e Flavia si dà un compito: “essere brava, non dare preoccupazioni e  fare in modo che nessuno soffra e che in Italia i passaggi a livello funzionino”.

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A Roma i successi scolastici sono travolgenti, l’Università un trionfo che la porta ad assumere prestigiosi incarichi professionali e di insegnamento in giro per il mondo. Le capacità di  socializzazione invece ne risentono: è timida, riservata e presa in giro per il suo accento meridionale. Tra sé e sé pensa “ve lo farò vedere io chi sono”.Storie di Terapie #19 - Ursula e la Maledetta Bellezza. - Immagine: © aleshin - Fotolia.com

Sposa uno scrittore prestigioso, ma resta gelata dalla scoperta che mentre lei lavora a Parigi lui la tradisce apertamente a Roma. Tutti i suoi amici lo sanno tranne lei.  Ritiene di essere affettivamente un ramo secco e decide di dedicarsi esclusivamente al lavoro: sarà questo il suo modo di amare il mondo e diventa sempre più comunista e intransigente.

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Al suo fianco lotta il compagno Osvaldo, che ha gli stessi ideali ed una analoga storia alle spalle. Dopo una notte passata in tenda nel deserto, lungo il percorso della Parigi-Dakkar che si vuole boicottare, avviene un evento che riteneva impossibile: sarà madre. Proprio non immaginava che da lei sarebbe potuto mai nascere qualcosa di buono e vitale, sa di essere bravissima a produrre idee e progetti, ma la vita è un’altra cosa.  Affronta la gravidanza, prima,  e la gestione di Maria, dopo, preparandosi al meglio. Studia tutti i libri sulla maternità e l’educazione dei figli e vuole essere una madre perfetta. E’ talmente presa da questo suo nuovo compito che trascura il rapporto con Osvaldo. I contatti sessuali si rarefanno e poi restano solo un ricordo.

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Flavia è completamente centrata sugli altri, è a disposizione del mondo, perfino le donne di servizio diventano rapidamente delle persone cui lei si pone a servizio. Così, preoccupata di cogliere e soddisfare i desideri degli altri, ha perso totalmente di vista i propri e ciò avviene da talmente tanto tempo che, alla domanda “ma a me cosa davvero va?”, non sa più rispondere.

Si badi bene, la sua vita apparentemente è piena di cose belle. Fa lunghi viaggi,  in montagna a sciare  o in stupendi posti di mare e frequenta i migliori spettacoli offerti dalla capitale. Il problema è che Flavia fa tutte queste attività  perché è convinta che, per avere una vita equilibrata, occorra dedicare il giusto tempo allo svago, allo sport e al divertimento, svolti come compiti, perciò, come se fossero doveri.

Procediamo lungo due direzioni. Da un lato, una progressiva riabilitazione al piacere a partire dal proprio corpo, che Flavia non sa assolutamente ascoltare: la fame , la sete o, peggio, il desiderio sessuale non accedono come bisogni alla sua coscienza. Lei si regola sull’orologio. Sa che ad una certa ora si deve mangiare, ad un’altra dormire per essere efficienti e di tanto in tanto fare l’amore per mantenere l’organismo funzionante. Progressivamente riscopre i suoi bisogni più elementari. Una pratica che con lei ha avuto un notevole successo è quella che abbiamo chiamato “dillo a me che ci penso io” Abbiamo preso questo nome da una sua ripetuta interazione con Maria. Quando Flavia avverte che Maria è a disagio per qualcosa si mette di fronte a lei e dopo un caldo abbraccio se ne fa raccontare il motivo. Al termine le dice “non ti preoccupare che ci penso io”. La nostra tecnica scimmiotta questa interazione. Flavia si mette di fronte ad uno specchio, quando è in casa da sola, si guarda negli occhi e si racconta tutte le cose che le creano disagio come se fosse una bambina bisognosa di aiuto. Poi si mette nei panni di una madre accogliente e forte, come è con Maria, si incoraggia, si tranquillizza, si dice brava e soprattutto che tutto andrà bene e può abbassare la guardia. In quei momenti è chiamata a fare lo sponsor di se stessa. Il discorsetto rassicurante che ha iniziato a farsi davanti allo specchio ora è in grado di ripeterselo tra sé e sé durante la giornata nei momenti di difficoltà.

Se la prima parte del lavoro terapeutico è stata tutta centrata sull’ascolto  e la sponsorizzazione delle proprie esigenze con un atteggiamento compassionevole nei propri confronti, da parte delle istanze materne riattivate dalla nascita di Maria, la seconda direttiva riguarda gli altri. L’altro è vissuto come superiore, più importante, titolare di tutti i diritti che lei non si riconosce. Per questo va onorato, servito e riverito e mai bisogna procurargli un disagio. Il risultato è un comportamento anassertivo grottesco, come quello del famoso ragionier Fantozzi.

Esercizi Comportamentali in Psicoterapia Cognitiva. - Immagine: © tiero - Fotolia.com
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Sul lavoro Flavia svolge i compiti degli altri che se ne prendono i meriti, mentre per sè non riesce mai a chiedere un riconoscimento.

Tutta questa mitezza e oblatività non sono però l’essenza autentica di Flavia. Sensibilissima alla giustizia e alla meritocrazia è furiosa con i profittatori e con se stessa che si lascia sfruttare. Questo è un punto assolutamente egodistonico su cui fare leva e ci  accordiamo su un compito apparentemente bizzarro dopo averne valutato il razionale. Ogni settimana dovrà avanzare, sul lavoro, due richieste di riconoscimento del proprio ruolo, che concordiamo in seduta; in più,  ogni giorno dovrà dire almeno un “no” alle richieste dei colleghi. Il no sarà riferito alle cose che non le va di fare, ma se un’ora prima della fine dell’orario di lavoro non ha fatto il compito, dovrà comunque dirlo a qualcuno anche a rischio di apparire incongrua. Infine, alle 18 in punto dovrà uscire dall’ufficio quale che sia il lavoro restato in sospeso. Uscita dall’ufficio e prima di tornare a casa non si occuperà delle utili commissioni da fare ma farà qualcosa di assolutamente superfluo e piacevole per sé: parrucchiere, estetista, shopping, amiche.

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L’atteggiamento più assertivo sul lavoro le farà ottenere dopo tre mesi  una promozione molto significativa.

Contemporaneamente accadono alcuni eventi importanti: a  scuola viene richiamata dalle insegnanti perché Maria piange e la cerca continuamente; il  marito della madre, a tutti gli effetti un padre per lei, muore investito da una moto mentre si reca a prendere Maria a scuola; il  fratello a Londra inizia una convivenza con il suo compagno, dichiara la propria omosessualità e riprende lentamente a mangiare qualcos’altro dai suoi fagioli in scatola.

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Flavia teme che la madre,  stretta tra il lutto del marito e l’outing del figlio ne morirà, ma ciò non accade affatto.

Qualche tempo dopo accetterà un lavoro a Bruxelles. Il distacco dovrebbe durare tre mesi ma viene prolungato per altri sei. Flavia torna in Italia ogni quindici giorni, per stare con la figlia un intero week end e fare una seduta di psicoterapia.

In uno di questi incontri le dico che mi sembra molto serena e persino particolarmente bella. Mi dice che ricorda come un sogno lontano e brutto le compulsioni di pulizia che aveva e non le sembra di essere la stessa di quella Flavia, sempre timorosa di affermare se stessa, che era arrivata un giorno nel mio studio spinta dalla nostra comune amica. Mi dice anche che quasi non crede di poter aver avuto dei problemi sessuali. Tuttavia, specifica,  non è mio il merito dell’ attuale stato di grazia, che ha cause ormonali: è  incinta di sette settimane di Olivier, un funzionario francese con cui convive e che è stato il fautore del prolungamento del distacco. Ora dovrà occuparsi del divorzio da Osvaldo e del trasferimento di Maria a Bruxelles ma nulla sembra spaventarla.

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