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La scoperta che le onde lente del cervello frontale contribuiscono a rafforzare le memorie apre la strada a trattamenti terapeutici per la perdita di memoria negli anziani.
Per la prima volta, gli scienziati della University of California, Berkeley, hanno scoperto un legame tra il poco sonno, la perdita di memoria e il deterioramento cerebrale, cioè i mali caratteristici della vecchiaia. Questa scoperta apre la porta alla possibilità di migliorare la qualità del sonno nelle persone anziane per migliorarne la memoria.
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I neuroscienziati hanno scoperto che le onde cerebrali lente generate durante il sonno profondo e ristoratore, che sperimentiamo tipicamente nella giovinezza, svolgono un ruolo chiave nel trasferimento dei ricordi dall’ippocampo – che funge da deposito a breve termine per le memorie – alla corteccia prefrontale, che si comporta invece più come un “hard disk” per le memorie a lungo termine.
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I risultati di questo studio tuttavia suggeriscono che negli adulti più anziani i ricordi possano rimanere bloccati nell’ippocampo a causa della scarsa qualità del sonno profondo a “onde lente”, e venire quindi sovrascritti da nuovi ricordi.
La scoperta che le onde lente del cervello frontale contribuiscono a rafforzare le memorie apre la strada a trattamenti terapeutici per la perdita di memoria negli anziani, come ad esempio la stimolazione transcranica in corrente continua o rimedi farmacologici. Per esempio, in uno studio precedente, neuroscienziati tedeschi hanno avuto successo nell’utilizzare, su giovai adulti, la stimolazione transcranica per migliorare il sonno profondo e hanno così raddoppiato la loro memoria durante la notte.
Mander e suoi colleghi ricercatori hanno testato la memoria di 18 giovani (20enni sani) e di 15 adulti (70enni sani) dopo un’intera notte di sonno. Prima di andare a letto, i partecipanti hanno imparato una lista di vocaboli e sono stati testati su un set di 120 parole.
Mentre dormivano, l’EEG ha misurato l’attività delle onde cerebrali. La mattina dopo, sono stati testati nuovamente durante la risonanza magnetica funzionale (fMRI).
Negli anziani, i risultati hanno mostrato un chiaro legame tra il grado di deterioramento cerebrale nel lobo medio frontale e la gravità della compromissione dell’attività ad onde lente registrata durante il sonno. In media, la qualità del loro sonno profondo è stata del 75% inferiore a quella dei partecipanti più giovani, e la loro memoria il giorno dopo era peggiorata del 55%.
Al contrario, nei giovani, le scansioni cerebrali hanno dimostrato che il sonno profondo aveva efficacemente contribuito a trasferire le loro memorie dal deposito a breve termine dell’ippocampo al magazzino a lungo termine della corteccia prefrontale.
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BIBLIOGRAFIA:
- Bryce A Mander, Vikram Rao, Brandon Lu, Jared M Saletin, John R Lindquist, et al. Prefrontal atrophy, disrupted NREM slow waves and impaired hippocampal-dependent memory in aging. Nature Neuroscience doi:10.1038/nn.3324