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Riflessioni sulla crisi della psicoanalisi contemporanea #3

Riflessioni sulla crisi della psicoanalisi contemporanea #3 - La seconda piaga della psicoanalisi: la reificazione dell’inconscio.

Di Paolo Azzone

Pubblicato il 07 Feb. 2013

Aggiornato il 06 Mag. 2013 13:41

 

Le cinque piaghe di nostra madre Psicoanalisi: 

La seconda piaga: la reificazione dell’inconscio.

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Riflessioni sulla crisi della psicoanalisi contemporanea #3. - Immagine: © Lorelyn Medina - Fotolia.com

La psicoanalisi è cambiata. Di fatto è cambiata così profondamente che la concettualizzazione tradizionale della mente inconscia può apparire ampiamente superata.

Una giovane donna di fronte allo specchio. L’ultimo tocco al maquillage. Un look pallido e misterioso. Boccoli neri sulle spalle nude. La vita un po’ più attillata: una siluette più femminile. Più tardi, sul treno un uomo la fissa. Un impercettibile oscillazione della gamba sinistra ha attratto la sua attenzione.

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Può il suo occasionale compagno di viaggio, o noi osservatori psicoanaliticamente formati, pensare che la giovane donna del nostro schizzo clinico sia inconsapevole del proprio desiderio di essere notata ed osservata? Il desiderio di prevalere nelle relazioni triangolari, di affascinare e controllare il maschile – che le richiede tanta fatica, tempo e denaro – è così centrale nella sua identità che possiamo rispondere solo no questa domanda.

Nella concettualizzazione freudiana dell’isteria, e più in generale della malattia mentale, la dimensione topica è centrale. Nel primo modello del processo psicoanalitico che Freud offrì alla comunità scientifica il disvelamento dei desideri inconsci rappresenta il fattore terapeutico cruciale del trattamento psicoanalitico. L’analista cura in quanto consente al paziente di acquisire della conoscenze su di sé, che sono escluse dalla sua consapevolezza.

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Nel corso della sua carriera Freud sviluppò modelli sempre più articolati e complessi del processo psicoanalitico. Scoprì la centralità del transfert e dell’analisi del transfert, così come descrisse le resistenze che si oppongono al progredire del trattamento. Nel periodo tra le due guerre James Strachey introdusse il concetto di interpretazione mutativa: in questa prospettiva, mediante l’interpretazione di transfert l’analista non solo condivide con il paziente le conoscenze che ha acquisito, e che riguardano i suoi sentimenti inconsci verso l’analista, ma di fatto agisce sulla relazione di transfert: esprime tolleranza e comprensione di quelle emozioni e quei desideri che il paziente ha sempre sperimentato come vergognosi e colpevoli.

Riflessioni sulla Crisi della Psicoanalisi Contemporanea - Monografia a cura del Dott. Paolo Azzone. - Immagine: © andrewgenn - Fotolia.com
Monografia: Riflessioni sulla Crisi della Psicoanalisi Contemporanea.

Negli anni successivi, lo sviluppo delle varie scuole psicoanalitiche kleiniane, postkleiniane o comunque orientate a riconoscere la centralità delle relazioni oggettuali nella psicopatologia e nel trattamento psicoanalitico, consentì di riconoscere con maggiore consapevolezza che l’analista non solo offre informazioni, che il suo ruolo terapeutico dipende in modo essenziale dalla sua interazione con il paziente (Thomä e Kächele, 1985, pp. 342-369). Ad esempio, nel modello di Balint (1968) la psicopatologia sorgerebbe da un difetto fondamentale nel percorso evolutivo; la regressione controllata nella situazione psicoanalitica consentirebbe di sperimentare nuovamente tali angosce primitive in un contesto protetto, mettendo così in moto un nuovo inizio. Kohut, nel contesto dei suoi studi sul narcisismo, introdusse il concetto di riparazione empatica. Secondo la teoria dei processi di pensiero proposta da Wilfred Bion e dai suoi seguaci (ad esempio, Baranger e Baranger, 1990), in cui le interazioni emotive interpersonali hanno un particolare rilievo, il potere terapeutico della psicoanalisi risiederebbe nella capacità dell’analista di introiettare le emozioni primitive del paziente, processarle e restituirle al paziente in una forma più evoluta ed assimilabile.

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Questi contributi, espressione di molteplici scuole e prospettive nel contesto più generale del movimento psicoanalitico, ci permettono di formulare oggi in modo più avanzato maturo il ruolo dell’inconscio nel processo psicoanalitico. La teoria psicoanalitica contemporanea riconosce all’empatia, all’interazione emotiva, all’analista –sia come persona reale che come oggetto di transfert –un ruolo anche più rilevante di quello tradizionalmente attribuito all’analisi del transfert. La psicoanalisi è cambiata. Di fatto è cambiata così profondamente che la concettualizzazione tradizionale della mente inconscia può apparire ampiamente superata.

 La geniale teoria dei desideri inconsci di Freud è al centro di un modello della sofferenza emotiva e della mente umana rigidamente uni-personale. Egli osservava come un naturalista i pazienti nevrotici e i prodotti della loro vita mentale inconscia. Ora, in pieno XXI secolo, siamo sempre più consapevoli della interazione emotiva che ha luogo nella stanza d’analisi. Un interazione che coinvolge contenuti inconsci ad entrambi i partecipanti alla seduta.

Come possiamo concettualizzare ed analizzare i fenomeni inconsci in questa nuovo scenario psicoanalitico caratterizzato da interattività, intersoggettività, e consapevolezza dell’influenza dell’osservatore psicoanalista? La nostra giovane donna ha terminato il suo breve viaggio. Giace ora sul lettino analitico e racconta un sogno che include evidenti riferimenti ad oggetti parziali, magari un uomo con pantaloni rossi e un grande cappello che sale su una scala a pioli. Le associazioni successive contengono riferimenti all’incontro sul treno e alle imbarazzanti avances del compagno di viaggio.

Che cosa è inconscio in questa seduta? Di cosa esattamente la nostra paziente è all’oscuro? Gli psicoanalisti sono stati addestrati a pensare che il desiderio rappresenti il contenuto principale dell’inconscio. Nello schizzo clinico il desiderio, il desiderio erotico rivolto all’analista, potrebbe essere il più immediato e classico contenuto dell’interpretazione.

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Ma alla paziente manca realmente questa informazione? La centralità del potere seduttivo nell’identità della paziente ci suggerisce ancora una volta che no sia la risposta più adeguata. Parti preconsce dell’io possiedono chiaramente l’informazione e sviluppano strategie coerenti con questo desiderio. E sottraggono questo contenuto alla comunicazione manifesta, soprattutto alla comunicazione con l’analista, in una prospettiva strategica.

Perché allora il Sé colma i materiali verbali e non verbali, le narrative così come i sogni, di allusioni al contenuto celato? Dobbiamo cercare la risposta nell’incontro sul treno. L’obiettivo della rimozione non è impedire la conoscenza. E’ lo scambio di emozioni. É la proiezione –meglio, l’identificazione proiettiva –di emozioni e desideri nell’ascoltatore, nell’osservatore. Le strategie inconsce della paziente mirano di fatto ad indurre nell’analista una stato di eccitazione.

Le cinque piaghe di nostra madre Psicoanalisi: Riflessioni sulla crisi della psicoanalisi contemporanea. - Immagine: © hellotim - Fotolia.com
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La questione non ovviamente celare un desiderio, piuttosto quella di come controllare sapientemente il campo emozionale dell’oggetto per poter essere oggetto di desiderio. In una certa misura, l’inconscio emerge all’interfaccia tra un analista ed un paziente. Non rappresenta un sistema di conoscenze irraggiungibili per il soggetto. E’ un sistema di proibizioni finalizzato al controllo dell’analista e della sua esperienza della situazione psicoanalitica. In una certa misura l’inconscio si costituisce come uno schermo che ostacola lo specifico stile di indagine riflessiva dell’analista.

L’analista si confronta oggi come sempre con la rimozione. Tuttavia, il contributo primario dell’analista non consiste più nella sua capacità di scoprire i desideri inconsci del paziente. Piuttosto, il suo potenziale terapeutico dipende dalla sua disponibilità a focalizzare la propria lente d’ingrandimento su se stesso, sui propri desideri ed affetti controtransferali in relazione alle strategie comunicative del paziente.

Il principale obiettivo delle strategie difensive del paziente è il controllo della mente dell’analista. Le strategie che il paziente utilizza a questo scopo sono gli elementi più accuratamente rimossi –elementi inconsci dunque –della situazione psicoanalitica.

 

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Psichiatra, Psicoterapeuta, Psicoanalista

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