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In Treatment – Psicoterapia in TV. Recensione e Analisi del quarto episodio: S01E04 Amy & Jake

In Treatment, quarto episodio: Amy e Jake sono una giovane coppia piena di problemi, di incomprensioni e di conflitti sotterranei e non.

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 21 Gen. 2013

 

In Treatment – Psicoterapia in TV

QUARTA PUNTATA

Jake & Amy

 

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In Treatment – Psicoterapia in TV. Recensione e Analisi del quarto episodio: S01E04 Amy & Jake. - Immagine: © HBO
In Treatment: Week One – Jake and Amy. Immagine: © HBO.

In Treatment, quarto episodio: Amy e Jake sono una giovane coppia piena di problemi, di incomprensioni e di conflitti sotterranei e non.

 

Nella quarta puntata Paul affronta una terapia di coppia. La scelta risponde a un bisogno di varietà drammatica: un incontro tra tre attori ci voleva, dopo tre puntate a due. Non si tratta più di una prima visita, ma di nuovo siamo in una terapia già iniziata. La sensazione però è che si tratti di una terapia non cominciata da tantissimo. Amy e Jake sono una giovane coppia piena di problemi, di incomprensioni e di conflitti sotterranei ed espliciti. Subito sappiamo che tra i due le cose non vanno: la puntata inizia con Jake, il marito, solo con Paul mentre nervosamente cerca di rintracciare la moglie ritardataria. Chiama a casa e non la trova. Risponde il figlio, a cui ingiunge di non rimpinzarsi di cibo-spazzatura e poi si lamenta con Paul della moglie che vizia il bambino.

Poi chiama l’ufficio di Amy, e nemmeno lì rintraccia la moglie. Amy, dice amaramente Jake, è una persona importante, la vice-presidente di qualcosa in un ufficio dove tutti si danno delle arie. Poi Jake chiama la suocera, ancora non rintracciando sua moglie. Si lamenta anche della suocera, dicendo che i genitori di Amy sono straricchi, ma si comportano come se non lo fossero. Infine Jake cita in maniera sottile Roland Barthes, sorprendendo Paul e poi compiacendosi di questa sorpresa. Insomma, i messaggi ci dicono che Jake è forse socialmente, economicamente e culturalmente meno “evoluto” di sua moglie e dello stesso terapeuta, che ne è consapevole e irritato e che però, in qualche modo, sa anche difendere la sua dignità e controbattere i pregiudizi classisti degli altri.

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Finalmente la moglie arriva, affettuosa e dispiaciuta per il ritardo. Ma l’atmosfera non si rilassa, anzi Jake esprime una serie di dubbi su Amy. Dov’è stata finora? In ufficio non c’era. Lo scambio diventa imbarazzante, con Amy che cerca di giustificarsi e Jake sempre più diffidente e ostile.

Ma è solo l’inizio. Jake continua a interrogare Amy sul suo ritardo, ed effettivamente la sensazione dello spettatore è che Amy abbia qualcosa da nascondere. Paul osserva che in tutte le sedute Amy è in ritardo (per inciso veniamo a sapere che si tratta della terza seduta dall’inizio della terapia).

E infine la bomba esplode. La scusa tentata da Amy –di essere stata a una riunione di lavoro fuori dall’ufficio- non regge. In realtà lei è stata da un medico per decidere di abortire. Il che mette in crisi la terapia, il cui significato sarebbe stato proprio quello di decidere se abortire o meno.

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La situazione si fa davvero spinosa. Jake è diffidente e ostile ed Amy si è rivelata bugiarda e ritardataria. Decisamente questi due sono i pazienti più inquietanti incontrati finora. Paul tenta di rendere entrambi consapevoli dei loro modi di agire e pensare: la sospettosità di Jake, la tendenza a manipolare di Amy. Con scarso successo: quel che segue è terribile. Va in scena l’eterno conflitto di proprietà sulla gravidanza tra la donna, che rivendica a sé i suoi diritti di decidere e l’uomo che protesta la sua esclusione. Ed emerge la volontà decisa di Amy di interrompere la gravidanza. E Amy giustifica questa sua volontà raccontando di non stare bene, di sentirsi depressa e in subbuglio ormonale.

Ma non prima di un altro colpo di scena: Amy aveva fortemente voluto questa gravidanza! E ora vuole interromperla. E non è finita: Amy giunge a confessare che la depressione confessata pochi minuti prima è, in realtà, un balla: Amy non è depressa ma, semplicemente, rivendica il suo diritto di decidere di interrompere la gravidanza.

Decisamente gli sceneggiatori hanno inventato un personaggio destinato a scatenare emozioni fortissime negli spettatori, di rifiuto e identificazione al tempo stesso con questa donna. Vediamo cosa succede. La seduta prosegue con Amy e Jake che continuano a scontrarsi con fredda ira reciproca, mentre Paul si inserisce a tratti tentando di chiarire a tratti all’uno e all’altro i loro stati d’animo. La sua impostazione rimane psicodinamica anche in una terapia di coppia. Non sembrano esserci influenze di tipo sistemico-familiare.

E infatti l’intervento successivo di Paul è un altro tentativo di chiarire alla coppia le loro emozioni così violente. Paul ipotizza che in realtà Amy non abbia mentito riguardo ai suoi timori di una depressione e suggerisce a Jake che anche lui potrebbe nutrire delle paure su questo secondo figlio. Ma il tentativo va a vuoto. Amy rivendica il suo diritto a decidere (il che però rende la terapia priva di scopo).

Apprendiamo altre cose che fanno rabbrividire: che Amy da 5 anni si sottopone a cure per restare incinta, che poi aveva rinunciato a questa gravidanza e che prima di Jake c’era un altro marito. E che infine Amy, dopo non essere riuscita a rimanere incinta aveva definitivamente rinunciato per poi rimanere inaspettatamente incinta. E qui Jake lancia un’altra bomba: In realtà Amy non desidera un figlio da Jake, non desidera un figlio da “un cazzone” (in inglese americano Jake dice “shithead”, che è un termine meno bonario dell’italiano “cazzone”: “shithead” una mistura tra stupidità e ristrettezza mentale con un una significativa porzione di crudeltà).

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Esplode quindi il problema suggerito sottotraccia dall’inizio della puntata: il profondo senso di inferiorità sociale, culturale e intellettuale che Jake prova verso Amy. È un problema che non risponde a una precisa diagnosi, almeno per il momento. Tra tutte le terapie di Paul, quella con Amy e Jake sarà quella meno legata a un disturbo determinato.

Arrivati a questo punto di intollerabile tensione, la seduta rapidamente termina con Jake che aggredisce verbalmente Paul e lo induce a esprimere la sua opinione sull’aborto. Messo all’angolo, Paul non riesce a mantenere la sua neutralità e confessa che, secondo lui, la coppia non può tenere quel bambino e quindi conviene abortire. Segue un tentativo non troppo riuscito di recuperare la posizione terapeutica, ma la seduta muore quasi di consunzione.

Il finale è significativo: Paul chiama una certa Gina Toll.

In seguito apprenderemo che Paul, alla fine di una settimana lavorativa piuttosto deprimente (con l’eccezione di Sophie) ha deciso che è arrivato il momento di farsi supervisionare. Da Gina Toll.

 

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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