I lobi frontali sono noti da tempo per essere strutture fondamentali per la modulazione e la regolazione della condotta sociale, delle reazioni emotive e della personalità. Danni a queste strutture possono rendere difficoltosa la gestione delle interazioni sociali della vita quotidiana, a causa di profonde alterazioni del comportamento sociale ed emotivo e della personalità.
LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI SU: NEUROPSICOLOGIA
Il primo caso di disregolazione del comportamento e della personalità a seguito di un danno ai lobi frontali studiato in letteratura da Harlow nel 1868 è quello del celebre Phines Gage.
In seguito le ricerche sulle conseguenze dei danni frontali si sono fatte più sistematiche, come nel caso degli studi del neuropsicologo russo Aleksandr Lurija che alla fine degli anni 60 compì delle ricerche su un ampio gruppo di veterani della seconda guerra mondiale che evidenziarono l’associazione tra l’attività della regione prefrontale e numerose capacità cognitive e comportamentali, gettando la base per la formulazione del quadro clinico della “sindrome frontale”.
Da allora l’assessment neuropsicologico dei pazienti frontali si è tradizionalmente basato su test che andavano a valutare le funzioni esecutive. A partire dagli anni ’90 in poi, sono stati implementati test più ecologici (ad esempio Iowa Gambling Task, Multiple Errands Test, Behavioural Assessment of the Dysexecutive Syndrome), in quanto diversi casi clinici, tra i più noti ricordiamo quello del sig. EVR, studiato da Damasio ed Eislinger, hanno messo in luce come alcuni pazienti frontali presentino un comportamento molto diverso nei compiti svolti in laboratorio rispetto alle attività della vita quotidiana.
Questo interesse verso strumenti con una maggior valenza ecologica ha portato a una crescente attenzione per gli aspetti comportamentali ed emotivi con il conseguente sviluppo di compiti di valutazione dei deficit di cognizione sociale, quel dominio cognitivo che raccoglie conoscenze ed abilità sociali ed emotive indispensabili per un adeguato comportamento sociale e per gestire in maniera appropriata e con successo le relazioni interpersonali.
LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: RAPPORTI NTERPERSONALI
Tra i test maggiormente utilizzati per indagare le funzioni sociali si trovano quelli che fanno diretto riferimento alla Teoria della Mente (ToM), spesso tratti da strumenti per la valutazione di deficit psichiatrici come la schizofrenia o psicopatologici come i disturbi dello spettro autistico e la sindrome di Asperger.
LEGGI LA MONOGRAFIA: AUTISMO – DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO
Un’altra importante abilità connessa alla cognizione sociale è l’empatia grazie alla quale le persone sono in grado di calarsi nei panni degli altri e di “sentire” e condividere gli stati emotivi altrui.
Le principali tecniche di valutazione della capacità empatica si basano su questionari self-report.
Altri strumenti utilizzati per indagare il funzionamento sociale consistono in compiti di riconoscimento delle espressioni emotive che vanno a valutare la capacità di cogliere gli stati emotivi delle persone attraverso stimoli statici o dinamici (espressioni facciali, intonazione vocale, posture).
LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: ESPRESSIONI FACCIALI – FACIAL EXPRESSIONS – VOCE E COMUNICAZIONE PREVERBALE
Vi sono alcuni strumenti di valutazione dei disturbi di cognizione sociale nei pazienti con lesioni cerebrali che integrano differenti tecniche e approcci, ad esempio il The Awareness of Social Inference Test (McDonald et al., 2003) strumento clinico appartenente alla realtà d’oltreoceano, che si avvale di subtest composti da videoregistrazioni di scenette interpretate da attori che recitano interazioni in situazioni quotidiane, o il lavoro di Prior, Marchi e Sartori (2003) che hanno tradotto, adattato e tarato in italiano 4 test neuropsicologici proposti in origine da Blair e Cipolotti (2000) e basati sul modello “quadrifattoriale” di quest’ultimi, e su rifermenti teorici diversi quali la ToM o la teoria dello schema di conoscenza sociale.
L’attuale stato dell’arte vede un utilizzo crescente di strumenti ecologici e tecniche di valutazione dei deficit di cognizione sociale, in particolare nei paesi anglofoni, ma da qualche anno anche nella realtà italiana, dove, tuttavia sono spesso utilizzati solo a livello sperimentale, tradotti e adattati dai test originali, ma senza una taratura e standardizzazione completa.
Poter contare su validi strumenti di assessment dei deficit di cognizione sociale ha una grande rilevanza in quanto questi disturbi, particolarmente pervasivi, rappresentano un grande ostacolo per la gestione dei rapporti interpersonali e delle attività quotidiane del paziente, per l’impostazione di un eventuale trattamento riabilitativo e costituiscono una fonte di profondo disagio per i familiari che sono coinvolti quotidianamente, per un periodo continuativo e ben maggiore rispetto a quello di cura e riabilitazione.
LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: NEUROPSICOLOGIA – PSICOLOGIA SOCIALE
BIBLIOGRAFIA:
- Blair, R.J.R. e Cipolotti, L. (2000). Impaired social response reversal: A case of “acquired sociopathy”. Brain, 123(6), 1122-1141. (DOWNLOAD)
- Cantagallo, A., Spitoni, A., Antonucci, G. (2010). Le Funzioni Esecutive. Carocci Faber, Roma.
- Damasio, A.R. (1994). Descartes’error: Emotion, reason, and the human brain. New York, Grosset/Putnam; traduzione italiana: L’errore di Cartesio: emozione, ragione e cervello umano. Milano, Adelphi, 2003.
- Eslinger, P.J. e Damasio, A.R. (1985). Severe disturbance of higher cognition after bilateral frontal lobe ablation: Patient EVR. Neurology, 35, 1731-1741.
- Prior, M., Sartori, G., Marchi, S. (2003). Cognizione sociale e comportamento: uno strumento per la misurazione. Padova: Domenghini Editore.
- McDonald, S., Flanagan, S., Rollins, J., Kinch, J. (2003). TASIT: A new clinical tool for assessing social perception after traumatic brain injury. Journal of Head Trauma Rehabilitation, 18, 219–238.