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Conclusione del Primary Training all’ Albert Ellis Institute – #3

Il Primary training nella REBT ha chiarito alcuni aspetti che dai libri non sono sempre chiari. Ripetiamoli rapidamente.

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 14 Lug. 2012

Aggiornato il 12 Ott. 2012 15:20

 

Conclusione del Primary Training all’Albert Ellis Institute – Parte 3  

Cronache da New York:  PARTE1PARTE2 

Conclusione del Primary Training all’ Albert Ellis Institute – Day 3 - Immagine: therealdeal.comConcluso il Primary training nella Rational Emotive and Behavior Therapy (REBT) all’Istituto Albert Ellis di New York ci prendiamo 3 giorni di riposo prima di iniziare l’Advanced training. Durante la pausa ripensiamo a ciò che abbiamo imparato e ci concediamo un intermezzo psicodinamico, assistendo a una supervisione di Otto Kernberg nel suo studio privato al 23esimo piano di un grattacielo sulla Madison Avenue. Ma di questo parleremo in un altro articolo.

Per ora cerchiamo di riassumere quel che abbiamo imparato all’Ellis Institute. Il Primary training nella REBT ha chiarito alcuni aspetti che dai libri non sono sempre chiari. Ripetiamoli rapidamente.

 

1) È importante definire con esattezza le situazioni problematiche in cui si manifesta la sofferenza, i cosiddetti “critical A” degli ABC. Un “critical A” è una situazione ben definita, un episodio definito nello spazio e nel tempo, preferibilmente l’episodio di maggiore sofferenza o quello meglio ricordato o l’ultimo avvenuto. Non è solo un evento, ma è già anche uno stato mentale pieno di pensieri di tipo descrittivo e valutativo che non sono ancora i B, i pensieri irrazionali per eccellenza, che sono solo le 4 classi descritte da Ellis.

 

Friday Night Live all’ Albert Ellis Institute – Day 2
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2) Le emozioni negative, ovvero i “C” non sono intrinsecamente disfunzionali, anzi. Semmai esistono formulazioni disfunzionali delle emozioni negative. Depressione invece che tristezza. Ansia invece che preoccupazione (concern). Stati disfunzionali paralizzanti invece che stati negativi ma in grado di promuovere l’azione. L’obiettivo è proprio arrivare a provare emozioni negative funzionali e tollerabili.

 

3) Tra le 4 categorie di pensiero irrazionale la doverizzazione (ovvero la convizione che le cose devono, “must”, avvenire solo in una certa maniera o si devono fare solo in una certa maniera) genera le altre 3: la terribilizzazione (ovvero la convizione che le cose andranno in maniera disastrosa), l’intolleranza della frustrazione e l’auto-svalutazione. La domanda chiave con la quale un terapeuta REBT inizia l’accertamemto delle convinzioni irrazionali è “qual è la cosa che pensi assolutamente di dover fare in questa situazione di cui discutiamo?” oppure “qual è la cosa che pensi dovrebbe assolutamente avvenire o qual è il modo in cui pensi che dovrebbe assolutamente svolgersi questa situazione di cui discutiamo?

 

4) L’esito funzionale è preferibilmente quello della tolleranza della frustrazione (elegant solution) piuttosto che quello della sdrammatizzazzione dei terribili esiti temuti dal paziente (inelegant solution). Il terapeuta REBT in un certo senso dice al paziente “sai una cosa? Queste cose che ti preoccupano tanto potrebbero avvenire davvero. Piuttosto che rimuginare su come evitarle, vediamo come possiamo tollerare questa possibilità”.

 

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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