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“To do” or “do not” list? L’arte delle liste e il bisogno di organizzazione

Liste: utili strategie psicologiche che ci aiutano a focalizzare un obiettivo, costringendoci a pensare ai passi necessari per conseguirlo.

Di Simona Meroni

Pubblicato il 05 Lug. 2012

Aggiornato il 18 Dic. 2014 10:50

 

“To do” or “do not” list? Il bisogno di organizzazione e l’arte delle liste - Immagine: © Arman Zhenikeyev - Fotolia.comIn un recente articolo apparso sul blog del Wall Street Journal – e ripreso poi dal Corriere della Sera – il consulente aziendale ed esperto di leadership Peter Bregman propone, al fine di aumentare la produttività, di compilare non solo una lista di cose da fare, ma soprattutto, una lista di cose da non fare.

Secondo Bregman, infatti, il miglior modo per organizzare al meglio la gestione del proprio tempo consiste nello stilare due liste opposte e complementari.

La prima (la lista delle cose da fare) rappresenterà la parte selvaggia, creativa, produttiva e libera della nostra mente, che ci spinge a progredire.

La seconda lista (quella delle cose da non fare), invece, darà voce alla parte più responsabile, coscienziosa di noi e ci aiuterà ad evitare perdite di tempo e a non sprecare energie in attività che sviano dall’obiettivo prefissato.

L’uso delle liste è vecchia come il mondo, ma sembra non passare mai di moda, come dimostra la recente pubblicazione di Dominique Loreau, signora francese da anni ormai residente in Giappone, che nel suo libro (L’arte delle liste, ça và sans dir) cerca di insegnare, a colpi di elenchi da completare, come potersi liberare del superfluo, concentrandosi sull’essenziale e riuscendo così a gestire facilmente la propria vita.

L’esercizio delle liste, oltre che uno strumento per conseguire una vita zen, può rivelarsi anche un’utile strategia psicologica: ci aiuta a focalizzare un obiettivo, costringendoci a pensare ai passi necessari per conseguirlo. Ci aiuta anche a scomporre un problema, riducendo dunque l’ansia, e a compiere i primi passi in direzione di una meta, perché fornisce un binario da seguire, salvandoci dal caos di pensieri che a volte ci paralizza. E’, inoltre, un esercizio che non richiede grandi sforzi, né talenti particolari, ed è qualcosa con cui abbiamo dimestichezza sin da piccoli (prendere appunti, scrivere gli ingredienti di una ricetta, la lista della spesa etc.) Infine, può aiutarci a rivivere mentalmente una situazione e a correggere ciò che è andato male o che avrebbe potuto andare meglio.  (LEGGI ANCHE: ARTICOLI SULLA COSTRUZIONE DI NARRATIVE PERSONALI)

La costruzione di narrative personali in terapia cognitiva #2 - Immagine: © frenta-Fotolia.com_.jpg
Articolo consigliato: La costruzione di narrative personali in terapia cognitiva #2

Una lista ben organizzata e pianificata è alla base anche della strategia di time management di Tony Schwartz, presidente e CEO di The Energy Project, società di consulenza aziendale, e autore del libro “Be excellent at anything”. La sua visione dell’efficienza condivide con le liste la caratteristica del “poco sforzo, massimo risultato” o, per dirla in termini più scientifici, dell’economia mentale. Secondo Schwartz, infatti, la chiave per gestire con successo gli impegni quotidiani risiede nel rendere il processo automatico, così da investire (e sprecare) minor quantità di energia mentale possibile.

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Partendo dall’assunto che le risorse mentali in dotazione all’uomo siano limitate, più un problema / appuntamento / impegno richiede energie, meno ne avremo a disposizione per tutto il resto. Vivendo immersi, sempre di più, in una società che fa del desiderio la chiave del successo (e dell’economia), Schwartz insegna ai propri clienti a resistere alle distrazioni, utilizzando quelli che lui definisce rituali: “Comportamenti altamente specifici, fatti in un momento preciso, così che possano diventare man mano automatici e non richiedano più volontà cosciente o disciplina”. 

Tra le molte liste che Schwartz stila con i suoi clienti, per aiutarli a centrare i propri obiettivi, credo che quella dedicata al cambiamento sia particolarmente interessante.

Per avere garanzia di riuscita, dunque, i passi necessari sono i seguenti:

Stilare un obiettivo preciso e specifico: il classico proposito di inizio anno “Fare più esercizio fisico” sarà destinato a fallire a causa della sua vaghezza. Riformularlo specificando in anticipo i giorni, l’ora e gli esercizi precisi, aumenterà le probabilità di successo (ad esempio scrivendo: “Mi impegno a correre per mezz’ora Lunedì, Mercoledì e Venerdì alle 7 del mattino”. Se un imprevisto farà saltare una delle sedute, ci si sentirà più motivati a recuperarla).

Portare avanti una nuova sfida alla volta: il cervello umano, a differenza dei computer, pur essendo multi-tasking (ossia in grado di compiere diverse azioni contemporaneamente) funziona meglio se si dedica, passo dopo passo, ad un unico compito (o comportamento), soprattutto se nuovo e particolarmente complesso.

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Né troppo, né troppo poco: l’errore più comune che si compie nel momento in cui si tenta di cambiare qualcosa della propria vita è quello di mettere troppa carne al fuoco. Portando avanti l’esempio dell’esercizio fisico, se dopo un anno di inattività ci buttiamo a capo fitto in un programma di corsa intensivo (30 minuti al giorno per cinque giorni a settimana), molto probabilmente getteremo la spugna, trovando il tutto troppo faticoso. E’ altrettanto facile comportarsi nel modo opposto, correndo per 10 minuti due giorni a settimana e continuando così per un anno intero, non ottenendo i risultati sperati e dunque gettando – nuovamente – la spugna. L’unico modo per ottenere un cambiamento consiste in una via di mezzo: impegnarsi quel tanto che basta per ottenere un risultato tangibile (che quindi fornisce soddisfazione) ma, soprattutto, migliorabile.

Tutto quello a cui cerchiamo di resistere, persiste: così come le risorse, anche il livello di resistenza di un essere umano è limitato. Se siamo impegnati in un compito che richiede tutta la nostra attenzione, ma puntualmente riceviamo notifica di una nuova email, è abbastanza scontato che per un periodo di tempo riusciremo ad ignorare la cosa, ma alla fine la nostra concentrazione verrà meno e ci distrarremo. Per portare a termine un compito particolarmente difficile, dunque, sarà più utile lavorare ininterrottamente (evitando qualunque distrazione) per 90 minuti e successivamente prendersi una pausa.

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Conflitto di interesse: anche la più strenua volontà di cambiamento verrà bilanciata da un’eguale, ma inconsapevole, resistenza al cambiamento. Ciò è causato essenzialmente dal senso di benessere e sicurezza che deriva dal fare ciò che abbiamo sempre fatto, anche se tale azione (qualunque essa sia) non è più utile o produttiva. Per combattere tale resistenza, si deve innanzitutto avere chiaro davanti a sé l’obiettivo (ricordate il punto 1 della lista?) e successivamente chiedersi cosa si sta facendo o non facendo per raggiungerlo. La domanda essenziale potrebbe suonare più o meno così: “Che cosa posso fare per ottenere i benefici desiderati, ma anche minimizzare i costi che temo tale cambiamento mi porterà?”.

Tenere duro: il cambiamento è difficile e richiede energie, ma soprattutto diverse sconfitte prima di ottenere il successo sperato. In genere una persona in media fallisce sei volte prima di centrare il proprio bersaglio.

Il segreto, dunque, per una vita di successo, ma soprattutto serena, sembrerebbe risiedere dunque nei decaloghi (di biblica memoria). Sicuramente esistono liste che siamo più abituati a stilare e altre alle quali non avremmo mai pensato.

E voi? Quali sono le liste – se ce ne sono – alle quali non potreste rinunciare?

 

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