Premessa: Il diritto delle donne alla libertà
Quando ero giovane ho vissuto il periodo bello e terribile del femminismo, bello perché ha cambiato molte vite tra cui la nostra, terribile perché molti costi sono stati pagati per questo cambiamento. Ora è di nuovo l’8 marzo, per noi allora una giornata di non lavoro e di manifestazioni e riunioni e decisioni. Giornata allegra e dura. Si pensava che la forza acquisita delle donne avrebbe abolito o ridotto la violenza o in generale le incomprensioni, ma la strada oggi ci appare difficile.
L’onda lunga del cambiamento femminile ha investito anche gli uomini e non tutti hanno capito o saputo adattarsi a questa maggiore libertà e desiderio di autogestirsi la vita, delle donne. Abbiamo generato negli uomini sentimenti di paura, desiderio di controllo, rabbia, e forse a volte anche invidia. Li abbiamo fatti sentire meno essenziali, meno in dovere di proteggerci? Ma questo non può impedire alle donne di esplorare autonomamente e sentirsi libere di scegliere la propria vita.
Primo problema: Gli uomini.
Tutti sappiamo che non tutti gli uomini sono violenti. E’ più facile che lo siano gli uomini che crescono in famiglie violente, o se assistono a violenza del padre verso la propria madre, o se si sentono particolarmente minacciati o in difficoltà anche in altre aree, come il lavoro. O se non avevano previsto la forza o l’indipendenza della propria compagna. O se vengono lasciati, magari per un altro.
Esistono segnali che ci possono mettere in guardia? Esistono, e qui vorremmo elencarne alcuni. Pensiamo che sia importante imparare a decodificare i segnali che indicano una propensione a comportarsi in modo violento sapendo che qualcuno scapperà sempre tra le maglie della prudenza e della osservazione preventiva.
- I segnali di rigidità: La rigidità del modo di pensare, la difficoltà a cambiare idea e a tenere in conto delle opinioni altrui.
- I segnali di paranoia: la diffidenza verso gli altri, la rigidità, la tendenza a sentirsi sempre minacciati, in difficoltà, traditi dagli altri.
- I segnali di aggressività e violenza: la tendenza a rispondere in modo aggressivo o impulsivo se contraddetti. (“ma lui spacca solo il telefono cellulare, non se la prende con me!”).
- La povertà mentale: la persona che si ha vicina non ha nessun altro, non sa stare vicino a nessuno e potrebbe non essere in grado di ricostruirsi una vita.
- Una storia di maltrattamenti a donne. Che viene spiegata come: l’altra era matta, cattiva, non è vero che la picchiavo, è una diceria.
Secondo problema: Le donne.
Che fare? Si può denunciare, ma occorre che le denunce si facciano, e non è facile. (un misero 10% dei casi di violenza viene denunciato) e occorre che la società le forze dell’ordine e il sistema giudiziario sappiano rispondere in modo rapido e decisivo. Molte delle donne morte negli ultimi anni erano state minacciate e avevano denunciato e non si sono salvate. I centri antiviolenza esistono in molte regioni italiane, spesso sono malfinanziati dal pubblico e quasi sempre si sostengono con il volontariato. Un centro antiviolenza che abbia anche posti letto e assistenza 24 ore su 24 è un ausilio vero e concreto alle donne in emergenza che possono trovare un posto dove rifugiarsi. Spesso le donne non denunciano perché non sanno dove andare.
Terzo problema: la prudenza
Occorre parlare di prudenza come occorre parlare di paura e di coraggio nell’affrontare la paura di girare in bicicletta da sole la notte?
Cosa vuol dire prudenza? (che ovviamente non servirà sempre ma forse eviterà qualche vittima, qualche stupro, qualche aggressione). La prudenza ha molte facce. Una faccia è diventare più capaci di difendersi se attaccate. Si possono fare corsi di autodifesa, pugilato, e altre arti marziali. Questo non è un punto trascurabile perché un’idea di maggiore competenza fisica cambia anche la propria autostima e la visione di sé. Occorre non dimenticare mai la disparità muscolare che c’è tra maschi e femmine!
Ma prudenza è anche un’attitudine mentale a prevedere i rischi: non andare a un ultimo chiarimento in un bosco da sole, non trascurare i segnali di gelosia, non trovarsi da sole per dirgli che lo lasciamo.
Comprendere che la risposta politica e sociale non basta da sola, ma che occorre la disciplina interiore di essere in grado di difendersi prevedendo le situazioni difficili, esercitando la propria conoscenza di chi abbiamo vicino, e il coraggio di vedersi in pericolo. La patologica assenza di paranoia di molte donne le mette, rischia di metterle, in situazioni rischiose.
Sapere chiedere aiuto senza sentirci deboli. Ma sentendoci nel giusto.
L’invito a esercitare prudenza non è un tentativo di spostare la responsabilità della prevenzione della violenza sulle vittime e siamo pienamente consapevoli del fatto che nessuna prudenza potrà mai salvare tutte le donne vittime di violenza. Ma è un invito forte a mantenersi salde e vigili. Si spera che questo atteggiamento divenga nel tempo sempre meno necessario.
Quarto problema: Gli uomini civili.
Occorre allearsi con la parte civile degli uomini che incontriamo. Gli uomini in movimento, gli uomini che stanno cambiando idea e che rifondano il futuro per se stessi, per le loro donne e per la società in cui vivono: Tra l’altro una società in cui siano migliori le relazioni interpersonali uomo-donna è una società che funziona meglio in generale e molto meglio economicamente. Troppi vantaggi per rinunciarci.
E cito per concludere: dal blog “Il corpo delle donne”, un uomo parla agli altri uomini:
“la violenza e il femminicidio sono un mio problema, e rivelano l’incapacità della sessualità maschile di liberarsi dalla tentazione del dominio.”
Questo 8 marzo festeggiamolo non solo come un gioco e non solo al ristorante con le amiche. Ricordiamoci della paura e della prudenza.
RIFERIMENTI:
- Molfino F. (2012). Violenza contro le donne, cosa facciamo in concreto? Ingenere.it
- The World Bank. (2012). 2012 World Development Report on Gender Equality and Development
- Il Corpo delle Donne. (2012). A Noi la Festa, a Voi la Parola. 5 Marzo 2012