Recentemente, mi è capitato sottomano questo articolo in cui si lancia un allarme relativo al pericolo dell’utilizzo eccessivo di social network, quali Facebook (750 milioni di utenti in tutto il mondo) e Twitter da parte degli adolescenti. Secondo la Greenfield, autrice dell’articolo, i nuovi media sarebbero in grado di produrre profondi cambiamenti nel cervello dei giovani, riducendone l’attenzione, incoraggiando la gratificazione istantanea, rendendoli sempre più individualisti, azzerandone le relazioni umane reali, riducendo la loro empatia verso gli altri, facendoli regredire, in sostanza, a uno “stadio infantile”.
Questa notizia incontra la preoccupazione dei genitori e degli insegnanti, che si lamentano del fatto che gli adolescenti di oggi non sono più capaci di comunicare né di concentrarsi, se deprivati dei dispositivi a cui tanto sono affezionati. Una schiera di persone competenti, tra cui neuroscienziati, psicologi, psichiatri, sono sempre più convinti che questi strumenti facciano più male che bene a chi li utilizza.
Infatti, la ripetuta esposizione ai nuovi media porterebbe un vero e proprio “ricablaggio” (rewiring) delle connessioni cerebrali, dando vita a nuove connessioni tra aree cerebrali diverse.
Queste tecnologie è come se portassero ad una regressione a uno stadio infantile. Infatti, queste persone si comporterebbero come dei bambini piccoli, che sono attratti da rumori e luci brillanti, poiché dotati di scarse capacità attentive e intellettive (Greenfield, 2009). In questo caso, gli adulti/bambini sono attratti dalle medesime cose, alle quali, però, si aggiunge una forma più complessa di conoscenza: curiosità o esibizionismo, nel caso dei social network; agonismo virtuale, nel caso dei video games.
La Greenfield sottolinea che le persone malate di autismo, si trovano a loro agio utilizzando il computer.
Non è noto se l’aumento della prevalenza di autismo fra i giovani sia dovuta a una maggiore accortezza diagnostica da parte dei clinici o se tale fenomeno possa correlarsi in qualche modo all’incremento del tempo speso nelle relazioni virtuali tramite computer, ma indubbiamente è un’ipotesi da tenere in debita considerazione.Gli psicologi, a loro volta, confermano che la tecnologia digitale sta cambiando il modo in cui ragioniamo. Emerge che i teenagers starebbero al computer per più di 7 ore e mezzo al giorno, ovvero più di quanto dura una giornata di scuola.
La psicologa dell’educazione Jane Healy (2010), ad esempio, sostiene che i bambini minori di 7 anni non dovrebbero fare giochi al computer, in quanto stimolerebbero prevalentemente le regioni del cervello alla base della risposta di “attacco e fuga”, e non quelle del ragionamento, ottenendo in questo caso una forma di apprendimenti più primordiale e non sofisticata. Le conseguenze: una minore capacità di riflettere sui propri stati interni, meno o scarsa metacognizione, che induce a relazionarsi alla vita di tutti i giorni in maniera semplicistica, e nel momento in cui sopraggiunge una emozione non sanno esattamente dove collocarla e come gestirla.
Ancora più drastica Sue Palmer (2006), autrice di un libro dal titolo molto evocativo, Toxic Childhood, in cui scrive: “Lo sviluppo del cervello dei nostri figli è danneggiato, perché non si impegna più in attività nelle quali i cervelli umani si sono impegnati per millenni”. E’ vero, non si impegna più nella conoscenza attiva di qualcosa, tutto è mediato da internet basta cliccare su un tasti e ogni cosa trova risposta.
Malgrado i contro derivanti da questo comportamento, è possibile ne derivino anche effetti positivi, come essere più veloci, avere più capacità di fronteggiare gli stimoli, essere più abili e concreti, etc. Tutto questo cambiamento, naturalmente anche in ambito cerebrale, potrebbe essere semplicemente il risultato di cambiamenti culturali , per questo non è detto si peggiori per forza, magari in questo modo è possibile ottenere dei miglioramenti in ambito cognitivo.
(Intervista a Susan Greenfield)
BIBLIOGRAFIA:
- Swain. F. (2011). Susan Greenfield: Living online is changing our brains. New Scientist.
- Yuan K, Qin W, Wang G, Zeng F, Zhao L, et al. 2011 Microstructure Abnormalities in Adolescents with Internet Addiction Disorder. PLoS ONE6(6): e20708. doi:10.1371/journal.pone.0020708
- Daphne Bavelier, C. Shawn Green, Matthew W.G. Dye. (2010). Children, Wired: For Better and for Worse. Neuron – 9 September 2010 (Vol. 67, Issue 5, pp. 692-701) DOWNLOAD PDF
- Greenfield, S. The Quest for Identity in the 21st Century: The Quest for Meaning in the 21st Century. Hodder & Stoughton, Canada (2009).
- Palmer, S. Toxic Childhood: how modern life is damaging our children… and what we can do about it. Orion (2006)
- Healy, J. M. Different Learners Identifying, Preventing, and Treating Your Child’s Learning Problems Hardcover (2010).