

Questa notizia incontra la preoccupazione dei genitori e degli insegnanti, che si lamentano del fatto che gli adolescenti di oggi non sono più capaci di comunicare né di concentrarsi, se deprivati dei dispositivi a cui tanto sono affezionati. Una schiera di persone competenti, tra cui neuroscienziati, psicologi, psichiatri, sono sempre più convinti che questi strumenti facciano più male che bene a chi li utilizza.
Infatti, la ripetuta esposizione ai nuovi media porterebbe un vero e proprio “ricablaggio” (rewiring) delle connessioni cerebrali, dando vita a nuove connessioni tra aree cerebrali diverse.

Queste tecnologie è come se portassero ad una regressione a uno stadio infantile. Infatti, queste persone si comporterebbero come dei bambini piccoli, che sono attratti da rumori e luci brillanti, poiché dotati di scarse capacità attentive e intellettive (Greenfield, 2009). In questo caso, gli adulti/bambini sono attratti dalle medesime cose, alle quali, però, si aggiunge una forma più complessa di conoscenza: curiosità o esibizionismo, nel caso dei social network; agonismo virtuale, nel caso dei video games.
La Greenfield sottolinea che le persone malate di autismo, si trovano a loro agio utilizzando il computer.
Non è noto se l’aumento della prevalenza di autismo fra i giovani sia dovuta a una maggiore accortezza diagnostica da parte dei clinici o se tale fenomeno possa correlarsi in qualche modo all’incremento del tempo speso nelle relazioni virtuali tramite computer, ma indubbiamente è un’ipotesi da tenere in debita considerazione.
Gli psicologi, a loro volta, confermano che la tecnologia digitale sta cambiando il modo in cui ragioniamo. Emerge che i teenagers starebbero al computer per più di 7 ore e mezzo al giorno, ovvero più di quanto dura una giornata di scuola.

La psicologa dell’educazione Jane Healy (2010), ad esempio, sostiene che i bambini minori di 7 anni non dovrebbero fare giochi al computer, in quanto stimolerebbero prevalentemente le regioni del cervello alla base della risposta di “attacco e fuga”, e non quelle del ragionamento, ottenendo in questo caso una forma di apprendimenti più primordiale e non sofisticata. Le conseguenze: una minore capacità di riflettere sui propri stati interni, meno o scarsa metacognizione, che induce a relazionarsi alla vita di tutti i giorni in maniera semplicistica, e nel momento in cui sopraggiunge una emozione non sanno esattamente dove collocarla e come gestirla.

Ancora più drastica Sue Palmer (2006), autrice di un libro dal titolo molto evocativo, Toxic Childhood, in cui scrive: “Lo sviluppo del cervello dei nostri figli è danneggiato, perché non si impegna più in attività nelle quali i cervelli umani si sono impegnati per millenni”. E’ vero, non si impegna più nella conoscenza attiva di qualcosa, tutto è mediato da internet basta cliccare su un tasti e ogni cosa trova risposta.
Malgrado i contro derivanti da questo comportamento, è possibile ne derivino anche effetti positivi, come essere più veloci, avere più capacità di fronteggiare gli stimoli, essere più abili e concreti, etc. Tutto questo cambiamento, naturalmente anche in ambito cerebrale, potrebbe essere semplicemente il risultato di cambiamenti culturali , per questo non è detto si peggiori per forza, magari in questo modo è possibile ottenere dei miglioramenti in ambito cognitivo.
(Intervista a Susan Greenfield)
BIBLIOGRAFIA:
- Swain. F. (2011). Susan Greenfield: Living online is changing our brains. New Scientist.
- Yuan K, Qin W, Wang G, Zeng F, Zhao L, et al. 2011 Microstructure Abnormalities in Adolescents with Internet Addiction Disorder. PLoS ONE6(6): e20708. doi:10.1371/journal.pone.0020708
- Daphne Bavelier, C. Shawn Green, Matthew W.G. Dye. (2010). Children, Wired: For Better and for Worse. Neuron – 9 September 2010 (Vol. 67, Issue 5, pp. 692-701) DOWNLOAD PDF
- Greenfield, S. The Quest for Identity in the 21st Century: The Quest for Meaning in the 21st Century. Hodder & Stoughton, Canada (2009).
- Palmer, S. Toxic Childhood: how modern life is damaging our children… and what we can do about it. Orion (2006)
- Healy, J. M. Different Learners Identifying, Preventing, and Treating Your Child’s Learning Problems Hardcover (2010).