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Come Ti Senti? La migliore risposta sono le Emozioni in 3D

Emozioni: Siamo chiamati a rispondere alla domanda “Come ti senti?”. Questo implica una inevitabile e non automatica riflessione sul proprio stato mentale.

Di Camilla Marzocchi

Pubblicato il 13 Mag. 2013

Aggiornato il 02 Feb. 2015 11:46

 

Come Ti Senti? La migliore risposta sono le Emozioni in 3D. - Immagine:  © raulbaena - Fotolia.com

Emozioni: Siamo chiamati a rispondere alla domanda “Come ti senti?”. Questo implica una inevitabile e non automatica riflessione sul proprio stato mentale.

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In molte circostanze della vita siamo chiamati a rispondere alla domanda “Come ti senti?” e questo implica una inevitabile e non sempre automatica riflessione sul proprio stato mentale.

La capacità soggettiva di descrivere “come stiamo” resta ad oggi l’unica via di accesso che abbiamo per parlare di emozioni, in terapia come nella vita!

Nonostante i progressi delle neuroscienze e le migliorate capacità di “leggere” la mente, la descrizione che ognuno di noi fa delle proprie o delle altrui emozioni, resta infatti il principale indizio del nostro stato mentale e dunque il principale indicatore del nostro benessere psicologico. Come misurarlo allora?

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Sistema Limbico, disturbo di personalità borderline e approcci neurobiologici radicali. Immagine: © Argus - Fotolia.com -
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Un gruppo di ricercatori dell’Università della Columbia (Saptute, 2013),  si è proposto di analizzare i principali processi coinvolti nella capacità di descrivere le emozioni  e di riflettere di esse, attraverso l’utilizzo della fMRI. Gli autori si sono inspirati a due filoni teorici di riferimento. Il primo include le teorie psicologiche che distinguono gli stati affettivi  legati al nostro “sentire più immediato” dai processi cognitivi superiori che vengono invece usati per attribuire un’ “etichetta” verbale a questi stati (Barrett, 2006). In questo modello, le emozioni seguirebbero 3 successivi processi di analisi: dirigere l’attenzione verso lo stimolo che ha “acceso” l’ emozione, divenire consapevoli dell’intensità della propria risposta affettiva e dare un nome all’esperienza emotiva vissuta. Il secondo filone di ricerche che ha inspirato gli autori è quello delle neuroscienze cognitive secondo le quali esiste un preciso circuito neurale responsabile di ognuno di questi processi  (Ochsner, 2008).

Il complesso disegno sperimentale utilizzato, prevede la somministrazione ai 20 partecipanti di una serie di immagini a diversa intensità emotiva (elevato, medio, basso arousal) e rispetto alle quali era chiesto loro di: 1) porre attenzione per alcuni secondi alla propria emozione, o meglio alla propria risposta emotiva interna di fronte all’immagine, 2) descriverla con un’etichetta generica  (neutra, negativa, positiva) e 3) giudicare l’intensità della propria risposta.

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I risultati? L’abilità di identificare e descrivere le proprie emozioni e i propri stati affettivi coinvolgerebbe tre sistemi tra loro separati, e dunque separabili in caso di danno cerebrale o altra psicopatologia, ma solo il lavoro integrato dei tre permetterebbe di ottenere il risultato migliore o, almeno, il più ricco di dettagli.

Lo strano caso della coscienza. Immagine: © puckillustrations - Fotolia.com
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Il primo sistema, che ci consente di osservare “come stiamo” e sembra legato alla specifica attività della corteccia prefrontale dorso mediale, responsabile dunque della nostra primaria capacità autoriflessiva. Il secondo sistema permette invece di denominare “cosa sentiamo” e pone le basi della nostra capacità di “meta-ragionare” sulle emozioni; i circuiti neurali preposti a questo sono quelli della corteccia prefrontale ventrolaterale. Infine, il terzo ed ultimo sistema coinvolge l’amigdala e l’insula anteriore, responsabili insieme ad altre strutture sottocorticali della risposta emotiva più istintiva (“quanto sentiamo”) e dell’arousal fisiologico conseguente. Fondamentali motori del nostro agire!

Insomma, rispetto alle abilità coinvolte nelle esperienze emotive, ora sappiamo che l’integrazione di questi tre sistemi offre una visione completa, integrata e più “solida” dell’esperienza vissuta.

Insomma, quando stiamo male diventiamo meno capaci di riconoscere le nostre emozioni e di descriverle, togliamo loro spessore e profondità, a volte colore e intensità e in alcuni casi le nostre descrizioni possono risultare impressionistiche e prive di dettagli o talora completamente appiattite…

A quanto pare letteralmente!

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