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Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI)

Uno dei test più usati per diagnosticare problemi sociali, di personalità e comportamentali è il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI)

Uno dei test più utilizzati in ambito clinico e forense: il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI). Il Minnesota Multiphasic Personality Inventory è realizzato per diagnosticare i problemi sociali, di personalità e comportamentali nei pazienti psichiatrici. Questo test fornisce informazioni utilizzabili per la diagnosi e il trattamento del paziente, per lo screening in ambito lavorativo, per le perizie psichiatriche, in ambito di consulenza familiare e matrimoniale, e in ambito militare.

MMPI

Il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI): Storia

Il Minnesota Multiphasic Personality Inventory ( MMPI ) è stato costruito, come suggerisce il titolo, presso l’Università del Minnesota, durante la Seconda Guerra Mondiale.

L’ MMPI è stato sviluppato in più fasi, di cui la prima riguarda solo ed esclusivamente l’identificazione e la diagnosi dei disturbi psichiatrici, successivamente sono state aggiunte scale riguardanti anche il funzionamento generale. Alla costruzione del test hanno partecipato psicologi e psichiatri, in un momento in cui si stava verificando una crisi nell’ambito della salute mentale dovuta al cercare di rendere scientifica la diagnosi psichiatrica. Chiaramente, per poter ottenere diagnosi oggettivamente riproducibili era necessario costruire un test che fosse in grado di rilevare realisticamente la presenza di patologia psichiatrica.

Così, nacque l’ MMPI, misura tipicamente per adulti atta a stimare la psicopatologia e a rilevare le diverse strutture di personalità.

Nel 1937, Starke R. Hathaway, psicologo clinico, e J. Charnley McKinley, neuropsichiatra, hanno sviluppato un primo strumento diagnostico che fosse utile alla pratica clinica e in grado di individuare la gravità della patologia psichiatrica presentata da un soggetto. Questo nuovo test prese spunto da questionari già esistenti sulla personalità, principalmente di tipo proiettivo organizzati su stimoli non strutturati a cui il soggetto risponde proiettando le caratteristiche del proprio funzionamento psicologico (es. il test di Rorschach), considerati troppo influenzabili da parte dello sperimentatore e quindi non in grado di fornire misure oggettive. Per questo i due autori decisero di adottare un approccio empirico da cui partire per costruire scale in grado di rilevare una vasta gamma di psicopatologia psichiatrica (Hathaway & McKinley, 1942). Col passare del tempo, il test è stato sottoposto a diverse revisioni fino a raggiungere una versione piuttosto completa alla fine degli anni ’50. Di conseguenza, l’ MMPI è diventato la misura oggettiva più utilizzata della personalità e della psicopatologia in generale, sia in ambito clinico sia di ricerca.

Hathaway & McKinley partirono dalla elicitazione di circa mille affermazioni (item) riguardanti una vasta fetta di psicopatologia, che sottomisero a un gruppo di pazienti con diversi disturbi clinici, tra cui ipocondria, depressione, isteria, paranoia, ansia, rabbia, etc., afferenti all’Ospedale dell’Università del Minnesota, che costituirono il gruppo sperimentale, e a un gruppo di soggetti appartenenti alla popolazione generale, gruppo di controllo. Lo scopo era individuare gli item più selettivi e discriminativi della presenza di psicopatologia.
Si ottenne, in questo modo, una prima versione del test composta da 504 item divisi in 10 sotto-scale cliniche e 3 di validità che permettevano di controllare le risposte attribuite dai soggetti.

Le risposte sono rilevate attraverso una scala dicotomica del tipo “Vero-Falso” che porta a ottenere, quantitativamente, dei profili psicopatologici relativi al soggetto che si sottopone al test. La scelta di questo formato di risposta è dettato dall’esigenza di limitare la presenza di elementi non quantificabili e oggettivamente rilevabili. Quindi, l’ MMPI consente di ottenere una descrizione clinica globale del paziente e i punteggi ottenuti possono essere interpretati in maniera multi-assiale ovvero confrontando più parametri contemporaneamente. Inoltre, è un test altamente discriminante tra soggetti affetti da patologia e sani e, chiaramente si tratta di un test standardizzato e con un sistema di controllo di risposte tra i più accurati.

Esistono diverse versioni del test, perché negli anni è stato revisionato più volte eliminando item vecchi e riformulando altri più adeguati alla cultura vigente.

Dalla prima versione dell’ MMPI si è passati all’ MMPI-1 costituito da 506 item, poi si ebbe una versione ridotta (MMPI-1 forma ridotta) a 357 item, fino alla versione attualmente in uso, l’ MMPI-2 formata da 567 item.

Successivamente, nel 1996 un gruppo di studiosi presieduto da Butcher, dell’università del Minnesota, revisionarono l’ MMPI, ottenendo una nuova versione. In Italia l’adattamento e la taratura è stata affidata a Pancheri e Sirigatti e pubblicata da Giunti O.S. nel 1995. Il campione utilizzato per la standardizzazione italiana è di 1375 soggetti divisi in 403 maschi e 972 femmine.

La nuova versione del test prese il nome di MMPI-2 e manteneva la struttura di base del test precedente, 3 scale di validità, risposta dicotomica, e 10 scale di base, a cui si aggiunsero le scale supplementari e di contenuto. Il numero totale di item che formavano il test era di 567.

Struttura del test MMPI-2

Ci occuperemo di analizzare nel dettaglio solo l’ MMPI-2 perché più completo e mantiene la struttura di base presente in tutte le versioni precedenti di MMPI, ovvero scale di contenuto e scale di base.

Dalla somministrazione del test si ottengono degli psicogrammi o profili di funzionamento del paziente che permettono di individuare un funzionamento generale e clinico del soggetto.
Il test è composto da 3 scale di validità, più 3 aggiunte successivamente e 10 cliniche di base.

Le scale di validità sono:

  • scala L, lie, menzogna, costruita per rilevare il tentativo di attribuire risposte fasulle, ingraziandosi, in qualche modo, lo sperimentatore;
  • scala K, correction, permette di riadattare correggendo i punteggi delle altre scale o può indicare a livello psicopatologico la difesa, evitamento di qualcosa;
  • scala F, infrequency, infrequenza, simulazione, è in grado di rilevare la presenza di risposte atipiche.

Queste scale riguardano la validità del test e, dunque, valori fuori norma indicano l’inutilizzabilità dei dati presenti nel questionario. Possono, inoltre, avere anche un valore clinico interpretabile unitamente agli altri parametri presenti all’interno del test (schemi di diamond o per assi).

In questa versione del test sono state introdotte altre tre scale di controllo:

Back F, VRIN, e TRIN, tutte scale in grado di rilevare risposte non pertinenti, inconsistenti e incoerenti date al test. Inoltre, è stata inserita anche una scala?, Non so, che indica gli item a cui non si è data una risposta. Quindi, punteggi elevati in queste scale rendono non valido il test.

I protocolli con 30 o più elementi omessi devono essere considerati non validi e non interpretabili.

Le scale cliniche o di base sono:

  • 1. scala Hs, ipocondria
  • 2. scala D, depressione
  • 3. scala Hy, isteria
  • 4. scala Pd, deviazione psicopatica
  • 5. scala Mf, mascolinità/femminilità, maschi/femmine
  • 6. scala Pa, paranoia
  • 7. scala Pt, psicastenia
  • 8. scala Sc, schizofrenia
  • 9. scala Ma, ipomania
  • 10. scala Si, introversione sociale

Fondamentalmente, con l’ MMPI 2 si indagano tre aree: l’area nevrotica formata dalle scale Hs, D ed Hy, l’area sociopatica, Pd ed Mf, e l’area psicotica composta da Pa, Pt ed Sc.

Le 15 scale di contenuto approfondiscono diversi aspetti della personalità e insieme a quelle cliniche permettono di valutare il grado di presenza nelle varie patologie dei singoli sintomi.

  • 1. Scala ANX, Ansia
  • 2. Scala FRS, Paure
  • 3. Scala OBS, Ossessività
  • 4. Scala DEP, Depressione
  • 5. Scala HEA, Preoccupazioni per la salute
  • 6. Scala BIZ, Ideazione bizzarra
  • 7. Scala ANG, Rabbia
  • 8. Scala CYN, Cinismo
  • 9. Scala ASP, Comportamenti antisociali
  • 10. Scala TPA, Tipo “A”
  • 11. Scala LSE, Bassa autostima
  • 12. Scala SOD, Disagio sociale
  • 13. Scala FAM, Problemi familiari
  • 14. Scala WRK, Difficoltà sul lavoro
  • 15. Scala TRT, Difficoltà di trattamento

La 15 Scale supplementari approfondiscono temi propri alle scale di base e sono definite anche speciali perché in grado di identificare un quadro più specifico utilizzabile al meglio per l’individuazione del trattamento terapeutico:

  • scala A, indica la presenza di ansia
  • scala R, Repressione, sottomissione o convenzionalità
  • Scala Es, trarre vantaggio dal trattamento psicoterapeutico
  • Scala MAC-R, presenza di dipendenza da sostanza
  • Scala O-H, Ostilità ipercontrollata o frustrazione
  • Scala Do, tendenza a essere Leader
  • Scala Re, Responsabilità sociale
  • Scala Mt, Disadattamento scolastico degli studenti
  • Scala Gm, percezione del ruolo sessuale maschile
  • Scala Gf, percezione del ruolo sessuale femminile
  • Scala Pk, presenza di Stress post-traumatico
  • Ps: la scala Ps, Stress post-traumatico, indica la presenza di sintomi collegabili ad un disturbo da stress post-traumatico
  • MDS: la scala MDS, disagio coniugale, indica la presenza di contrasti di rilievo nella relazione di coppia
  • APS: la scala APS, Tossicodipendenza potenziale, indica la potenzialità di sviluppare dipendenza da sostanze
  • AAS: la scala AAS, Tossicodipendenza ammessa.

Inoltre, sono state introdotte nel tempo ulteriori scale, riferendosi a gruppi di disturbi specifici. Queste, rivestono particolare importanza nell’interpretazione del profilo e sono le sottoscale di Harris e Lingoes:

  • D1 depressione soggettiva
  • D2 rallentamento psicomotorio
  • D3 disfunzioni fisiche
  • D4 inefficienza mentale
  • D5 rimuginio
  • Hy1 negazione di ansia sociale
  • Hy2 bisogno d’affetto
  • Hy3 stanchezza-malessere
  • Hy4 disagio somatico
  • Hy5 inibizione dell’aggressività
  • Pd1 contrasti familiari
  • Pd2 problemi con l’autorità
  • Pd3 imperturbabilità sociale
  • Pd4 Alienazione sociale
  • Pd5 autoalienazione
  • Pa1 idee persecutorie
  • Pa2 suscettibilità
  • Pa3 ingenuità
  • Sc1 alienazione sociale
  • Sc2 alienazione emozionale
  • Sc3 perdita controllo dell’Io, cognitiva
  • Sc4 perdita conativa
  • Sc5 perdita mancanza d’inibizione
  • Sc6 esperienze sensoriali bizzarre
  • Ma1 amoralità
  • Ma2 accellerazione psicomotoria
  • Ma3 impertubabilità
  • Ma4 ipertrofia dell’Io

e le sottoscale di Hostetler et al.:

  • Si1, timidezza
  • Si2, evitamento sociale
  • Si3 alienazione personale e sociale.

Queste sotto-scale consentono di discriminare quali variabili psicologiche determinano l’innalzamento delle scale cliniche di base

Altre versioni dell’ MMPI

Esiste una versione specifica per la valutazione degli adolescenti: l’ MMPI-A, dove A corrisponde ad adolescenti di età compresa tra i 14 e i 18 anni. L’ MMPI-A è composto da 478 item e include le stesse 13 scale dell’ MMPI-2, scale di base e di controllo, le scale fattoriali di Ansia e Depressione, le scale di Mac-R per l’Alcolismo, Tossicodipendenza potenziale e Ammissione di tossicodipendenza e 14 scale di contenuto. Il tempo di somministrazione è di circa 50’ e la somministrazione può essere individuale e collettiva.

Il calcolo dei punteggi

Generalmente, chi totalizza punteggi alti all’ MMPI mostra la presenza di problemi psichici; i punteggi medi indicano un adattamento alla patologia considerata e i punteggi bassi suggeriscono l’assenza di patologia.

Le scale devono essere interpretate in un’ottica multiassile e alla luce dell’ individuazione di un profilo generale ottenibile dal soggetti, perché considerate singolarmente potrebbero indurre in false interpretazioni dovute al fatto che le categorie diagnostiche risentono, ancora in qualche modo, nonostante le molte revisioni, di una visione kraepeliniana di patologia mentale. Per questo, è preferibile attribuire alle scale cliniche una numerazione convenzionale senza entrare nello specifico della patologia. Questa modalità di codifica è il CODE-TYPE che prende spunto dal metodo di Welsh, secondo cui per delineare i tratti salienti di personalità è sufficiente identificare le scale a cui si sono ottenuti punteggi alti, rispettando la seguente numerazione:
Hs (1) D (2) Hy (3) Pd (4) Mf (5) Pa (6) Pt (7) Sc(8) Ma (9) Si (0)

Il MMPI- 2 può essere somministrato a soggetti al di sopra dei 16 anni, che abbiano acquisito un livello culturale tale da permettere loro di rispondere al questionario, e a soggetti con al massimo 65 anni di età.
Dal totale ottenuto al test si ricava un punteggio grezzo, che deve essere trasformato in punti T (standardizzati, trasformazione lineare dei dati) per essere interpretato. Esistono punteggi diversi divisi per sesso, ma in ogni caso il punteggio medio totalizzabile è 50 con deviazione standard pari a 10. Punteggi T uguali o superiori a 65, che corrispondono al 92° percentile per scale cliniche e per le scale di contenuto, indicano la presenza di patologia.

Attualmente, esistono sistemi automatizzati per il calcolo del punteggio, tra cui il più noto è il “Panda” che consente una immediata individuazione del profilo e una pronta interpretazione dei risultati.
Il test si interpreta tenendo conto dello psicogramma totale ottenuto dal soggetto e non rispetto alle singole scale. Quindi, è necessario valutare il profilo nel suo insieme, giungendo a una corretta interpretazione dei risultati solo comparando il valore delle varie scale cliniche e di controllo.

In ogni caso, esistono molti testi redatti per riuscire a stilare e interpretare i punteggi ottenuti all’ MMPI. La ricchezza dei contenuti clinici rilevabile rende questo test un ottimo strumento in grado di rilevare problematiche psicologiche ed effettuare inquadramenti personologici utilizzabili in diversi ambiti.

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