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Controllo inibitorio

Nella letteratura scientifica si parla di controllo inibitorio per riferirsi ad un insieme di capacità che permette all’individuo di regolare il proprio comportamento, in modo da produrre una risposta adeguata rispetto all’obiettivo che ci si è posti.

Nella letteratura scientifica si parla di capacità di inibizione o di controllo inibitorio per riferirsi ad un insieme di capacità che permette all’individuo di regolare il proprio comportamento, in modo da produrre una risposta adeguata rispetto all’obiettivo che ci si è posti o al contesto sociale in cui ci si trova.

Controllo inibitorio: definizione

Nella letteratura scientifica si parla di “capacità di inibizione” o di “ controllo inibitorio ” (inhibitory control) per riferirsi ad un insieme di capacità che permette all’individuo di regolare il proprio comportamento, in modo da produrre una risposta adeguata rispetto all’obiettivo che ci si è posti o al contesto sociale in cui ci si trova.

Più precisamente, la capacità di inibizione è definita come l’abilità di reprimere un’azione dominante, o impulsiva, per metterne in atto una sub-dominante, più adattiva.

Il controllo inibitorio indica appunto la capacità di controllare l’interferenza di alcuni stimoli irrilevanti al fine di proseguire nel proprio piano di azione. Rientra tra le Funzioni Esecutive, le quali sono responsabili del controllo inibitorio del comportamento e della regolazione delle emozioni e l’alterazione di queste due dimensioni può essere la causa di comportamenti aggressivi. Le funzioni esecutive sono, infatti, quelle abilità che permettono di anticipare, progettare, stabilire obiettivi, attuare progetti finalizzati ad uno scopo, monitorare e modificare il proprio comportamento per adeguarlo alle nuove condizioni ambientali. Le aree prefrontali sono ritenute responsabili delle attività mentali superiori dell’uomo.

Controllo inibitorio: definizione, lo sviluppo nel bambini e i possibili deficit

Si tratta di un’abilità che tutti, in diversa misura, mettiamo in pratica nella vita di tutti i giorni. Pensiamo, ad esempio, a quando decidiamo di seguire una dieta, o a quando scegliamo di mettere da parte dei soldi per acquistare qualcosa che desideriamo molto.

Entrambe queste situazioni riflettono un conflitto interno di fondo, un conflitto tra motivazioni opposte: da una parte, la tendenza ad avere una gratificazione immediata (reazione impulsiva), come mangiare una fetta di torta al cioccolato o spendere subito i propri soldi in cose futili; dall’altra, la motivazione ad “inibire” il comportamento impulsivo (risposta adattiva) per ottenere qualcosa di più significativo nel futuro, come tornare in forma o poter acquistare i biglietti aerei per un viaggio sognato da molto tempo.
In entrambi i casi, la capacità di inibizione ci permette di ostacolare la risposta più impulsiva ed immediata e di ottenere una gratificazione maggiore, anche se questo significa posticiparla nel tempo.

Tale capacità è funzionale a molteplici attività e risulta correlata ad altri importanti processi cognitivi e sociali, come la memoria, l’attenzione, la socializzazione e la cooperazione. In genere, una persona che presenta più alti livelli di controllo inibitorio, possiede anche un maggiore livello di adattamento rispetto all’ambiente in cui vive, mostra maggiore competenza sociale e compie scelte più sagge. Infatti, una persona con un buon autocontrollo è più probabile che riesca ad inibire reazioni aggressive in situazioni conflittuali, a fare qualche sacrificio per il bene comune e a rispettare regole sociali condivise.

La capacità di inibizione in età evolutiva

Il controllo inibitorio è molto complesso e la sua acquisizione avviene in modo molto graduale. Tuttavia, i primi segni di regolazione comportamentale si possono riscontrare sin dalla più tenera età. Infatti, già a partire dai 6-12 mesi di vita, ma soprattutto fra i 12 e i 18 mesi, il bambino comincia a comprendere le prime regole sociali, prevalentemente veicolate dalle sue principali figure di attaccamento. In questo periodo si può cominciare a notare nel bambino una sempre maggiore attenzione alle indicazioni dell’adulto e una progressiva aderenza alle richieste che arrivano dal mondo esterno.

Dai 2 anni in poi, il bambino mostra le prime capacità di attesa, ad esempio quando deve aspettare per poter giocare con un oggetto che a lui piace molto. In questa fase, è possibile osservare anche le prime forme di interiorizzazione di divieti e regole: anche in assenza dell’adulto, il bambino può provare a regolarsi da solo, tenendo a mente la voce della mamma che gli dice di fare o non fare qualcosa.

Il periodo in cui si avranno maggiori progressi nel campo dell’ autoregolazione e della capacità di inibizione, sarà comunque l’età prescolare, tra i 3 ed i 6 anni di vita. A questo punto del suo cammino evolutivo, il bambino sviluppa una sempre maggiore e forte capacità di controllare il proprio comportamento, in presenza e in assenza dell’adulto. Per questo, si passa da una regolazione basata prevalentemente sul sostegno dell’adulto ad una vera e propria auto-regolazione.

Il paradigma del ritardo della gratificazione

Nello scenario scientifico internazionale degli ultimi 30 anni, ha assunto particolare rilievo, nello studio delle capacità di controllo inibitorio dei bambini in età prescolare, il paradigma del “ritardo della gratificazione”. Il ritardo della gratificazione (o delay of gratification) richiama quanto esposto sopra e si riferisce alla capacità di ritardare una gratificazione immediata con lo scopo di ottenere una gratificazione più grande nel futuro.

Uno dei primi ricercatori ad indagare tale costrutto è stato lo Psicologo austriaco Walter Mischel (Vienna, 22 febbraio 1930), che, tra gli anni ’70 e ’90, insieme ai suoi collaboratori, mise a punto una serie di compiti in cui veniva testata, con modalità differenti a seconda della tipologia di prova, la capacità di attendere in bambini prescolari. Fra tutti, preme ricordare la celebre prova del marshmallow test. In questa prova, il bambino è posto di fronte ad uno stimolo accattivante, ovvero una caramella (marshmallow) e gli si dice che, se vuole ottenere due caramelle anziché una, deve aspettare il ritorno dell’adulto. Se la vuole mangiare subito invece, può farlo, ma non otterrà la seconda caramella. Viene scelto uno stimolo altamente desiderato dal bambino per suscitare il conflitto motivazionale sopra-citato: da una parte il bambino vorrebbe mangiare subito la caramella (azione dominante o impulsiva), dall’altra, per averne di più, sa che dovrà aspettare del tempo (azione sub-dominante o adattiva).

I deficit del controllo inibitorio nei bambini

Il controllo inibitorio si osserva quando il bambino è in grado di perseverare nella sua azione principale senza distrazioni. Invece, un deficit del controllo inibitorio si osserva ad esempio nei bambini affetti da ADHD i quali risultano spesso impulsivi, incapaci di prevedere gli eventi carichi emotivamente e le conseguenze delle proprie azioni sugli altri. Nei bambini con ADHD e disturbi del comportamento spesso coesistono, infatti, difficoltà nelle funzioni esecutive e affettive.

Sia il controllo inibitorio sia la regolazione degli impulsi dipendono anche dal contesto in cui il bambino cresce: si tratta, infatti, di processi interpersonali influenzati sia dal temperamento del bambino sia dalla responsività genitoriale (Greenberg, Kusche, Spelz, 1991). Nei bambini con ADHD, ad esempio, diversi fattori familiari possono essere legati alla disattenzione e all’impulsività del bambino.

Deficit nel controllo inibitorio nel DOC e nel GAP

Il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) e il Gioco d’Azzardo Patologico (GAP) sebbene rappresentino due quadri psicopatologici ben distinti, mostrano alcune analogie sintomatologiche comuni. Infatti, diversi studi hanno osservato che la causa dei comportamenti compulsivi nel DOC è ascrivibile ad un deficit del controllo inibitorio similmente a quanto verificato per il comportamento impulsivo presente nel GAP. Il deficit del controllo inibitorio è alla base della relazione tra impulsività e compulsività e sarebbe ascrivibile a precisi meccanismi neuropsicologici sottostanti entrambi i costrutti. Compulsività e impulsività rappresenterebbero quindi il polo opposto della stessa medaglia.

Tenendo in considerazione che nel DOC la compulsività è legata all’obiettivo di evitare l’evento minaccioso durante la fase del conflitto decisionale, implicando il coinvolgimento del controllo attenzionale, mentre nel GAP l’impulsività all’azione è scatenata dal deficit del discontrollo motorio, abbiamo ipotizzato che il deficit del controllo inibitorio comune ad entrambi i disturbi si localizzi in aree cerebrali contraddistinte.

Obiettivo dello studio è stabilire a quale livello di elaborazione delle informazioni si colloca il deficit del controllo inibitorio riscontrato sia nel DOC che nel GAP. Ci aspettiamo che il deficit del controllo inibitorio nel GAP si collochi nella fase di selezione delle risposte motorie e viceversa nel DOC si manifesti nella fase del controllo attenzionale, stabilendo pertanto una differenziazione tra la fase di percezione dello stimolo e la fase finale di emissione della risposta motoria.

Bibliografia:

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