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Dal gemello “sacrificato” alla rinascita della individualità – PARTE 2

Gemello “sacrificato” - I Danzamovimento Terapeuti utilizzano il linguaggio preverbale come fonte di conoscenza per intraprendere un processo di cura.

Di Redazione

Pubblicato il 11 Ott. 2013

Alessandra Cocchi.

 

Dal gemello “sacrificato” alla rinascita della individualità

Un intervento di Danza Movimento Terapia

PARTE 2

Gli strumenti metodologici della DMT

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Dal gemello “sacrificato” alla rinascita della individualità – PARTE 2. - Immagine:© vic&dd - Fotolia.com Dal gemello “sacrificato” alla rinascita della individualità – Il lavoro dei Danzamovimento Terapeuti formati da ATI si propone di utilizzare il linguaggio primitivo preverbale come fonte di conoscenza per intraprendere un processo di cura: grazie a tale processo si potranno tradurre in parole o in linguaggio simbolico le esperienze psicofisiche primitive che fondano l’essere della persona e che possono essere fonte di disagio o psicopatologia.

Nel caso specifico di L. è stato importantissimo il setting di terapia individuale, per potere lavorare accuratamente in un rapporto esclusivo, sulle aree di carenza originaria del paziente, agendo sulle parti deprivate, permettendogli una “seconda nascita”, e procedendo in un rapporto evolutivo e di riconoscimento dei significati esistenziali delle sue azioni.

Grazie dunque al sostegno di uno spazio dedicato e di un contenitore stabile (l’holding environment di Winnicott), dato dal setting e dalla presenza empatica e sintonizzata del terapeuta, si può dare sostegno al Sé grandioso scisso del paziente, ricreando in prima battuta inizialmente lo spazio protetto dove questi possa vivere l’illusione di un rapporto avvolgente e esclusivo; allo stesso tempo, si creano i presupposti di un contenitore che accolga e moduli le esperienze della parte deprivata e debole nel successivo momento del distacco, della differenziazione, della disillusione, dando così asilo sia alla parte grandiosa, sia alla parte deprivata dell’individuo.

Vi sono così le condizioni per agire in un ambiente protetto e sicuro che permette al paziente di relazionarsi col terapeuta come a un oggetto d’uso (Winnicott) e come a un Oggetto-Sé materno (Kohut) nei termini riparativi di una regressione al servizio dell’Io.

Il mio lavoro con L. è stato pensato e condotto secondo i principi e gli strumenti metodologici della Danzamovimento Terapia come è insegnata nella Scuola di Art Therapy Italiana (ATI). Il lavoro dei Danzamovimento Terapeuti formati da ATI si propone di utilizzare il linguaggio primitivo preverbale come fonte di conoscenza per intraprendere un processo di cura: grazie a tale processo si potranno tradurre in parole o in linguaggio simbolico le esperienze psicofisiche primitive che fondano l’essere della persona e che possono essere fonte di disagio o psicopatologia. 

La DMT si è rivelata efficace per accedere ai vissuti primitivi  annidati nella memoria somatica preverbale di L., gemello rifiutato e “sacrificato”.

L’attenzione alla sfera non verbale della relazione, l’osservazione del corpo e del movimento attraverso gli strumenti del sistema di analisi del movimento Laban (LMA), del Kestenberg Movement Profile (KMP) e dei patterns di connessione corporea di Peggy Hackney, permette di riconoscere  nelle forme, nei ritmi e nelle variazioni del tono muscolare una biografia degli affetti, e agevola a individuare le difese insediatesi nella muscolatura per stabilire la modalità e il livello di relazione oggettuale del paziente. Si possono così formulare interventi clinici congruenti e riconoscere i messaggi nascosti presenti nel movimento del paziente e del terapeuta che vi interagisce: si possono così presentare al paziente esperienze (object presenting) nella forma di azioni e movimenti intenzionali di movimento (handling).

L’ascolto profondo delle tematiche somatiche controtransferali, aiuta il terapeuta a leggere nel proprio corpo e successivamente propri pensieri quello che accade nel contatto col paziente.

Grazie alla disciplina del Movimento Autentico, la quale “aiuta a sviluppare il ruolo del terapeuta come testimone non giudicante, non proiettante e non interpretante, a incrementare la conoscenza e la consapevolezza dei propri movimenti e degli stati psicocorporei a essi associati, del funzionamento dei meccanismi associativi, proiettivi, interpretativi relativi al movimento, e a comprendere i modi in cui siamo propensi a fare proiezioni e i modelli inconsci che adottiamo in relazione a incontri e relazioni specifiche con l’altro e con eventi specifici.” (Govoni 2012).

Ciò è funzionale al  mantenere attive le capacità di pensare e aperta la ricezione e la comunicazione empatica con pazienti che non sono in contatto con il nucleo originario del Sé, e tendono a mostrare una immagine di sé cristallizzata nella grandiosità, sottraendosi alle esperienze frustranti e spaventose in cui il sé deprivato diviene visibile.

In DMT il terapeuta si serve di modalità di rispecchiamento empatico analoghe a quelle descritte da  Winnicott e Kohut: in questi momenti il terapeuta, come la madre, funziona come uno specchio, che fornisce al paziente un riflesso dei suoi gesti e della sua esperienza, in cui egli si riconosce. In queste interazioni il terapeuta mette in atto una capacità di sintonizzazione affettiva (Stern), simile a quella della madre che dà senso all’esperienza soggettiva preverbale del bambino, interpretandone accuratamente i suoi stati affettivi interni a partire dalla loro intensità, ritmo e forma (Pieraccini 2012).

Dopo questa iniziale esperienza, si può poi attivare una sperimentazione individuale di modalità nuove di movimento, sostenute, modulate e accolte dal terapeuta, abbandonando il rispecchiamento: qui il ruolo del terapeuta diviene più “paterno”, e permette al paziente l’esplorazione di sé nella realtà.

Nel lavoro col corpo, l’uso di specifici materiali facilitatori si rivela utilissimo nel riattivare le connessioni corporee (Hackney), favorendo la scoperta e l’evoluzione di qualità di movimento e affettive che richiedono una sperimentazione, uno sviluppo e un consolidamento. In questo modo si può raggiungere un personale stile di movimento in una forma intenzionale, giungendo a una interazione efficace col mondo reale. 

E’ poi necessaria una lettura della dimensione simbolica del movimento, e l’attribuzione di forma e significato all’esperienza somatica dell’individuo; questa permette di tradurre l’esperienza del corpo in linguaggio metaforico, divenendo consapevoli delle connessioni fra le proprie componenti emotive, affettive, cognitive.

Dai movimenti e dalle azioni del corpo si può passare a nominare i vissuti e i sentimenti che vi erano sotto i gesti, sotto il movimento; si attua uno scarto da un’attività legata al fantasticare (Winnicott) a un racconto narrativo legato alla biografia del paziente, in cui si possono affrontare –nominandoli e significandoli- elementi simbolici e reali relativi a vissuti di rabbia, gelosia, esclusione, abbandono, timore di “non farcela”, “non essere capace”, non piacere, non essere amato, non essere “normale”… e rendere concreto il desiderio del paziente di essere preso sul serio, di agire sul reale, grazie a una maggiore consapevolezza delle sue rappresentazioni mentali che egli ora può riconoscere e collegare significativamente coi propri pensieri, emozioni e proprie azioni, in un vissuto di  maggiore genuinità esistenziale, anche proiettata nel futuro.

 

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