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Il concetto di solitudine

La solitudine è uno dei fenomeni psicologici meno concettualizzati; in questo articolo passiamo in rassegna le definizioni di solitudine più diffuse

Di Francesca Naldi

Pubblicato il 05 Giu. 2023

La crescente consapevolezza che le relazioni sociali svolgono un ruolo fondamentale nel benessere psicologico ha portato i ricercatori della salute mentale ad approfondire il lavoro sulla solitudine e sul supporto sociale.

Introduzione

 La solitudine è un’esperienza umana universale, complessa e unica per ogni individuo, che può estendersi dalla separazione temporanea dai propri cari a uno stato più permanente di disconnessione associato a una malattia mentale o fisica.

Negli ultimi decenni, c’è stata una crescente quantità di ricerca empirica sulla solitudine che ha coinvolto una serie di definizioni. Molti ricercatori contemporanei riconoscono che la solitudine e l’isolamento sociale sono costrutti diversi. Tuttavia, questa distinzione teorica non sempre trova pieno riscontro nella ricerca empirica sulla solitudine, né tanto meno negli interventi per alleviarla.

La solitudine è un fattore di rischio per la morbilità e la mortalità negli esseri umani (Cacioppo & Patrick, 2008). Può essere transitoria – conseguenza di circostanze esterne come un lutto, un cambiamento di città o di cerchia sociale o dalla lontananza da amici, familiari o partner – oppure può essere un’esperienza cronica. Queste osservazioni hanno sollevato la questione se la solitudine debba essere caratterizzata come una patologia a sé stante e se mitigare la solitudine debba essere un obiettivo chiave per i clinici (Heinrich & Gullone, 2006). Risulta dunque fondamentale chiarire il concetto di solitudine a causa dei suoi effetti negativi sulla salute fisica e mentale.

La recente rassegna di Motta (2021) fornisce le definizioni di solitudine più condivise in letteratura.

Le definizioni di solitudine

Il primo tipo di definizione si basa sui bisogni sociali. I ricercatori sottolineano il ruolo delle influenze precoci nel generare e mantenere la solitudine (Weiss, 1973). La causa della solitudine, secondo questo approccio, è l’assenza di relazioni che permettono di soddisfare i bisogni sociali intrinseci di una persona. Questa prospettiva si ispira anche alla teoria dell’attaccamento di Bowlby (1969), che propone che legami precoci sicuri siano necessari per sviluppare la vicinanza nei legami sociali più avanti nella vita. Se si verificano disturbi precoci nei legami di attaccamento, ciò può portare a difficoltà nello sviluppo delle relazioni.

Il secondo tipo di definizione si basa sulla discrepanza cognitiva. Sebbene enfatizzi le conseguenze affettive della solitudine, questo tipo di definizione propone che i processi cognitivi ne siano la causa, definendola come lo stato di avversione sperimentato quando c’è una discrepanza tra le relazioni interpersonali che una persona vorrebbe avere e quelle che percepisce di avere (Peplau & Perlman, 1982). La prospettiva della discrepanza cognitiva si basa sulla teoria dell’attribuzione, suggerendo che il modo in cui le persone sole attribuiscono la causalità della loro condizione influenza il loro stato psicologico e la loro condizione.

Il terzo tipo di definizione deriva dall’approccio interazionista. Secondo questa visione, i tratti caratteriali (ad esempio, timidezza, introversione), interagiscono con fattori situazionali (ad esempio, ricoveri ospedalieri, trasferimenti o cambiamenti di vita) e culturali (ad esempio, le aspettative sui comportamenti nelle relazioni di coppia) per dare forma alle nostre relazioni sociali. Anche le aspettative sui ruoli che le persone dovrebbero svolgere hanno un’influenza (Heinrich & Gullone, 2006) sulla quantità e qualità delle relazioni sociali.

 Il quarto tipo di definizione presenta la solitudine come indicativa di deficit nelle relazioni sociali. Questa definizione si basa sul fatto che gli esseri umani sono esseri sociali con un bisogno essenziale di appartenenza. Quando questo bisogno non viene soddisfatto, emergono esperienze emotivamente dirompenti, come la solitudine. In questo caso, la solitudine è radicata in specifiche percezioni, valutazioni e risposte alla realtà interpersonale e si manifesta attraverso comportamenti, sentimenti e cognizioni strettamente correlati tra loro (Jones, 1982).

Anche il quinto tipo di definizione considera la solitudine come una conseguenza del bisogno umano universale di appartenenza e quindi la vede come una parte inevitabile dell’esistenza umana. In quanto tale, la solitudine può essere vissuta da tutti, indipendentemente dall’età, dal contesto economico, dallo stato sociale o di salute (Frie, 2012).

Conclusioni

Le definizioni di solitudine qui esposte possono sollevare alcune questioni. La prima riguarda il fatto che la solitudine è caratterizzata da comportamenti, emozioni e pensieri specifici. Questo concetto è sottolineato da una visione della soggettività che identifica l’esperienza soggettiva con queste manifestazioni. La seconda riguarda l’eccessiva attenzione alla natura degli esseri umani come esseri sociali. Trascurare uno studio approfondito dell’esperienza soggettiva della solitudine porta a interventi il cui unico obiettivo è aumentare le interazioni sociali. Tali interventi partono dal presupposto che la solitudine sia la stessa cosa dell’isolamento sociale. Ciò mina la distinzione ampiamente riconosciuta tra solitudine e isolamento sociale oggettivo (uno stato di assenza di contatti con altre persone). Cioè, anche quando la solitudine è caratterizzata da indici oggettivi e quantitativi delle relazioni sociali (come la frequenza dei contatti sociali o il numero di amici), è maggiormente influenzata dalle valutazioni soggettive di queste relazioni, come la soddisfazione per le relazioni o l’accettazione sociale percepita come risultato di tali relazioni (Motta, 2021).

Esplorare tali questioni ha implicazioni per le future ricerche sul concetto di solitudine. Ciò consentirebbe a sua volta di progettare nuovi trattamenti e interventi.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bowlby, J. (1969). Attachment and loss, Vol. 1: Attachment. New York: Basic Books.
  • Cacioppo, J. T., & Patrick, W. (2008). Loneliness: Hu- man Nature and the Need for Social Connection. New York: W. W. Norton & Company.
  • Frie, R. (2012). The lived experience of loneliness: An existential-phenomenological perspective. In: Willock, B., Bohm, L. C., & Curtis, R. C. (Eds.), Loneliness and Longing: Conscious and Unconscious Aspects (pp. 29–37). New York: Routledge.
  • Heinrich, L. M., & Gullone, E. (2006). The clinical significance of loneliness: A literature review. Clinical Psychology Review, 26, 695–718.
  • Jones, W.H. (1982). Loneliness and social behavior. In: Peplau, L. A., & Perlman, D. (Eds.), Loneliness: A Sourcebook of Current Theory, Research and Therapy. New York: Wiley.
  • Motta, V. (2021). Key Concept: Loneliness. Philosophy, Psychiatry, & Psychology 28(1), 71-81.
  • Peplau, L. A., & Perlman, D. (1982). Perspectives on loneliness. In L. A. Peplau & D. Perlman (Eds.), Loneliness: A sourcebook of current theory, research and therapy (pp. 1−18). New York: Wiley.
  • Weiss, R. S. (1973). Loneliness: The Experience of Emotional and Social Isolation. Cambridge, MA: MIT Press.
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