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Economia e Neuroscienze, un connubio perfetto

Dall’esigenza di instaurare una collaborazione tra mondo economico e neuroscienze nasce la neuroeconomia, che comprende strumenti come il neuromarketing

Di Riccardo Pandini

Pubblicato il 12 Gen. 2021

Le continue evoluzioni in ambito tecnologico hanno permesso al neuromarketing di svilupparsi e insediarsi in molti settori chiave, alcuni inaspettati. Ecco un quadro della sua ascesa.

 

Negli anni si è studiato come il processo decisionale di acquisto attuato dall’uomo non si possa definire consapevole. La volontà di acquistare prodotti o servizi subisce infatti degli stimoli emotivi che successivamente si riflettono sul cervello e sulle decisioni stesse. In questo senso, il progresso tecnologico e il relativo sviluppo di soluzioni innovative hanno permesso all’approccio neuroscientifico di diventare uno strumento importante nell’indagine delle reazioni inconsce e del funzionamento del cervello durante la vita quotidiana. A tale proposito, il contesto sempre più frenetico che ci circonda gioca un ruolo fondamentale, favorendo il cambiamento delle abitudini di vita, di pensiero e di acquisto delle persone nei diversi settori come, per esempio, i social network, il mondo dello sport e la pubblicità.

Uno dei principali obiettivi del mercato di oggi è capire che cosa spinga i consumatori a scegliere un prodotto al posto di un altro o perché prediligano un marchio specifico (Cherubino et al., 2019). In questo modo risulta chiaro come ci sia un crescente interesse nel comprendere le risposte cerebrali che riflettono il processo decisionale dei consumatori (Cherubino et al., 2019). Da qui nasce l’esigenza di instaurare una collaborazione tra il mondo economico e le neuroscienze, così da creare una nuova area di studio nota come neuroeconomia, la quale si compone di svariati strumenti tra cui il neuromarketing che si prefigge di analizzare come il cervello umano percepisca, elabori, valuti e reagisca nel momento in cui viene sottoposto a degli specifici stimoli relativi a prodotti, marche e/o pubblicità.

Quando un’impresa decide di investire nei social network, ha come obiettivo quello di riuscire a connettersi con il proprio target di riferimento, andando a creare viralità e ottenendo una maggiore visibilità. Se consideriamo Instagram, il neuromarketing evidenzia come i post riguardanti i brand e pubblicati dagli influencer sembrino ottenere un maggiore riscontro rispetto a quelli pubblicati dal marchio stesso e con testimonial le celebrità tradizionali, perché capaci di raggiungere il proprio target con una maggiore naturalezza e credibilità (Mañas-Viniegra et al., 2020).

Il mondo sportivo si avvale del neuromarketing per migliorare l’esperienza dei tifosi e implementare la fedeltà al brand e il relativo appeal. Il neuromarketing in questo settore sta ottenendo risultati importanti perché fa leva sulla fedeltà psicologica individuale dei tifosi (valori, emotività e identità) e sul collegamento sociale che ne deriva, andando a costruire dei ‘luoghi sacri’ che fungano da comunità specifica del marchio (Thomas et al., 2017). Le società sportive che intendono avvalersi degli strumenti di neuromarketing, potranno investire negli impianti di nuova generazione che renderanno l’esperienza dei tifosi maggiormente coinvolgente e duratura, con forti sensazioni da vivere allo stadio e a casa (Thomas et al., 2017).

Poiché la cognizione umana può essere influenzata da stimoli subliminali che consentono di attivare particolari reazioni, il neuromarketing risulta essere fondamentale nell’analisi degli effetti che le varie pubblicità hanno sulle persone, creando ulteriore valore alla stessa (Hsu et al., 2020). Da qui la conclusione che la pubblicità e i relativi messaggi (anche banali, come per esempio l’utilizzo di una emoji sorridente) possano essere dei fattori in grado di influenzare le scelte dei consumatori (Hsu et al., 2020). Infatti, un sorriso è considerato quale segno sociale con un ruolo critico nel comportamento decisionale, andando ad aggiungergli valore e modellandolo (Hsu et al., 2020). Nello specifico, gli stimoli delle espressioni facciali vengono elaborati più velocemente di qualsiasi altro e le espressioni facciali emotive risultano essere le più efficaci, se percepite inconsciamente piuttosto che coscientemente (Hsu et al., 2020).

In conclusione, l’evolversi del neuromarketing sta facendo da regia nella creazione di nuove possibilità per le imprese, delineando uno scenario sempre più interessante e avvincente, oltre che complesso. Ma essendo una tematica di recente sviluppo, vi sono alcuni aspetti che meritano di essere ulteriormente approfonditi, quali il tema della privacy e dei costi da sostenere per le imprese che, però, non devono fungere da blocco. I vantaggi dell’uso del neuromarketing sembrano essere notevoli, ora sta solo a chi ne può usufruire di ottenere il massimo nel rispetto delle regole.

 

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