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Salute mentale in Italia: costi, bisogni e la proposta «Diritto a stare bene»

Un recente progetto di legge mira a istituire una rete nazionale di psicologia pubblica per garantire la salute mentale come diritto per tutti

Di Alessandro Ocera

Pubblicato il 25 Nov. 2025

Salute mentale in Italia: stato attuale

In Italia la salute mentale rappresenta una sfida crescente. Disturbi come ansia e depressione sono in aumento, complice anche la pandemia di COVID-19: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si è registrato un incremento di circa il 25% dei casi a livello globale nel primo anno della pandemia (OMS, 2022). Nel nostro Paese, si stima che una persona su sei soffra di un disturbo mentale, con ansia e depressione tra i più diffusi (circa 6.950 e 5.365 casi ogni 100.000 abitanti rispettivamente) (Sanità33, 2025). In particolare, il disagio psicologico colpisce soprattutto la popolazione in età lavorativa (20-64 anni), che rappresenta quasi i due terzi dei casi totali (Sanità33, 2025). Nonostante la diffusione del problema, solo il 57,9% delle persone con disturbi mentali riceve un trattamento adeguato (Sanità33, 2025). Le ragioni vanno dal persistente stigma alla carenza di risorse nei servizi pubblici territoriali, che si traducono in lunghe liste d’attesa e accessi limitati alle cure. Nel 2023 i Dipartimenti di Salute Mentale del Servizio Sanitario Nazionale hanno avuto in carico circa 770.000 pazienti, pari all’1,5% della popolazione (Ministero della Salute, 2023). Restano tuttavia esclusi almeno 2 milioni di italiani con disturbi anche gravi che non hanno ricevuto assistenza, rappresentando una preoccupante quota di “sommerso”, soprattutto tra le fasce più fragili (giovani, donne, anziani), spesso più esposte a depressione, ansia o dipendenze.

I costi della salute mentale: individui e società

Le conseguenze della scarsa assistenza si riflettono in costi notevoli sia per i singoli cittadini sia per la collettività. Dal punto di vista personale, intraprendere un percorso psicologico in Italia può essere oneroso: nel settore privato il costo medio di una seduta di psicoterapia è di circa 70–80 € all’ora, cifre proibitive per molte famiglie. Il sistema pubblico, pur offrendo servizi di salute mentale attraverso centri di salute mentale e ambulatori, spesso non riesce a garantire un accesso tempestivo e universale: i posti sono limitati e i tempi di attesa lunghi, spingendo molte persone a rinunciare alle cure o a ricorrere ai soli farmaci. Uno studio recente ha evidenziato che quasi un quinto degli italiani (19,8%) ha assunto psicofarmaci come ansiolitici o antidepressivi nel 2023, talvolta in assenza di supporto psicologico integrato (ANSA, 2024). Oltre ai sacrifici individuali, vi sono costi sociali ed economici ingenti dovuti al mancato trattamento dei disturbi mentali. Si stima che i disturbi mentali costino all’Italia circa 20 miliardi di euro l’anno in spese sanitarie dirette, a cui si aggiungono oltre 63 miliardi l’anno in perdite economiche indirette legate a ridotta produttività, assenteismo lavorativo e disoccupazione di lunga durata (Sanità33, 2025). Eppure, nonostante l’impatto enorme, l’Italia investe in salute mentale solo il 2,5% della spesa sanitaria nazionale (Sanità33, 2025). Gli esperti sottolineano che portare questo investimento almeno al 5% – livello minimo raccomandato – genererebbe benefici economici notevoli: un’analisi indica che per ogni euro speso in più in salute mentale se ne risparmierebbero 4,7 in termini di minori costi sanitari e sociali, con benefici totali stimati oltre 10 miliardi di euro l’anno (Sanità33, 2025).

La proposta di legge «Diritto a stare bene»

In questo contesto di crescente bisogno è nata l’iniziativa di legge popolare chiamata «Diritto a stare bene», un ambizioso progetto per creare un vero e proprio servizio pubblico nazionale di psicologia integrato nel Servizio Sanitario Nazionale (Il Post, 2025). La proposta di legge – dal titolo ufficiale “Istituzione della Rete Nazionale dei Servizi Pubblici per il Benessere Psicologico” – è stata elaborata da un comitato scientifico composto da decine di accademici ed esperti, con l’obiettivo di garantire a ogni cittadino il diritto alla salute psicologica al pari della salute fisica (Ferrario, 2025). Il disegno di legge prevede la creazione di una Rete Psicologica Nazionale articolata su più livelli (nazionale, regionale, locale) e di una serie di servizi di “psicologia di territorio” facilmente accessibili. Un pilastro centrale è l’istituzione dello psicologo di base: una nuova figura professionale inserita nelle cure primarie, che opererebbe negli studi dei medici di medicina generale o nelle Case di Comunità, affiancando i medici di famiglia (Ferrario, 2025). Lo psicologo di base fornirebbe interventi di primo livello, sostegno psicologico immediato, diagnosi precoce e invio ai servizi specialistici se necessario. La legge fissa standard minimi ambiziosi, ad esempio almeno uno psicologo ogni 20.000 abitanti su tutto il territorio nazionale e almeno uno in ogni struttura ospedaliera (Ferrario, 2025). La rete pubblica di psicologi sarebbe presente anche in scuole e università, nei luoghi di lavoro, nei servizi sociali, nelle carceri e in altri contesti comunitari oggi spesso privi di supporto psicologico (Quotidiano Sanità, 2025). L’accesso ai nuovi servizi sarebbe gratuito ed equo, senza distinzioni di reddito, così da abbattere le barriere economiche che oggi impediscono a molte persone di curarsi. Un altro obiettivo dichiarato è ridurre l’eccessiva medicalizzazione del disagio mentale: potenziando gli interventi psicologici si punta infatti a diminuire il ricorso improprio a psicofarmaci, con vantaggi per la salute dei pazienti e risparmi per il sistema (Ferrario, 2025). Naturalmente, una riforma così ampia richiede investimenti significativi: la campagna “Diritto a stare bene” stima un fabbisogno di circa 3,3 miliardi di euro l’anno per finanziare la rete di psicologia pubblica (Quotidiano Sanità, 2025). Questa cifra può sembrare imponente – Il Post (2025) l’ha definita “un’ambiziosa proposta” ma anche “molto costosa” – tuttavia equivale a solo circa un decimo della spesa sanitaria per disturbi mentali già in atto se si considerano i costi indiretti attuali. I promotori sottolineano che l’investimento si ripagherebbe nel tempo grazie alla riduzione di altre spese: ad esempio uno studio dell’Università La Sapienza condotto su 3.400 pazienti ha rilevato che dopo sei mesi di terapia psicologica gli accessi al pronto soccorso calano del 50%, con un uso minore di esami diagnostici e farmaci (Quotidiano Sanità, 2025). Questa proposta di legge è stata presentata in Senato nel luglio 2025 come iniziativa popolare e accompagnata da una campagna nazionale di raccolta firme: servono almeno 50.000 firme per portare ufficialmente il testo in Parlamento (Quotidiano Sanità, 2025). 

Salute mentale? Una priorità

In conclusione, la salute mentale è diventata una priorità non più rinviabile in Italia. I dati mostrano un quadro in cui molti cittadini convivono con disagio psicologico senza ricevere cure adeguate, con costi umani ed economici altissimi. Di fronte a questa situazione, la proposta «Diritto a stare bene» rappresenta un tentativo concreto di cambiamento: riconoscere il benessere psicologico come un diritto fondamentale e strutturare un sistema pubblico capillare di supporto. Se attuata, una riforma di questo genere potrebbe colmare le lacune storiche nei servizi di salute mentale, rendendo il supporto psicologico finalmente accessibile a tutti e integrato nell’assistenza di base. L’investimento richiesto è cospicuo, ma va visto alla luce dei benefici di lungo periodo: una popolazione mentalmente più sana significa non solo meno sofferenza individuale, ma anche una società più produttiva, coesa e resiliente. In altri Paesi europei l’attenzione alla salute mentale sta crescendo e l’Italia rischia di restare indietro se non agisce in fretta. 

Riferimenti Bibliografici
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