Il cervello e il cibo: come riconosciamo gli alimenti in pochi millisecondi
Il cibo è vita e la scienza suggerisce che il cervello umano potrebbe essere biologicamente “programmato” per riconoscere e analizzare gli alimenti a prima vista. Studiando i segnali neurali, ad esempio, si osserva che gli alimenti possono essere identificati come commestibili o meno già a 85 millesimi di secondo (ms) dalla loro presentazione, trasformati o non trasformati a 130 ms, ad alta o bassa densità calorica a partire da 165 ms (Coricelli et al., 2019; Toepel et al., 2009; Tsourides et al., 2016).
Una ricerca dell’Università di Sydney svela che i nostri giudizi sul cibo potrebbero essere influenzati non solo da come esso ci appare, ma anche da ciò che abbiamo visto in precedenza (Alais et al., 2024). Un fenomeno noto come dipendenza seriale.
Scelte alimentari e pregiudizio seriale
Analizzare e selezionare gli alimenti sono processi che implicano decisioni critiche e coinvolgono una vasta rete cerebrale, con aree sia deputate alla decisione nella corteccia prefrontale, che aree visive della corteccia occipitale. In particolare, i fattori percettivi visivi possono giocare un ruolo fondamentale nelle scelte alimentari. Secondo gli autori dello studio, infatti, le più recenti esperienze percettive possono incidere sulle decisioni del momento. Il fenomeno della dipendenza seriale riguarda non soltanto il cibo, ma molteplici stimoli visivi (Kiyonaga et al., 2017; Pascucci et al., 2023). Un esempio può essere costituito dai volti, che evidenziano vari pregiudizi seriali in relazione alle decisioni su sesso, appeal ed emozioni (Liberman et al., 2018; Liberman et al., 2014; Taubert et al., 2016; Turbett et al., 2019). Anche nelle clip di video realistici, la percezione attuale degli oggetti può essere alterata dalle informazioni presentate fino a 15 secondi prima, mentre l’emozione attuale può essere distorta da quelle sperimentate fino a 12 secondi prima (Manassi & Whitney, 2022; Ortega et al., 2023).
Se per un verso la dipendenza seriale facilita e snellisce il processo decisionale, assimilando a stimoli visti in precedenza stimoli nuovi ma dello stesso tipo, dall’altro può rappresentare una forma di pregiudizio, che implica la possibilità di formulare valutazioni correnti distorte dall’influenza delle precedenti valutazioni (Alais et al, 2024).
Uno studio sul pregiudizio seriale verso gli alimenti
La ricerca di Alais e colleghi ha reclutato due gruppi di oltre 300 partecipanti, a cui sono state mostrate per tre volte e in ordine casuale 150 immagini di alimenti. Il primo gruppo doveva valutare il valore calorico del cibo e il secondo il livello di appeal, ovvero di attrattività alimentare.
In entrambi i casi, le valutazioni fornite dai partecipanti, anziché essere sequenzialmente indipendenti, tendevano ad allinearsi a quelle precedenti, creando una reazione a catena di valutazioni tra loro connesse.
In particolare, la valutazione di uno stimolo presente era distorta verso valori più alti quando lo stimolo precedente aveva ricevuto valutazioni alte, e verso valori più bassi quando la valutazione precedente era risultata scarsa. Di conseguenza, l’immagine precedente di un alimento ad alto contenuto calorico ha condotto i partecipanti a sovrastimare l’apporto calorico dell’immagine dell’alimento successivo. Viceversa, un’immagine pregressa a basso contenuto calorico ha ridotto la valutazione calorica dell’immagine attuale. La valutazione dell’appeal alimentare ha seguito questo stesso pattern di pregiudizio seriale.
Per i ricercatori, le implicazioni di simili risultati sono molteplici. In ambito di marketing, collocando in sequenza cibi ad elevato appeal o ad elevato apporto calorico, è possibile influenzare la percezione dei consumatori e, potenzialmente, il loro comportamento d’acquisto. In ambito clinico, come nel trattamento dei disturbi alimentari, il fenomeno del pregiudizio seriale potrebbe essere sfruttato dai terapeuti per aiutare i pazienti a rimodellare le loro percezioni e le decisioni riguardanti il cibo (Spenceley, 2024).