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‘O famo strano: psicoterapia sul water – Problemi di privacy e setting ai tempi della terapia online

La psicoterapia online solleva numerose questioni in merito alla privacy e alla violazione del setting terapeutico. Perché?

Di Valentina Davi

Pubblicato il 26 Lug. 2024

Psicoterapia online

Qual è il posto più strano dove l’avete fatto?

A gambe incrociate sul letto, scomodi in automobile, sul tavolo della cucina, seduti sul water…

La pandemia del 2020 ha sdoganato la psicoterapia online, rendendola una valida e comoda alternativa alla psicoterapia in presenza: niente più tragitti da percorrere trafelati perché si è in ritardo, niente più tempo perso ad andare e tornare dallo studio, minori costi (non solo economici) e maggiore flessibilità. Vi chiudete in una stanza, accendete la webcam e la seduta ha inizio.

Ma dove trovare un po’ di privacy in casa, lontani da orecchie indiscrete? Come sottrarsi alle urla dei bambini che reclamano insistentemente la vostra presenza? Come impedire al vostro partner di ascoltare involontariamente (o peggio ancora origliare) le vostre lamentele relazionali? Come evitare che vostra madre faccia videobombing?

Non tutti hanno uno studio in cui potersi rinchiudere e fissare una seduta quando in casa non c’è nessuno, non è sempre facile; è tutto un ansiogeno incastro di orari in cui il rientro imprevisto dei familiari è sempre dietro l’angolo. 

Chi può si barrica in cucina, ma solo se non si avvicina l’ora di cena. 

Altri si chiudono in camera da letto, ma dopo 15 minuti seduti come gli indiani sul materasso, le gambe che formicolano, stramazzano colpiti da un crampo al polpaccio. 

L’ultimo baluardo di privacy sembra essere la toilette: appollaiati sulla tavoletta del water, bisbigliano la propria sofferenza amplificata dall’eco della ceramica, sperando che nessuno bussi forsennatamente alla porta perché gli serve con urgenza il bagno.

Un po’ di privacy, per favore!

La questione della privacy ai tempi della psicoterapia online è un problema serio, soprattutto per chi per motivi economici, logistici o organizzativi non può permettersi una psicoterapia in presenza. È sufficiente una veloce ricerca su internet per trovare numerosi articoli che offrono consigli a riguardo: per esempio, potete insonorizzare la stanza posizionando ai piedi della porta un asciugamano (e perché non tappezzare le pareti con i cartoni delle uova?!) oppure potete chiudervi nel guardaroba (ma funziona solo se siete Chiara Ferragni) o ancora nascondervi sotto una coperta per attutire il suono della vostra voce. Da non sottovalutare il garage: i sedili della Panda sono il nuovo lettino psicoanalitico e se non avete l’automobile, potete sempre chiederla in prestito al vicino.

Il collasso del setting nella terapia online

Tra chi si collega dal parco sotto casa a chi si nasconde nella sala riunioni dell’ufficio durante la pausa pranzo, la psicoterapia online ha determinato una modifica drastica del setting terapeutico

Con il termine setting si intende la cornice all’interno della quale si svolge la psicoterapia, che permette lo sviluppo della relazione tra terapeuta e paziente, differenziandola da altri tipi di relazione, e che tutela il lavoro terapeutico. Questa cornice può essere variata e adattata a seconda delle esigenze ed è caratterizzata da diversi aspetti.

Innanzitutto, l’aspetto contrattuale, cioè l’insieme di regole condivise con il paziente (es. durata e frequenza delle sedute, gestione delle telefonate, compenso…), poi l’aspetto fisico, cioè l’ambiente in cui si svolge la seduta (es. lo studio privato del terapeuta, un ambulatorio…). 

A tal proposito lo psicoanalista Daniel Winnicott scrisse:

Questo lavoro deve essere svolto in una stanza non di passaggio, una stanza tranquilla, al riparo da rumori improvvisi e imprevedibili senza, tuttavia, che vi sia un silenzio di tomba o che vengano esclusi i rumori abituali di una casa. La stanza deve essere adeguatamente illuminata, ma non da una luce diretta sugli occhi o variabile. La stanza non è certamente buia e deve essere calda e confortevole.

L’ambiente dove si svolge la terapia dovrebbe essere confortevole e in grado di contenere emotivamente il paziente, di farlo sentire al sicuro; per questo il terapeuta vi presta particolare attenzione.

Con l’avvento della psicoterapia online si è assistito invece al collasso del setting fisico, su cui il terapeuta non ha più alcun controllo. Dove il paziente sceglie di svolgere la seduta (es. in automobile o nella cabina armadio) e le conseguenze legate alla sua scelta (es. ansia che un familiare ascolti o interrompa la seduta, insofferenza per la posizione scomoda adottata sul letto…) sono variabili che irrompono nello spazio terapeutico e hanno un impatto non trascurabile sulla terapia.  

La scomparsa del setting fisico deve così essere compensata dalla componente relazionale del setting. Infatti il setting è anche uno spazio mentale che caratterizza e contiene la relazione terapeutica, rappresentato dal modo in cui la relazione terapeutica si costruisce e si colloca nella mente sia del terapeuta sia del paziente (Lorenzini e Coratti, 2020). 

Al di là degli aspetti contrattuali, ciò che rimane del setting terapeutico è, infatti, la sola presenza del terapeuta, per di più al di là di uno schermo. 

Per creare il setting al terapeuta è quindi richiesto un iperinvestimento sugli aspetti mentali (Atavico, 2022), per evitare che una seduta si trasformi in una chiacchierata informale dal bagno di casa, con lo sciacquone a fare da contraltare agli interventi del terapeuta, azionato per sbaglio dal paziente mentre singhiozzando se ne sta appollaiato sul water.

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Valentina Davi
Valentina Davi

Coordinatrice di redazione di State of Mind

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