“In-corporati”
Da un sondaggio del 2019 commissionato dall’associazione inglese BookTrust svolto su un campione di 1000 genitori con figli di età inferiore ai 10 anni è emerso che il 26% di questi utilizza l’assistente virtuale Alexa di Amazon per leggere le fiabe della buonanotte ai propri bambini. Al 49% piacerebbe potergliele leggere personalmente, ma uno su cinque si affida all’intelligenza artificiale in quanto riferisce di “non avere tempo” per farlo.
Dati, questi, che potrebbero istintivamente portare ad avvertire un crescente senso di indignazione. Tuttavia, comportamenti di questo tipo – ovvero dove si osserva un’importante partecipazione dei sistemi digitali alla vita familiare – sono aumentati notevolmente negli ultimi anni. Non è più una novità vedere bambini che al ristorante sono sì fisicamente a tavola con i propri genitori, ma mentalmente altrove; la loro presenza è in realtà illusoria perché completamente assorbiti e rapiti dal tablet su cui stanno guardando il proprio cartone animato preferito – o meglio, quello che è risultato essere il più efficace a farlo stare tranquillo.
Di fronte al dilagare di questi fenomeni cresce sempre più l’allarmismo da parte dei professionisti della salute psicologica, che con uno sguardo esperto reputano scenari simili come potenzialmente pericolosi per il benessere psicofisico, soprattutto dei più piccoli.
L’Associazione Pollicino di Milano, che si occupa di fornire interventi e iniziative per prevenire il disagio psicologico in età evolutiva, ha voluto dedicare un libro al tema del digitale, non per accusare o rimproverare la categoria genitoriale, ma per fornire una panoramica sul significato e l’impatto della trasversalità propria della questione digitale. Per farlo, si è scelto di porre al centro del mirino narrativo di questo libro – come indicato dal titolo – ciò che si posiziona lungo il continuum che vive in tensione tra due poli: il corpo e gli oggetti tecnologici.
La dimensione di corporalità è la tavoletta di cera su cui si inscrive il proprio Sé fin dai primi istanti di vita; in quanto testimone di un dialogo con l’altro (con la A maiuscola in una visione lacaniana) è quindi dimora delle prime sensazioni, memorie ed esperienze che si imprimono in esso rendendolo il luogo prescelto in cui si concentrano, citando François Dolto, le “esperienze relazionali del bisogno e del desiderio”.
Riprendendo un passaggio del libro, il corpo è dunque il mediatore sia delle prime relazioni sia dell’interazione con gli oggetti che arredano l’esistenza del bambino e che, in un’eco fenomenologica, richiamando Maurice Merleau-Ponty, è “il termine verso cui tutti gli oggetti volgono la loro faccia”.
“In-corporati” ci fa riflettere sul mondo digitale
Il libro è saggiamente suddiviso per temi che coincidono con le aree di competenza di ciascuno dei professionisti che, in qualità di psicologi ed esperti di trasformazione digitale, hanno preso parte a questo progetto diretto dalla dottoressa Pamela Pace, psicoanalista, fondatrice e presidente dell’Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus a Milano.
Un libro che emerge in un panorama già ampiamente popolato da titoli dedicati a tale argomento, per il forte spirito di osservazione e la sincera volontà di porsi delle domande, muovendosi all’interno di una base teorica psicodinamica in cui si alimenta una condizione di dubbio, rifuggendo l’immediatezza e la fretta di dover per forza scrivere l’ennesimo manuale con soluzioni prêt-à-porter rispondenti per lo più alle richieste di una società sempre più simile a quella definita “dello spettacolo”, nell’opera omonima del filosofo francese Guy Debord.
Il presente scritto offre quindi un modo per riflettere, attraverso una lettura completa di esempi concreti, sulla questione digitale, arricchendo il lettore di nuove chiavi interpretative per inquadrare questo apparente “paradiso incontaminato” del digitale, che alla lunga può portare all’isolamento e al ritiro in un universo dove l’altro è pressoché inesistente e in cui si modifica il rapporto con le coordinate tempo-spaziali. Quello stesso universo che rapisce i corpi e le menti, in particolare dei più giovani, e ne restituisce individui s-corporati, privati quindi di quell’appetitus spinoziano che è andato perso in chissà quale linea dello spazio-tempo digitale.