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Soulmates (2020) – Recensione della serie TV

"Soulmates" racconta una società in cui la nascita delle relazioni è determinata da un software configurato per cercare l’anima gemella

Di Angelo Valente

Pubblicato il 28 Feb. 2024

“Soulmates” – La trama

Dal lavoro di William Bridges e Brett Goldstein, Soulmates, la serie televisiva prodotta da Prime Video, potrebbe considerarsi come una delle perle nascoste della cultura pop contemporanea, ma che per tutta una trafila di motivazioni contrastanti non è riuscita a soddisfare le aspettative del grande pubblico. Tuttavia, se da un lato questo pare essere un tentativo di riproduzione alternativa della tanto acclamata Black Mirror, dall’altro vi sono vari spunti interessanti su cui poter riflettere, volendo, anche in maniera conviviale e senza troppo impegno.

La serie si prefigura riportando l’analoga struttura tecnica del celebre lavoro antologico di Charlie Brooker: diversi episodi intessuti da diverse trame, vicende e personaggi all’interno del medesimo universo ucronico socialmente segnato dall’influenza delle nuove tecnologie digitali. In questo caso specifico, il tema fondante dell’opera si dipana solo ed esclusivamente all’interno di una società in cui la nascita e lo sviluppo delle relazioni coniugali viene determinato dall’esistenza di un software appositamente configurato per cercare l’anima gemella di ciascun essere umano. Tale intento è reso possibile attraverso la somministrazione di un test, presumibilmente di natura genetica e psicoattitudinale, che verrà sottoposto a dei processi di analisi atti a creare un profilo individuale per riscuotere il famigerato match. Quest’ultimo si verificherà solamente tra due persone con un grado di compatibilità pressoché elevata, se non quasi perfetta. Assolto questo step finale, gran parte del lavoro conoscitivo spetterà di conseguenza ai diretti (e diletti) interessati. 

È infatti sulla base di tale presupposto che in ogni episodio i protagonisti vanno a stravolgere ogni singolo frammento di quotidianità. Di fatto appare lampante che l’enunciazione di un profilo perfetto alle proprie caratteristiche personologiche aderisce in parte a un bisogno profondo di vicinanza verso un Altro, a suo modo capace di apportare un soddisfacimento sostanziale all’attuazione di un disegno di vita che, in termini evoluzionistici e socioculturali, tutti bramano in vista della tanto agognata felicità, che da sempre pare materializzarsi a un palmo dal naso per poi sparire in una scia di disillusioni.

Sulla base di questi presupposti, risulta presto ben chiaro quanto l’estrema curiosità, unita a un patinato senso di insoddisfazione per la noia e la stringente abitudinarietà dei ritmi coniugali, funga da insospettabile campanello di allarme verso un bisogno di risposte per troppo tempo accantonato, in sostituzione all’osservanza di norme culturali da cui non si può pretendere una totale indipendenza. La serie tende quindi a dipingere ogni possibile scenario attuabile nella vita di sei personaggi senza esclusione di variabili, a partire dall’impatto sortito su condizioni inerenti a un matrimonio in crisi, una relazione extraconiugale e una relazione poliamorosa, fino a porre un focus finale su situazioni molto più complesse e discutibili come la morte della propria anima gemella, il rifiuto verso il proprio match e l’attuazione di fantasie sessuali represse.

Uno sguardo psicologico alla serie “Soulmates”

Vista in terza persona, la serie offre diverse profilazioni interessanti: se alcune possono rimanere apparentemente innocue e prevedibili rispetto agli esiti di ciascuna trama, altre destano invece una nota di sorpresa. D’altronde, ogni vicenda prende dimostrabilmente piede sulla base del riflesso della classe di appartenenza di ogni personaggio, lasciando ben intendere quali potrebbero essere le problematiche relazionali preponderanti in funzione dei ritmi di vita che ognuno di loro si trova a sostenere per perseguire gli obiettivi carrieristici e le preoccupazioni prevalenti in un determinato ceto sociale o ambiente di lavoro. A tal proposito, una nota di merito va all’equilibrio con cui ognuno di questi copioni è stato concepito. L’impressione è che non esistano dei ruoli stereotipati, il che lascia aderire come si deve il fondamento narrativo della serie agli attuali stili di vita dei contesti globalizzati. Gli scenari proiettati rimandano pertanto a scelte ipoteticamente attuabili dai più nella vita di tutti i giorni, il che rende sicuramente gli episodi scorrevoli e privi di errori storici o contestuali che potrebbero compromettere la qualità dell’esperienza visiva. 

Ciò che invece rende questa serie adatta un po’ a chiunque verte per lo più sul tono umoristico con cui ogni vicenda si conclude, andando a smorzare tutti i precedenti momenti di tensione, i quali giocano un ruolo non trascurabile, e che concorrono a mantenere gli occhi incollati sullo schermo. Aldilà degli aspetti tecnici, il fattore primario di empatia verte sull’autoriconoscimento nelle abitudini peculiari, pressoché analoghe alle nostre, di ogni singolo protagonista, tanto da spingere a stimolare una riflessione qualitativamente improntata sul pensiero critico di alcuni scenari ipotetici. Soulmates apre di fatto un universo più vicino di quanto non lo si pensi in realtà, probabilmente destando cornici prospettiche riguardo alla deriva futura delle dating app, ormai sempre più utilizzate e soggette a perfezionamenti tramite i sistemi di machine learning. 

Una nota di onestà intellettuale va rivolta ai risvolti di alcune trame, che mettono in discussione la presunta onniscienza delle intelligenze artificiali, con tutte le previsioni che possono comunemente conseguirne. Ciò che effettivamente dovrebbe lasciare questa prima (e forse ultima) stagione è una vaga ed ipotetica idea su quali possibili pattern di socializzazione affettiva potrebbe apportare l’utilizzo delle nuove tecnologie in aggiunta a quelli preesistenti, nel bene o nel male. A tal senso, lo scopo della serie risulterebbe di fatto piuttosto chiaro ed eloquente: ogni atteggiamento umano non deve essere necessariamente connesso all’influenza del determinismo tecnologico, in quanto è ormai chiaro che ogni novità socialmente introdotta è progettata per la risoluzione di bisogni ormai sempre più complessi, che non sempre possono prescindere dalla volontà di migliorare il proprio tenore di vita. Il disegno evolutivo delle società odierne verte verso uno sviluppo costante, in cui l’interfaccia esperienziale tra la tecnologia e la psicologia umana viene mediato da un costante afflusso di bias e schemi emotivi spesso del tutto imprevedibili, a testimonianza dell’unicità di ogni persona che al contempo costituisce un contributo prezioso verso l’assoluzione del diritto fondamentale di essere felici con chi desideriamo.

Indubbiamente si tratta di una serie poco gettonata in termini cinematografici, ma pregna di tematiche di carattere psicologico, etico e culturale accuratamente delineate verso un’idea sul futuro delle relazioni, attualmente una delle più grandi ricchezze di cui disponiamo e continueremo a disporre nelle nostre vite.

Il trailer di “Soulmates”

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