Cosa si intende con Dr. Google?
Ogni giorno milioni di persone, quando hanno dei problemi di salute e non si sentono bene, vanno su internet a cercare i propri sintomi, concludendo con un’autodiagnosi. Google funge quindi da medico virtuale, ritenuto affidabile e capace di confermare o meno un sospetto di malattia.
Dalla parte opposta invece abbiamo i medici reali, che quando si confrontano con i pazienti che arrivano da loro affermando ipotesi di patologie raccolte online, reagiscono con un atteggiamento altezzoso e di sarcasmo.
Secondo i dati Censis più dell’88% degli italiani cercano le cause dei propri sintomi su internet, di cui il 93% sono donne. Il 44% ritiene che cercare queste tipologie di informazioni non sia rischioso, affidandosi quindi in 1 caso su 2 ai risultati ottenuti online senza accertarsi dell’affidabilità delle fonti (Rizzoli, 2017).
Come viene classificata questa pratica? La cybercondria
La ricerca compulsiva di sintomi e malattie su Google è ora considerata persino un disturbo psicologico, denominato “cybercondria”, che rappresenta la versione tecnologica dell’ipocondria. Questo disturbo è presente nella letteratura ma nonostante ciò non è inserito del DSM 5.
I livelli di disagio soggettivo, sociale e lavorativo indotti da questo disturbo, come anche dall’ipocondria, possono essere molto elevati, ad esempio la grande quantità di tempo passata online, le risorse cognitive impiegate e sottratte ad altro (come lavoro o hobby), l’incremento di vissuti disturbanti e il maggiore consulto di figure sanitarie. L’assenza di riscontri reali fisici è utile per supportare la diagnosi (Leveni et al., 2022).
Quali sono le conseguenze della cybercondria?
È importante tenere a mente che non bisogna colpevolizzare e condannare coloro che cercano online informazioni sulla propria salute, ma piuttosto bisognerebbe interrogarsi sulla ragione per cui queste persone sono spinte a rivolgersi a internet piuttosto che agli specialisti. Una delle motivazioni plausibili è quella che la comodità e la fruibilità delle informazioni che sono a disposizione soddisfa le ansie e i dubbi delle persone in maniera legittima (Rizzoli, 2017).
Chi soffre di questo disturbo sperimenta una forte disperazione, in quanto teme di avere una qualche terribile malattia di cui potrebbe anche morire (Leveni et al., 2022).
Dato che può accadere di non interpretare, codificare e recepire correttamente le informazioni disponibili su internet, uno dei rischi è che, dopo aver trovato diverse risposte, la persona finisca per trovare consigli su cure non tradizionali che a volte possono risultare fatali. È frequente che ci si imbatta in iter di cure non tradizionali che hanno come obiettivo quello di pubblicizzare un farmaco o tecniche alternative, o ancora che si trovino le fake-news scientifiche senza saperle riconoscere. Tutto ciò fa sì che gli utenti si allontanino sempre di più dalle cure adeguate per la propria salute (Rizzoli, 2017).
Possibili soluzioni alla cybercondria
Piuttosto che incolpare internet, bisognerebbe fare in modo che esso diventi il più attendibile possibile, e che induca i pazienti a rivolgersi alle strutture adeguate e autorizzate alla cura necessaria.
Per evitare che gli utenti finiscano su siti non scientifici o che ricevano diagnosi poco pertinenti alla loro salute, Google ha adottato misure per limitare questa pratica.
Adesso le diagnosi ed eventuali patologie vengono visualizzate in apposite schede che sono collocate direttamente all’interno dei risultati di ricerca, con l’aggiunta di un avviso per gli utenti in cui viene sottolineato che tali informazioni non sostituiscono in alcun modo il consulto di uno specialista e la visita medica.
Google per fare questo ha coinvolto all’interno del progetto un gruppo di laureati in medicina e chirurgia, in modo da poter rivedere le informazioni sui vari sintomi, per poter delineare le varie diagnosi e aggiungerle in un database chiamato “Knowledge Graph”.
Questo tipo di iniziativa ha fatto sì che il cosiddetto Dottor Google potesse essere più affidabile, invitando così più persone a consultarlo a scopo informativo (Rizzoli, 2017).
In aggiunta a ciò, nei casi di cybercondria, il consiglio è quello di rivolgersi ad esperti della salute mentale, come gli psicoterapeuti.