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Il bisogno di introversione. La vocazione segreta del mondo contemporaneo (2023) – Recensione

Il bisogno di introversione ci offre una visione più adeguata della realtà in contrasto a una cultura occidentale orientata in senso estroverso

Di Alberto Vito

Pubblicato il 12 Set. 2023

La solitudine dei fragili

Non è infrequente che giungano richieste di intervento clinico in situazioni ove il sintomo maggiore è la solitudine. Ad esempio, se in passato i genitori si preoccupavano soprattutto se i figli adolescenti trascorrevano troppo tempo e le ore notturne fuori casa, ora registro casi di invio allo psicoterapeuta da parte di genitori affinché questo aiuti i loro figli a frequentare di più gli amici. Certo, occorre tener conto che è in atto un mutamento epocale e il mondo virtuale crea una nuova modalità di contatti sociali, in cui alla vicinanza fisica tra i corpi si è sostituita la connessione tramite immagini.

Poi, certamente, non esiste solo la solitudine degli adolescenti, ma ancor più importante è quella degli anziani e, in generale, dei “fragili”.

La solitudine come condizione indispensabile

Tuttavia, se la solitudine può essere considerata un indice di una potenziale sofferenza psichica, è pur vero che si tratta di una condizione esistenziale indispensabile e non certo di una malattia. Addirittura utile, sin dalla prima infanzia, quando il bambino, proprio in virtù della momentanea separazione dai genitori, inizia a produrre rappresentazioni mentali che gli consentiranno di accedere al mondo simbolico.

Occorre ricercare il senso della vita non solo nell’esteriorità e nei comportamenti pubblici: forse è ancora più importante l’interiorità, il dialogo con noi stessi e la ricerca di senso che produce. Ed ecco che in tal modo lo star da soli cessa di essere isolamento ma diviene uno stato esistenziale necessario al raccoglimento e all’introspezione. Già Proust ci ricordava come per poter comunicare al meglio con gli altri fosse necessario anche appartarsi e che alcune delle attività creative più ricche dell’uomo richiedano lo star da soli per pensare e concentrarsi.

Il bisogno di introversione (2023) di Paulo Barone

Queste riflessioni sono scaturite dalla lettura del bel saggio di Paulo Barone, dedicato appunto al bisogno di introversione nel nostro tempo. L’autore è uno psicoanalista junghiano, studioso di filosofia indiana. Non a caso il testo nasce da un ciclo di lezioni tenute presso istituzioni di Mumbai e di Ramtek in India. La tesi centrale del volume è che oggi avremmo in occidente un bisogno crescente di introversione, vista come strada obbligata e precondizione per giungere ad una visione più adeguata della realtà.

Una premessa del suo ragionamento è la convinzione di Jung secondo cui la civiltà moderna occidentale, sin dalle radici ebraico-cristiane e di stampo illuminista, è orientata in senso estroverso. Secondo tale orientamento, l’uomo è un animale sociale, “tutto il bene è al di fuori” e il principio che lo regola è riposto nell’oggetto. Così, la mentalità che ne deriva, fatta propria anche dalla scienza occidentale, consiste nel credere che una verità sia convincente soltanto quando può essere verificata per mezzo di fatti esterni. Al contrario, le civiltà orientali da molti secoli si distinguono per l’attenzione che pongono all’atteggiamento introverso che elegge a fattore determinante l’elemento soggettivo. Infatti, nota Barone, l’Oriente tradizionale attribuisce al “soggetto”, all’identità suprema, una profondità e un’articolazione tali da non contemplare alcuna presenza di alterità redentrici: se Dio c’è, non è all’esterno, ma all’“interno”.

Il disordine sociale odierno

Il discorso si allarga al livello sociale e all’analisi del nostro particolare periodo storico, dove sembra dominare una realtà collettiva che mai come oggi appare condannata al disordine e all’evanescenza. Sarebbe però a causa di un pregiudizio culturale, di cui sono vittima finanche gli stessi introversi, che si tende a giudicare il ripiegamento verso il proprio mondo interno e la propria sfera intima solo come una tendenza negativa all’isolamento, al ritiro dalla vita sociale o come prova di “narcisismo“. Con un conseguente giudizio di condanna.

Altre pagine del testo sono dedicate allo studio dei dogmi cristiani, che pure conterebbero indicazioni a favore della dimensione sociale e concausa del predetto pregiudizio culturale.

Aprirsi alla propria infanzia

Una preziosa annotazione di Barone è quella secondo cui uno dei segni più importanti del movimento di ripiegamento verso l’interno, proprio dell’introversione, risiederebbe nella possibilità di rinsaldare il filo con la propria infanzia. In questa fase del ciclo di vita è vero che si è molto dipendenti dall’universo esterno degli adulti ma al contempo si è anche maggiormente collegati al proprio mondo interiore e si subisce meno la spinta al conformismo sociale. Insomma, lasciare aperta la via verso la propria  infanzia, per incontrare i propri autentici desideri e aspirazioni, sarebbe il solo antidoto all’infantilismo della vita adulta, altrimenti, oggi più che mai, inevitabile.

La vita “momentanea”

Infine, nel capitolo conclusivo introduce come cifra del tempo presente il concetto di vita “momentanea”, parzialmente derivante da quello di Jung di “vita provvisoria”, indicante la condizione di chi, a vario titolo, non sa mettersi in relazione con l’istante unico e irripetibile della propria esistenza, incapace di mantenersi nel qui e ora. Il bisogno di introversione sarebbe quindi la risposta più adeguata per trovare un punto di equilibrio tra una realtà esterna sempre più potente che rischia di massificarci e il desiderio di essere se stessi, seguendo la propria personale inclinazione che, in modo poetico, Barone definisce la “segreta vocazione” di ciascuno.

Lettura altamente consigliata.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Barone, P. (2023). Il bisogno di introversione. La vocazione segreta del mondo contemporaneo. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2023

 

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