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Sensation seeking: espressioni comportamentali e basi biologiche

Il sensation seeking è un tratto di personalità caratterizzato dalla ricerca di sensazioni con comportamenti impulsivi tesi all'incremento dell’arousal

Di Daniele Saccenti

Pubblicato il 04 Lug. 2023

Una delle spiegazioni maggiormente accreditate alla base del sensation seeking si basa su un modello in cui fattori genetici, biologici, psicofisiologici e sociali influenzano determinati comportamenti, atteggiamenti e preferenze dell’individuo (Zuckerman, et al., 1980).

Che cos’è il sensation seeking?

 Con il termine sensation seeking si intende un tratto della personalità caratterizzato dalla ricerca di sensazioni ed esperienze costantemente nuove, varie, complesse e intense accompagnata dalla volontà di correre rischi fisici, sociali, legali e finanziari in nome di tali esperienze (Zuckerman, 1994, p. 27). Questo può essere rilevato ricorrendo a degli strumenti di misura, tra cui la Sensation Seeking Scale-V (SSS-V) che va a scomporre il tratto del sensation seeking in quattro dimensioni: ricerca del brivido e dell’avventura, ricerca dell’esperienza, disinibizione e suscettibilità alla noia (Zuckerman et al., 1978). Una delle spiegazioni maggiormente accreditate alla base del sensation seeking si basa su un modello in cui fattori genetici, biologici, psicofisiologici e sociali influenzano determinati comportamenti, atteggiamenti e preferenze dell’individuo (Zuckerman, et al., 1980). Coloro che presentano dei livelli elevati di sensation seeking sono propensi infatti a emettere dei comportamenti che aumentino la quantità di stimoli di cui far esperienza nella quotidianità. Un aspetto fondamentale è che i comportamenti impulsivi emessi dai sensation seekers, per esempio la pratica di sport estremi, l’utilizzo di droghe o la guida spericolata, sono tesi alla ricerca di un incremento dell’arousal, ovvero dell’attivazione dell’organismo.

Espressioni comportamentali del sensation seeking

L’incremento dei livelli di arousal ricercato dai sensation seekers può essere ottenuto attraverso molteplici comportamenti e attività.

  • Professioni che comportano richieste occupazionali perennemente nuove, inedite e stimolanti vengono considerate come particolarmente attraenti da questi individui. In uno studio pubblicato negli anni ‘70 è stato dimostrato che carriere scientifiche o di servizio sociale, come psicologo, psichiatra o assistente sociale, vengono maggiormente preferite da soggetti con livelli elevati di sensation seeking. Al contrario, punteggi bassi in questo tratto di personalità risultano associati a preferenze per lavori più strutturati e ben definiti, caratterizzati solitamente da ordine e routinarietà (Kish & Donnenwerth, 1969).
  • Un’altra attività amata dai sensation seekers è l’ascolto di musica eccitante, come l’hard rock rispetto alle composizioni classiche strumentali (McNamara & Ballard, 1999). Inoltre, i soggetti che mostrano livelli elevati di sensation seeking risultano più propensi di altri ad apprezzare forme d’arte insolite o sgradevoli (Rawlings, 2003), a viaggiare in luoghi sconosciuti o poco familiari e a partecipare volontariamente agli esperimenti in laboratorio, soprattutto se quest’ultimi vengono descritti come “pericolosi” (Trice & Ogden, 1986).
  • Un’espressione socialmente accettabile della ricerca di sensazioni costantemente nuove è la pratica di sport estremi, per esempio l’arrampicata, le immersioni subacquee, il deltaplano e il lancio con il paracadute. Tra di essi, quelli che sono caratterizzati da un rischio intrinseco maggiore, come il bungee jumping, l’arrampicata, il paracadutismo, le immersioni subacquee, lo sky surf e le corse su strada, vengono spesso preferite dai sensation seekers rispetto ad attività sportive meno rischiose (Wagner & Houlihan, 1994; Malkin e Rabinowitz, 1998).
  • La letteratura scientifica ha individuato infine una serie di comportamenti a rischio solitamente emessi dai sensation seekers costruendo così un ponte con la psicologia clinica. Per esempio, è stata osservata una relazione positiva tra i livelli di sensation seeking e il consumo di sostanze, tra cui alcool e marijuana (Earleywine & Finn, 1991). Oppure, è stato osservato che individui aventi dei livelli di sensation seeking elevati tendano ad avere più partner sessuali (Cohen & Fromme, 2002) e a compiere atti sessuali senza un’adeguata protezione contro le malattie sessualmente trasmissibili (come l’utilizzo del preservativo; Arnold et al., 2002).

Basi biologiche del sensation seeking

 A partire dagli anni ’90, Zuckerman (1996) ha ipotizzato che il sensation seeking fosse un prodotto dell’interazione tra diversi sistemi neurotrasmettitoriali, tra cui quello dopaminergico e quello serotoninergico. Ciò è stato dimostrato da una serie di esperimenti condotti sui ratti nei quali i comportamenti esplorativi degli animali venivano considerati come un indicatore affidabile dei livelli di sensation seeking. Nei loro studi sperimentali, Dellu e colleghi (1996) e Piazza e collaboratori (1993) posizionarono una frotta di ratti in un ambiente sconosciuto e, sulla base del comportamento esplorativo degli esemplari, individuarono due gruppi distinti: i ratti ad alta risposta (high responders; HR), ovvero quelli che mostravano un’elevata tendenza all’esplorazione, e gli esemplari a bassa risposta (low responders; LR), ovvero quelli che esibivano una risposta locomotoria ridotta. I ricercatori hanno osservato che i ratti HR presentavano una maggiore attività dopaminergica a livello del nucleo accumbens e una minore attività nella corteccia prefrontale rispetto ai ratti LR. Inoltre, l’aumento del rilascio da parte dei sistemi dopaminergici si associa a una diminuzione del rilascio da parte dei sistemi serotoninergici e noradrenergici. Qualche anno più tardi, Netter e colleghi (1996) hanno scoperto che l’attività di questi sistemi neurostrasmettitoriali era in relazione con particolari aspetti del sensation seeking nell’essere umano. In particolare, è stata osservata una correlazione positiva tra i domini di disinibizione e ricerca dell’esperienza della Sensation Seeking Scale-V e i livelli di dopamina dei soggetti (Netter et al., 1996). Ciò ha portato a ipotizzare che non solo i ratti HR, ma anche gli esseri umani con alti punteggi di sensation seeking possedessero dei sistemi dopaminergici up-regolati, ovvero che mostrassero dei livelli maggiori di dopamina rispetto a coloro che presentavano dei bassi livelli di sensation seeking.

Tuttavia, le basi neurobiologiche del sensation seeking e le modalità con cui questo tratto di personalità si associa ai processi cognitivi dell’essere umano sono temi che restano un terreno fertile per la ricerca.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Arnold, P., Fletcher, S., & Farrow, R. (2002). Condom use and psychological sensation seeking by college students. Sexual and Relationship Therapy, 17, 355–366.
  • Cohen, E. S., & Fromme, K. (2002). Differential determinants of young adult substance use and high-risk sexual behavior. Journal of Applied Social Psychology, 32, 1124–1150.
  • Dellu, F., Piazza, P. V., Mayo, W., Le Moal, M., & Simon, H. (1996). Novelty-seeking in rats: Biobehavioral characteristics and possible relationship with the sensation seeking trait in man. Neuropsychobiology, 34, 136–145.
  • Earleywine, M., & Finn, P. (1991). Sensation seeking explains the relation between behavioral disinhibition and alcohol consumption. Addictive Behavior, 16, 123–128.
  • Kish, G. B., & Donnenwerth, G. V. (1969). Interests and stimulus seeking. Journal of Counseling Psychology, 16, 551–556.
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  • Netter, P., Hennig, J., & Roed, I. S. (1996). Serotonin and dopamine as mediators of sensation seeking behavior. Neuropsychobiology, 34, 155–165.
  • Piazza, P. V., Deroche, V., Deminiere, J. M., Maccari, S., Le Moal, M., & Simon, H. (1993). Corticosterone in the range of stress-induced levels possesses reinforcing properties: Implications for sensation seeking behaviors. National Academy of Science, 90, 11738–11742.
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  • Zuckerman, M. (1994). Behavioral expressions and biosocial bases of sensation seeking. New York: Cambridge Press.
  • Zuckerman, M. (1996). The psychobiological model for impulsive unsocialized sensation seeking: A comparative approach. Neuropsychobiology, 34, 125–129.
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