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Declinazioni del trauma (2023) di Laura Porta – Recensione

"Declinazioni del trauma" focalizza l’attenzione sulle differenti declinazioni del trauma in psicoanalisi, distinguendo tra trauma reale e fantasmatico

Di Nicolò Terminio

Pubblicato il 16 Mag. 2023

Nel lavoro clinico, spiega Laura Porta nel suo libro “Declinazioni del trauma”, è importante uscire da un paradigma che concepisce il trauma solo nella prospettiva del rapporto tra la vittima e il carnefice e in questo frangente entra in giro il concetto di fantasma, ripreso dall’opera di Freud e l’insegnamento di Lacan.

 

 Ci sono diverse ragioni per sottolineare l’importanza del libro “Declinazioni del trauma. Esiti destrutturanti e tentativi di simbolizzazione” di Laura Porta. Nel suo lavoro l’autrice riprende l’opera di Freud e giunge fino alle prospettive della psicoanalisi contemporanea, esplorando in profondità anche quei contributi di ricerca che provano a costruire dei ponti tra psicoanalisi e neuroscienze. In particolare la Dottoressa Porta, che è una psicoanalista di formazione lacaniana, intreccia due filoni di studi che nella psicopatologia di orientamento psicodinamico si sono sviluppati su due binari paralleli: da un lato la tradizione che prende le mosse dalla prospettiva Freud e Lacan e dall’altro le prospettive che trovano le loro basi nelle teorizzazioni di Janet e Ferenczi.

Il panorama attuale sembra apparentemente diviso tra coloro che si proclamano seguaci di Freud e che mettono in valore il meccanismo della rimozione e coloro che invece seguono Janet e si occupano delle esperienze dissociative. La fenomenologia clinica però è più complessa perché a volte il confine e la distinzione tra dissociazione e rimozione sembra sfumare: i casi clinici affrontati secondo la logica della singolarità, uno per uno, mostrano infatti una problematicità che non si lascia risolvere attraverso rigidi schematismi.

Trauma reale e trauma fantasmatico

Il lavoro di Laura Porta risulta allora molto utile perché ci permette di affrontare questi dilemmi teorici e clinici focalizzando l’attenzione sulle differenti declinazioni del trauma. L’autrice è molto precisa sia nel distinguere i traumi sia nel distinguere i meccanismi di difesa specifici che possono essere messi in atto rispetto ai traumi. Nel libro non si parla del trauma in modo generalizzato, ma viene distinto il “trauma reale”, il trauma che è avvenuto realmente nella storia del soggetto, dal “trauma fantasmatico”.

Il trauma reale non lascia scampo alle possibilità del soggetto di costruire uno scenario interiore e un corteo di simboli con cui dare significato a quello che è successo. Il trauma fantasmatico non nega l’esistenza di un trauma realmente accaduto e si configura come una sorta di riconfigurazione simbolica dell’evento realmente accaduto.

Il trauma reale azzera o riduce drasticamente le possibilità di simbolizzazione del soggetto, il trauma fantasmatico si presenta invece come il frutto di un’elaborazione inconscia del soggetto.

Potremmo tradurre la differenza tra queste due declinazioni del trauma sottolineando da un lato il trauma reale e dall’altro la fantasmatizzazione del trauma. Nel primo caso la dimensione simbolica viene compromessa nel suo sorgere, nel secondo caso invece il soggetto riesce ad appoggiarsi alle possibilità offerte dall’ordine simbolico per transitare da una posizione di oggetto a una di soggetto. In tal senso, la fantasmatizzazione del trauma è una risposta del soggetto e si configura come un balbettio di soggettivazione di un’esperienza reale.

Grazie a questa distinzione la Dott.ssa Porta stimola l’attenzione dei clinici che non si accorgono dell’importanza di una certa clinica del trauma e della dissociazione, dove cioè il trauma è effettivamente avvenuto e dove bisogna lavorare affinché il soggetto possa umanizzare la sua vita.

Il trauma reale comprende esperienze molto diverse tra loro: il lutto, l’abbandono, l’odio da parte dell’altro, l’abuso, la confusione delle lingue tra tenerezza ed erotismo (a questo proposito la Dr.ssa Porta fa diversi riferimenti a Ferenczi e, in particolare, al saggio sulla “confusione delle lingue”). I traumi reali scaturiscono anche da fenomeni naturali e ancor di più da quegli accadimenti collettivi che negano l’umanità di chi ne viene travolto. Sono momenti dove scompare ogni possibilità di simbolizzazione e il lavoro del clinico è quello di restituire – o forse potremmo dire “istituire”? – una trama simbolica per ciò che interrompe la possibilità di costruire ogni trama. Si tratta di un lavoro che cerca di portare la luce della parola in un’esperienza che sovrasta ogni possibilità di rappresentazione del soggetto.

La terza dimensione: il concetto di fantasma in Freud e Lacan

Nel lavoro clinico è importante uscire da un paradigma che concepisce il trauma solo nella prospettiva del rapporto tra la vittima e il carnefice, tra l’evento traumatico e il soggetto che lo subisce. A questo proposito l’autrice inserisce quella che chiama una “terza dimensione”. E in questo frangente convoca il concetto di fantasma riprendendo l’opera di Freud e l’insegnamento di Lacan.

 Il fantasma è l’interpretazione che il soggetto dà al suo posto nella relazione con l’Altro. Il fantasma è la costruzione che il soggetto elabora riguardo al posto che ha occupato nella relazione con l’Altro. Quindi per il soggetto c’è trauma reale quando viene azzerata la possibilità di costruire il proprio fantasma. Il trauma reale segna l’impossibilità di costruire una propria posizione attiva, attiva nel senso che è capace di dare significato a quello che sta succedendo. La dimensione del fantasma apre dunque la possibilità di simbolizzazione dei vissuti generati dal trauma reale.

Va sottolineato però che la costruzione del fantasma, sebbene offra al soggetto una posizione simbolica nella relazione con l’Altro, mostra una ripetitività che si traduce in rigidità. Il fantasma è uno schema interpretativo poco flessibile che rende la posizione simbolica del soggetto poco permeabile ai cambiamenti. Quindi il fantasma da un lato toglie al soggetto la sensazione angosciosa di essere in balia del trauma reale, dall’altro però lo fissa a uno schema relazionale che lascia poco spazio alla dimensione trasformativa dell’incontro.

Il fantasma permette al soggetto di ripararsi dall’eccesso del reale, ma allo stesso tempo fissa il soggetto alla ripetitività di uno schema interpretativo. Esiste infatti una declinazione psicopatologica del fantasma che rinchiude il soggetto in una realtà troppo rigida. In questi casi allora il lavoro psicoanalitico è chiamato a perturbare quella postazione fantasmatica a partire da cui il soggetto percepisce sé stesso e gli altri. Di fronte alla ripetizione dello schema fantasmatico l’esperienza del trauma –intesa non come annichilimento del soggetto, ma come discontinuità che interrompe la ripetizione di una trama– diventa necessaria perché apre l’opportunità per riformulare in modo nuovo uno schema diventato troppo rigido. È questa la scommessa di un professionista che non vuole leggere il trauma soltanto come un evento reale, come un eccesso non simbolizzabile, ma anche come un’occasione per una nuova costruzione simbolica. In questo snodo teorico e clinico Laura Porta tiene insieme due tradizioni psicodinamiche, quella di Freud e Lacan e quella di Janet e Ferenczi, e realizza questo intreccio presentando anche dei casi clinici.

Alla fine del libro troviamo un ulteriore passo in avanti in cui la Dott.ssa Porta ci mostra, attraverso lo studio di un contributo autobiografico della filosofa Annie Leclerc, come possa avvenire la trasformazione simbolica del trauma reale. La scrittura autobiografica apre la possibilità per assumere una posizione attiva e creativa di fronte al trauma. Anche in questo capitolo finale la Porta ci permette di osservare l’importanza di una clinica dell’uno per uno, che pone cioè attenzione al caso per caso, alla singolarità. Parlare delle declinazioni del trauma vuol dire che ogni trauma va ascoltato come unico, ma per poterlo cogliere nella sua unicità è necessario un modello teorico di riferimento, un modo per fare posto all’unicità. È in questa attenzione al caso per caso che ritroviamo il punto di annodamento tra la posizione etica dell’autrice e l’originalità della sua proposta teorica e clinica.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Porta, L. (2023). Declinazioni del trauma. Esiti destrutturanti e tentativi di simbolizzazione. Milano: Franco Angeli.
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