La fallacia dei costi irrecuperabili è un bias cognitivo che ci fa persistere in imprese fallimentari solo perché ormai vi abbiamo investito molto, facendoci sottovalutare la possibilità di mollare.
A 8.000 metri la scarsità di ossigeno si fa sentire, anche con le bombole: la respirazione si fa difficoltosa, i neuroni iniziano a morire uno dopo l’altro, si rischiano danni irreversibili al cervello; la mente non è lucida e il corpo non ha modo di acclimatarsi. Manca così poco alla vetta, così poco per arrivare sul tetto del mondo e godere della vista degli dei. Poi ecco spuntare una nuvoletta all’orizzonte. Tu sai che dovresti tornare indietro, che quell’innocuo batuffolo potrebbe trasformarsi in tormenta, ma non lo fai, perché mancano poche centinaia di metri e non vorrai mica mollare ora, giusto? Ed è così che si consuma una delle più grandi tragedie sul Monte Everest. Chiunque legga il resoconto incredibile di Krakauer della spedizione del 1996 sull’Himalaya (Thin Air) non potrà che domandarsi: “Ma perché non sono tornati indietro?!” e la risposta, di getto, sarà “Perché son matti”.
Ma che differenza c’è tra uno scalatore che non molla a pochi metri della vetta nonostante il rischio di morire e tu, che da anni resti in una relazione ormai giunta al capolinea, o tu, che da secoli ti lamenti del tuo lavoro, ma non fai nulla per andartene? Siete, siamo, tutti matti?
Nooo, siamo tenaci, caparbi, risoluti, noi non molliamo, noi non siamo dei perdenti.
Eppure ci sono situazioni in cui converrebbe smettere, ma pare che smettere sia sottovalutato.
Perché non riesco a smettere
Come sempre, le scelte peggiori non le facciamo seguendo la pancia, ma la testa. Poiché la nostra mente è irrazionale, spesso le nostre decisioni sono influenzate da bias cognitivi. Decidere di smettere non fa eccezione.
The sunk cost fallacy
Uno dei motivi che ci impedisce di mollare a metà un libro che si è rivelato una sòla o il fidanzato con cui stiamo assieme da 8 anni (che pure lui, come il libro, si è rivelato una sòla) è la fallacia dei costi irrecuperabili. Si tratta di un bias cognitivo che ci fa persistere in imprese fallimentari solo perché ormai vi abbiamo investito molto (soldi, tempo, energie…); mollare sarebbe uno spreco, ritirarsi vorrebbe dire sancire ufficialmente la perdita. Inaccettabile.
Bias dello status quo
Detto anche Bias di Padre Maronno, raggiunge la sua massima espressione in una delle domande più terrificanti che possiamo rivolgerci: “E se poi te ne penti?”. Cambiare spaventa perché, erroneamente e in maniera irrazionale, supponiamo che una scelta diversa dallo status quo peggiorerà la situazione. Meglio quindi mantenere le cose così come stanno, perché chi cambia la strada vecchia per la nuova…
Se esce testa, smetto
Come fare, quindi, a bypassare i nostri bias?
La prossima volta che dovrete decidere se mollare o tenere duro, lanciate in aria una moneta: se esce testa, mandate al diavolo il fidanzato, il capo o la serie tv che “è diventata inguardabile, ma mi sono affezionato ai personaggi”; se esce croce, non cambiate nulla della vostra situazione.
Sappiate però che è meglio esca testa.
Nel 2013 l’economista Steven Levitt ha condotto questo esperimento con più di 20.000 persone, di cui circa 6.000 hanno affidato al lancio della moneta scelte decisive per la loro vita. Dopo 6 mesi sono state ricontattate e chi aveva rinunciato era in media più felice di chi aveva perseverato nella sua situazione.
A volte il vero vincitore è colui che smette.