Il lavoro di Moorey (2023) ha lo scopo di analizzare le basi epistemologiche dei diversi interventi cognitivi per aiutare i terapeuti a scegliere di volta in volta quale tecnica adottare. Sono approfonditi i tre principali approcci epistemologici attraverso cui la tradizione cognitivo-comportamentale mette in atto la ristrutturazione delle credenze dei pazienti: logico-empirico, pragmatico e costruttivista.
La ristrutturazione cognitiva
Aiutare i pazienti a cambiare la prospettiva con cui vedono il mondo è un processo centrale nelle terapie di tipo cognitivo-comportamentale: con l’aiuto dello psicoterapeuta le persone arrivano a comprendere che, in qualche misura, le loro convinzioni sono false o inutili. Anche se la letteratura clinica si è spesa molto riguardo a questo tema, poco si è approfondito delle teorie della conoscenza che sottostanno agli interventi di ristrutturazione cognitiva. Le diverse scuole cognitivo-comportamentali assumono prospettive epistemologiche diverse nei criteri con cui valutano i pensieri dei pazienti come adattivi o maladattivi; analizzarle e comprenderle, secondo Moorey (2023), potrebbe essere d’aiuto ai terapeuti nella scelta della tecnica di volta in volta più adatta.
Gli stili epistemici
È possibile distinguere tre principali modi di conoscere la realtà o “stili epistemici” che sembrano essere associati al tipo di tecniche che i terapeuti utilizzano (Lee et al., 2013; Toska et al., 2010):
Logico-empirico: “La verità è là fuori”
Lo stile epistemico logico-empirico (ndr: rational-empiricist nel paper originale) implica il relazionarsi con il mondo attraverso le proprie capacità analitiche e secondo i propri sensi. Le credenze, pertanto, vengono valutate per la loro consistenza logica e la loro evidenza empirica (Royce, 1964). Secondo Lyddon (1991), l’approccio logico sarebbe proprio della Terapia Razionale Emotiva Comportamentale (REBT) di Ellis e l’approccio empirico corrisponderebbe alla Terapia Cognitiva-Comportamentale (CBT) di Beck. Per entrambe le scuole di pensiero esisterebbe un concetto di verità oggettiva, in virtù del quale la logica e l’evidenza sono i metri di paragone per stabilire la validità di un pensiero. Per aiutare le persone a cambiare idea, la scoperta guidata alle proprie convinzioni attraverso il metodo socratico sarebbe l’ideale: con una serie di domande mirate, quest’ultimo cercherebbe di estrarre il significato idiosincratico del paziente rispetto a una situazione per esaminare le prove a favore e contro il pensiero, oltre che eventuali errori logici (Padesky, 1993). Successivamente, alcuni esperimenti comportamentali rinforzerebbero il cambiamento cognitivo.
Pragmatico: “La verità è ciò che funziona”
Lo stile epistemico pragmatico implica il relazionarsi con il mondo attraverso la dimensione dell’utilità: anche se alcuni pensieri automatici negativi possono essere veri, cioè compatibili con la realtà, non per forza sono anche utili per il nostro benessere psicofisico. Se la verità è dunque rilevante solo nella misura in cui aiuta ad affrontare le cose, le credenze possono cambiare nel momento in cui il paziente scopre la loro inutilità, soprattutto attraverso gli esperimenti comportamentali. Tecnicamente, l’approccio pragmatico valuta i costi e i benefici in relazione a ciascun pensiero o comportamento inutile o dannoso.
Costruttivista: “La verità dipende da me”
Lo stile costruttivista implica il relazionarsi con il mondo attraverso l’esperienza simbolica: le credenze, pertanto, vengono valutate in base a un ragionamento analogico finalizzato alla costruzione e alla trasformazione dei significati della persona. Secondo Lyddon (1991), questo approccio sarebbe proprio della terapia cognitivo-costruttivista. Teoricamente, questa adotterebbe una visione della cognizione e dell’organismo proattiva (al contrario della tradizionale CBT reattiva), che promuove un modello di sistema complesso in cui pensiero, sentimento e comportamento sono espressioni interdipendenti dell’evoluzione delle interazioni tra il sé e i sistemi sociali lungo tutta la vita (Mahoney, 1991). Tecnicamente, tale terapia sarebbe meno strutturata, focalizzata sul problema e orientata all’obiettivo rispetto alla CBT tradizionale. Il suo scopo, infatti, sarebbe quello di facilitare la creazione di nuovi significati per il paziente, dando particolare interesse alla sua individualità e identità (Mahoney, 1991; Guidano, 1995). Coerentemente, i metodi che aiuterebbero a cambiare prospettiva di pensiero sul mondo sono più esperienziali e focalizzati sulle emozioni. Del resto, se la verità dipende dal punto di vista da cui si guarda il mondo, in terapia non sarebbe utile sfidare direttamente i pensieri, ma piuttosto aprire a nuove possibilità di visione della realtà.
Conclusioni
Quando usiamo la scoperta guidata per aiutare qualcuno a valutare i propri pensieri, lo stiamo invitando a cambiare prospettiva. Raramente, però, pensiamo al criterio che chiediamo loro di applicare per stabilire la validità dei pensieri. Alcune tecniche cognitive sono empiriche o razionali nelle loro assunzioni sulla verità, altre sono più pragmatiche e fanno riferimento all’utilità dei pensieri e altre ancora lavorano partendo dal presupposto che la conoscenza dipende dalla posizione in cui ci troviamo. Essere consapevoli di questi tre modi di invitare al cambiamento può dare ai terapeuti flessibilità nella scelta degli interventi, soprattutto ai professionisti più giovani che possono così sfuggire alla camicia di forza di pensare che confutare un pensiero sia l’unica forma di ristrutturazione cognitiva. D’altronde, uno dei motivi per cui alcune persone non rispondono a particolari tecniche potrebbe essere quello di non essere adatti a un modello empirico e più compatibili con uno stile epistemico costruttivista o viceversa.