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I falsi ricordi: come una parola può alterare la nostra memoria

Elizabeth Loftus, psicologa statunitense, è una dei principali fautori della teoria dei falsi ricordi e ne ha identificato le caratteristiche

Di Claudia Battipaglia

Pubblicato il 05 Apr. 2023

Il falso ricordo, o false memory, è un fenomeno per cui si ricordano avvenimenti non accaduti o particolari di un evento che si è verificato, che però non risultano veritieri (D’Ambrosio e Supino, 2014).

 Si ha la convinzione erronea che tutto quello di cui sono composti i nostri ricordi sia vero. Il nostro cervello essendo plastico, invece, è soggetto a innumerevoli condizionamenti provenienti dall’esterno, che possono permettere una modifica dei ricordi, i quali, essendo delle ricostruzioni, possono essere facilmente distorti. I nostri ricordi sono così fragili e malleabili che addirittura il modo in cui viene posta una domanda può condizionare e alterare il nostro preciso ricordo della situazione (Jarrett, 2021).

Come creiamo un ricordo?

Partiamo innanzitutto dal descrivere come si forma un ricordo, cioè l’apprendimento di nuovi fatti e/o eventi. Il processo di apprendimento avviene attraverso tre fasi: codifica, consolidamento e richiamo. La codifica è la registrazione iniziale dello stimolo proveniente dall’esterno, il quale viene analizzato dalle strutture cerebrali del lobo temporale e frontale. La codifica dello stimolo esterno è influenzata da diversi fattori: l’attenzione nel registrare l’informazione, la profondità di elaborazione di questa e il tipo di apprendimento che abbiamo utilizzato in quella situazione. La seconda fase è il consolidamento, dove le informazioni, una volta processate, vengono immagazzinate sotto forma di ricordo. L’aspetto più importante della memoria però, è costituito dalla capacità di richiamo o recupero, che può essere sollecitato da un singolo indizio, come guardare il volto di una persona o ascoltare una melodia. Il recupero dei ricordi che in precedenza sono stati immagazzinati è gestita dalla parte mediale del lobo temporale, in particolare dall’ippocampo (Legrenzi et al., 2012).

Il falso ricordo

Il falso ricordo, o false memory, è un fenomeno per cui si ricordano avvenimenti non accaduti o particolari di un evento che si è verificato, che però non risultano veritieri (D’Ambrosio e Supino, 2014). Molti falsi ricordi confondono frammenti di eventi che possono essersi verificati in tempi diversi, ma che vengono ricordati come se fossero accaduti nello stesso momento, mescolano sogni come eventi realmente accaduti o possono essere il risultato di un condizionamento esterno da parte di terzi.

I falsi ricordi possono classificarsi in:

  • falsi ricordi testimoniali: cioè quando un evento, a cui si è assistito, è soggetto a modifica e quindi viene ricordato in modo distorto, parziale o impreciso;
  • falsi ricordi autobiografici: cioè quando si crede, in buona fede, di aver vissuto in prima persona un evento (D’Ambrosio e Supino, 2014).

La teoria dei falsi ricordi secondo Elizabeth Loftus

Elizabeth Loftus, psicologa statunitense, è una dei principali fautori della sindrome dei falsi ricordi, ed ha partecipato come consulente in alcuni tra i più importanti processi negli USA, come quelli di Ted Bundy o di O.J. Simpson (Jarrett, 2021). La Loftus ha cominciato i suoi studi ponendo attenzione alla memoria e ai suoi legami con la semantica, focalizzandosi sullo studio dei ricordi di persone che avevano vissuto incidenti automobilistici, e ha scoperto che anche solo la variazione di una singola parola in una domanda, come “colpita” o “distrutta” e “un” o “il”, poteva produrre dei risultati completamente diversi nella rievocazione di una stessa situazione, sufficiente per condannare o assolvere un imputato (Jarrett, 2021). Tali ricerche dimostrano come siamo inclini alla creazione di falsi ricordi, in modo conscio e inconscio, specialmente se influenzati da figure autorevoli.

 Lei stessa ha vissuto sulla propria pelle questa teoria: trent’anni dopo che sua madre era morta annegata in una piscina, suo zio le raccontò di essere stato il primo a trovare il corpo, e lei ripercorrendo nella sua mente il ricordo di quell’evento ricordò che andò proprio così. Tre giorni dopo, però, la Loftus scoprì che in realtà non era accaduto questo, ma la prima persona a scoprire il corpo della madre fu in realtà sua zia: la Loftus stessa era stata indotta alla creazione di un falso ricordo (Jarrett, 2021).

Lo studio di Murphy et al.

Un’ulteriore conferma di questa teoria ci è stata fornita dal follow-up di Murphy et al. su un campione di 630 partecipanti, che sei mesi prima avevano partecipato a uno studio in cui erano stati esposti a notizie politiche inventate. Si sono messi a confronto i ricordi di questi “partecipanti continuativi”, sia introducendo notizie nuove che notizie ottenute in precedenza, con i ricordi di 474 partecipanti appena reclutati ed è emerso che, rispetto ai nuovi partecipanti, quelli “continuativi” avevano meno probabilità di segnalare un falso ricordo per una storia a cui erano stati precedentemente esposti, ed erano anche meno propensi a segnalare un falso ricordo per una nuova notizia falsa. Da questo studio, infatti, è emerso che la ripetuta esposizione a informazioni di verità illusoria, è probabile che possa aumentare la veridicità percepita e di conseguenza andare ad alterare il ricordo (Murphy et al., 2020).

I fattori che possono influenzare la creazione di un falso ricordo

Ci sono alcuni fattori che possono determinare la creazione di un falso ricordo (Meloni, 2021):

  • percezione: uno dei primi motivi dell’installazione di un falso ricordo è un’errata codifica della situazione che ci troviamo di fronte. Il ricordo originale può presentare dei vuoti, i quali vengono colmati con qualcosa che crediamo di aver visto o vissuto quando in realtà non è così;
  • interferenza: può essere reattiva, quando le esperienze più recenti influenzano quelle passate, o proattiva, quando sono invece i ricordi del passato ad intaccare quelli nel presente;
  • disinformazione: può capitare che informazioni veritiere siano contaminate da informazione inattendibili, e questo è un fattore molto importante da prendere in considerazione, soprattutto in ambito giuridico e processuale;
  • errata attribuzione: vengono uniti erroneamente più ricordi di diverse situazioni, anche immaginarie, in un unico evento;
  • approssimazione: secondo la teoria del fuzzy trace, ossia “traccia sfuocata”, la nostra memoria cattura tutti i dettagli e i significati di un evento e, nel momento in cui un significato di qualcosa di mai accaduto si sovrappone a un’esperienza reale, si forma il falso ricordo.
  • emozione: parlando precedentemente di apprendimento abbiamo detto che l’immagazzinamento di un ricordo è influenzato anche dall’emozione che viviamo in quel momento, infatti gli eventi molto intensi emotivamente sono più difficili da ricordare, e l’incidenza di falsi ricordi è proporzionale al livello di eccitazione che stavamo vivendo in quel dato istante;
  • temporalità: il tempo è il peggior nemico per un ricordo, infatti maggiore sarà il tempo trascorso dal ricordo che vogliamo rievocare, maggiori saranno le imprecisioni e la probabilità di alterare tale ricordo (Meloni, 2021).

Conclusioni

Nessuno è infallibile o immune alla creazione di un falso ricordo, sia esso conscio o inconscio, costruito individualmente o influenzato dall’esterno. Il nostro cervello è plastico, e come tale risulta essere malleabile e soggetto alle suggestioni e alle modificazioni. Bisogna prendere coscienza che la nostra memoria non è sempre efficace, ma anzi la non informazione circa questi “effetti” può determinare un campo fertile in cui l’individuo facilmente può diventare un soggetto influenzabile e quindi dominabile.

 

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