Secondo questo studio l’uso problematico di ecstasy si è dimostrato essere associato sia a motivazioni riguardanti la teoria dell’automedicazione (il suo utilizzo per alleviare il malessere), sia a motivazioni legate al suo utilizzo per indurre euforia.
L’uso di ecstasy
Alcuni studi evidenziano che la maggior parte degli individui che fa uso di ecstasy nel tempo ne diminuisce naturalmente l’utilizzo (Smirnov et al., 2013); nonostante questo, una minoranza dei consumatori riferisce problemi di dipendenza (Substance Abuse and Mental Health Services Administration, 2014). L’uso problematico di ecstasy, nonostante non si riferisca necessariamente a grandi quantità e alte frequenze di consumo, indica un utilizzo ricorrente della sostanza nonostante le conseguenze negative e le preoccupazioni che ne conseguono (United Nations Office for Drug Control and Crime Prevention, 2000). È importante sottolineare che gli individui che riferiscono un uso problematico di ecstasy sperimentano conseguenze significativamente negative a livello psicologico, sociale e di salute fisica (Meikle et al., 2020).
Una delle variabili che potrebbe avere un ruolo nell’utilizzo problematico dell’ecstasy è l’impulsività, che si è riscontrata essere associata alle occasioni di utilizzo e al numero di pillole assunte nel corso della vita (Hanson et al., 2008; Taurah et al., 2014).
Il malessere psicologico, inoltre, risulta essere un ulteriore fattore rilevante e uno studio ha riportato esserci un’associazione tra depressione e sintomi di dipendenza dall’ecstasy (Boys et al., 1999; Boys & Marsden, 2003).
A livello demografico, invece, le differenze di genere nell’utilizzo di ecstasy non sono state ancora confermate, ma alcune ricerche evidenziano un maggior rischio per gli uomini, che hanno riportato maggiori sintomi di consumo problematico di ecstasy rispetto alle donne (Scheier et al., 2008; Yacoubian et al., 2004).
Le motivazioni dell’uso di ecstasy
Anche lo studio delle motivazioni per cui si ricorre a fare uso di ecstasy hanno dato risultati significativi: infatti, il suo utilizzo per far fronte ad un disagio è stato associato a frequenza e intensità del consumo (Boys et al., 1999; Boys & Marsden, 2003).
Oltre ai fattori di rischio valutati singolarmente, risulta essere rilevante anche comprendere le relazioni reciproche tra questi predittori (Kraemer et al., 2001); per questo l’articolo pubblicato nel 2020 (Meikle et al., 2020) ha avuto come scopo quello di analizzare l’impulsività, il malessere psicologico e le motivazioni, in relazione all’utilizzo problematico di ecstasy (riferito ai 12 mesi precedenti).
Lo studio, prendendo in considerazione un campione di 483 individui (Scheier et al., 2008), ha riportato che sia i tratti di impulsività auto-riferiti, che il malessere psicologico, risultavano collegati all’uso problematico di ecstasy.
Le analisi inoltre hanno rilevato l’assenza di differenza di genere.
Secondo questo studio l’uso problematico di ecstasy si è dimostrato essere associato sia a motivazioni riguardanti la teoria dell’automedicazione (il suo utilizzo per alleviare il malessere), sia a motivazioni legate al suo utilizzo per indurre euforia.
Attraverso delle analisi combinate, è emerso che gli individui con alti livelli di impulsività che presentavano anche malessere psicologico, avevano maggiore rischio di sviluppare problematiche relative al consumo di ecstasy; l’impulsività può portare le persone a scegliere i metodi più semplici e immediati per fronteggiare il disagio, come ricorrere alle droghe (Hull & Slone, 2004; Vohs & Baumeister, 2016). In realtà nello studio è stata riportata anche un’associazione diretta ed indipendente tra impulsività e malessere psicologico; questo potrebbe essere inteso come una generale propensione degli individui con elevata impulsività, a non tenere conto delle conseguenze negative a cui si potrebbe essere esposti (Magid et al., 2007).
Anche il disagio psicologico, indipendentemente dall’impulsività, è stato riportato essere un fattore di rischio per il consumo problematico di ecstasy; questo risultato, oltre ad essere in linea con la teoria dell’automedicazione in riferimento all’utilizzo delle droghe (Smith et al., 2017), conferma i dati riscontrati da uno studio condotto recentemente, che ha riportato un aumento del tasso di disagio psicologico tra gli individui con uso problematico di ecstasy pari al 48% (National Drug Strategy Household Survey 2016 Detailed Findings, 2017).
Considerazioni conclusive
In conclusione, lo studio condotto nel 2020 ha contribuito ad ampliare le conoscenze rispetto ai fattori psicologici e motivazionali implicati nell’utilizzo problematico di ecstasy; l’impulsività ed il disagio psicologico, assieme a determinate motivazioni (riguardanti la volontà di fronteggiare un disagio o per provare euforia), sono risultati essere dei potenziali fattori di rischio, indicando la necessità di programmi d’intervento mirati non solo al trattamento della dipendenza, ma anche alla valutazione e alla cura del disagio psicologico, che si è visto essere ricollegato alle motivazioni di utilizzo di ecstasy.