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Neuroplasticità e riconsolidamento della memoria: la ricodifica degli apprendimenti emozionali in terapia

La ricerca su neuroplasticità e riconsolidamento della memoria ha aperto la strada per comprendere il processo fondamentale del cambiamento trasformazionale

Di Bruno Gabrielli

Pubblicato il 02 Feb. 2023

Aggiornato il 03 Feb. 2023 11:59

Le più recenti ricerche sulla memoria (Ecker, 2018) hanno identificato un particolare tipo di neuroplasticità innata del cervello, nota come riconsolidamento della memoria, che permette la modifica o la sostituzione di risposte emotive disfunzionali con altre più funzionali. 

 

 Con “apprendimento emozionale” si fa riferimento al modo in cui una persona ha appreso a reagire emotivamente alle situazioni attivanti di ogni giorno. Le risposte emotive disfunzionali, considerate oggetto di disagio dal paziente, sono dovute infatti ad apprendimenti emozionali codificati dal sistema nervoso per mezzo della sua capacità neuroplastica (Price & Duman, 2020).

Le ricerche sul riconsolidamento della memoria hanno dimostrato che la psicoterapia, stimolando il paziente a reagire emotivamente in modi più adattivi e funzionali, induce una vera e propria modifica strutturale del sistema nervoso (Ecker, 2018).

Neuroplasticità e riconsolidamento della memoria

La capacità neuroplastica del cervello permette al sistema nervoso di riorganizzare la sua struttura, la sua funzione e le sue connessioni in risposta agli stimoli ambientali (Cramer et al., 2011). Tale plasticità ci permette di apprendere dall’esperienza, ed è pertanto altresì responsabile della registrazione a lungo termine di quegli apprendimenti emozionali che sono causa di disagio in gran parte dei disturbi mentali.

Lo stress cronico e i comportamenti di tipo depressivo nella ricerca neuroscientifica di base sono stati associati a compromissioni funzionali della neuroplasticità: se da un lato i pazienti con disturbi d’ansia presentano un’eccessiva reattività neurale nel sistema limbico, che gioca un ruolo fondamentale nelle reazioni emotive, d’altro canto la depressione è caratterizzata da un vero e proprio fallimento della neuroplasticità, con atrofia neuronale e depressione sinaptica nella corteccia prefrontale mediale e nell’ippocampo (Price & Duman, 2020).

Le più recenti ricerche sulla memoria (Ecker, 2018) hanno identificato un particolare tipo di neuroplasticità innata del cervello, nota come riconsolidamento della memoria, che permette la modifica o sostituzione di risposte emotive disfunzionali con altre più funzionali.

Il riconsolidamento della memoria è un meccanismo innato del cervello per cui nuove esperienze apprese modificano o sostituiscono direttamente i contenuti della memoria acquisiti in un apprendimento precedente. Questo aggiornamento dei contenuti della memoria determina un cambiamento sia a livello soggettivo che di codifica neurale: si tratta di un processo di cambiamento neurologico guidato dall’esperienza (Ecker & Bridges, 2020).

La psicoterapia come strumento di ricodifica neurale

Per anni si è pensato che non fosse possibile modificare le tracce di apprendimenti pregressi che si trovano nella memoria implicita, al di fuori della consapevolezza cosciente.

Definire la ricodifica degli apprendimenti emotivi disfunzionali come obiettivo della psicoterapia è un’affermazione che nessun neuroscienziato si sarebbe azzardato a fare prima della scoperta del riconsolidamento della memoria; ora, invece, è un obiettivo riconosciuto come una possibilità fondata sulla ricerca empirica (Ecker, 2018).

 La rilevanza dei risultati della ricerca sul riconsolidamento per la psicoterapia è potenzialmente molto grande, perché i sintomi clinici sono mantenuti da apprendimenti emotivi conservati nella memoria implicita, in un’ampia gamma di patologie. Tra queste troviamo la maggior parte dei casi di attaccamento insicuro, la sintomatologia post-traumatica, il comportamento compulsivo, la dipendenza, la depressione, l’ansia, la bassa autostima e il perfezionismo, oltre a molti altri sintomi (Ecker & Bridges, 2020).

Come cambia l’attività cerebrale prima e dopo la psicoterapia

Negli studi condotti (Ecker, 2018; Ecker & Bridges, 2020), sono stati confrontati i livelli di attività cerebrale nei pazienti prima e dopo la terapia, tramite la risonanza magnetica funzionale (fMRI), e ne sono state osservate le differenze. Questo approccio è stato utilizzato principalmente nei casi di depressione, e ha identificato dei cambiamenti localizzati in specifiche aree frontali, cingolate e limbiche; nello specifico, si è osservata una diminuzione dell’attività dell’amigdala, la quale gioca un ruolo chiave nell’attribuzione di significati emotivi ai ricordi, e un aumento dell’attività della corteccia prefrontale dorsolaterale, responsabile della pianificazione e della regolazione del comportamento. Cambiamenti simili sono stati evidenziati anche nei casi di ansia, disturbi alimentari e sindrome dell’intestino irritabile (Collerton, 2013).

Questi risultati ci suggeriscono che i cambiamenti che avvengono a livello cosciente in seguito alla psicoterapia influiscono sulle variazioni di attività cerebrali nelle zone sopraindicate: se da un lato vi è una diminuzione dell’attivazione emotiva (minore attività limbica), dall’altro vi è un aumento della riflessività (maggiore attività frontale).

Gli operatori della salute mentale mirano ad aiutare i loro pazienti a modificare in modo efficace comportamenti, emozioni e pensieri disfunzionali. I vari sistemi di psicoterapia spesso producono cambiamenti profondi e duraturi, ma i loro resoconti su come e perché tali cambiamenti avvengano differiscono notevolmente, così come i loro metodi. La ricerca sul riconsolidamento della memoria ha dunque aperto la strada a un nuovo terreno comune tra neuroscienziati e clinici, che da decenni tentano di arrivare ad una comprensione chiara e sicura del meccanismo e del processo fondamentale del cambiamento trasformazionale (Ecker & Bridges, 2020).

Entrando in contatto con le funzioni più coscienti del paziente, sottoposte al controllo esecutivo e volontario, un percorso di psicoterapia può indurre una vera e propria modifica strutturale del sistema nervoso. Le risposte emotive disfunzionali che originano dai centri cerebrali emotivi sottocorticali (aree limbiche) possono essere regolate terapeuticamente attraverso la creazione di apprendimenti e risposte preferenziali in altre regioni del cervello (aree prefrontali) che inviano connessioni neurali di regolazione alle regioni sottocorticali (Price & Duman, 2020).

A fronte di questi risultati si può pensare al riconsolidamento della memoria come un modello generale di cambiamento per un suo utilizzo nella pratica clinica. Sebbene gran parte degli studi abbiano preso in esame la Terapia Cognitivo-Comportamentale, la rilevanza dei risultati ottenuti è applicabile anche ad altre psicoterapie in grado di promuovere un cambiamento in modo stabile (Collerton, 2013).

 

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