Lo studio condotto nel 2020 da van Denderen e colleghi, ha come scopo quello di esplorare, in quattro ospedali psichiatrici forensi diversi, la giustizia riparativa e l’esperienza degli assistenti sociali durante l’incontro tra vittima e autore di reato.
La giustizia riparativa
Il crescente interesse nei confronti del contatto tra vittima e autore di reato, nella pratica scientifica così come in quella clinica, si inserisce in generale nel contesto degli sviluppi delle pratiche di Giustizia Riparativa (Restorative Justice, RJ).
La giustizia riparativa è un approccio nei confronti del crimine che dà alle vittime, agli autori di reati ed agli altri individui coinvolti, una maggiore influenza nel modo in cui le conseguenze del reato sono trattate (Latimer et al., 2005; Sherman et al., 2015).
Le pratiche di giustizia riparativa danno maggiore rilevanza alla possibilità di coinvolgere e tenere conto dei bisogni delle vittime e degli autori di reato (Robinson & Shapland, 2007). Queste pratiche vogliono essere un mezzo di riparazione morale, psicologica e sociale (Zinsstag & Keenan, 2017).
Alcuni studi hanno riportato effetti positivi che includono: una diminuzione della rabbia, del bisogno di vendetta e dei sintomi del disturbo da stress post-traumatico delle vittime (Angel et al., 2014; Daly, 2003). Ciononostante, altri studi hanno riportato anche risultati negativi, come il peggioramento dei sentimenti di paura da parte delle vittime nei confronti degli aggressori (Wemmers & Cyr, 2005).
Anche riguardo ai pochi studi che hanno indagato l’impatto del contatto tra vittime e autori di reato sulla recidività, i risultati hanno rilevato dati contrastanti (Jonas-van Dijk et al., 2020; Livingstone et al., 2013).
Le procedure ed i possibili miglioramenti riguardanti il contatto tra vittime e autori di reato, o in generale riguardanti le pratiche di giustizia riparativa, sono state spesso studiate prima della sentenza come un’aggiunta al procedimento penale oppure in un contesto carcerario (Latimer et al., 2005; Sherman et al., 2015; Stewart et al., 2018; Strang et al., 2006; Wemmers & Cyr, 2005; Zebel et al., 2017).
L’incontro tra vittima e autore di reato
I dati sono ancora insufficienti; si hanno poche evidenze riguardo alle circostanze in cui potrebbe essere vantaggioso il contatto tra vittime e autori di reato, così come non si sa molto della presenza di specifiche caratteristiche degli autori di reato che potrebbero influenzare i risultati. Per questo, lo studio condotto nel 2020 da van Denderen e colleghi, ha come scopo quello di esplorare, in quattro ospedali psichiatrici forensi diversi, l’esperienza degli assistenti sociali durante l’incontro tra vittima e autore di reato.
In particolare, gli autori hanno intervistato 35 assistenti sociali su 56 casi di reato, investigando: la psicopatologia degli individui, il reato commesso, la relazione tra vittima e autore di reato, lo svolgimento del contatto e i possibili fattori di promozione o di ostacoli che possono occorrere.
Il risultato principale riguarda la capacità degli autori che hanno commesso reati gravi e con severi disturbi mentali di avere un contatto con la vittima, a seconda degli obiettivi e della tipologia di contatto. Infatti, gli assistenti sociali non hanno riscontrato particolari categorie di disturbi mentali o di reati che escludessero –“per definizione” e a priori– l’incontro.
Gli assistenti sociali hanno inoltre riportato che il contatto tra vittime e autori di reato può determinare numerosi benefici; alcune vittime ottengono risposte alle loro domande e sono in grado di esprimere le conseguenze emotive del crimine al loro aggressore, mentre gli autori dei crimini riescono ad esprimere il loro rammarico alla vittima e riescono anche a ripristinare i possibili precedenti rapporti (in caso le vittime fossero parenti dell’aggressore).
In linea con i risultati di un precedente studio condotto nel 2015 (Cook et al., 2015), il processo preparatorio è risultato essere un altro fattore benefico, sia per la vittima che per l’autore di reato, anche in assenza di un contatto conclusivo.
Gli assistenti sociali hanno riscontrato determinate caratteristiche che risultano facilitare od ostacolare il contatto: secondo quanto riferito nelle interviste, la consapevolezza dei problemi causati, la capacità riflessiva ed una condizione psichiatrica stabile sono fattori che possono influire positivamente; al contrario, una comprensione scarsa del problema arrecato alla vittima, insieme ad aspettative irrealistiche su ciò che potrebbe succedere incontrando la vittima, sono fattori che possono influire negativamente.
Un dato importante è che, gestendo le aspettative delle due parti, nella maggior parte dei casi gli assistenti sociali sono riusciti a far avvenire il contatto nonostante le caratteristiche ostacolanti (Drennan, 2018).
I risultati di questo studio suggeriscono che la psicopatologia dell’autore di reato non è necessariamente determinante per il contatto con la vittima; in realtà, è stato riscontrato che molti dei risultati positivi dipendono dalle competenze degli assistenti sociali e del team per il trattamento, dal modo di gestire la psicopatologia e dalla forma di contatto che si decide di far intraprendere. Anche questo dato è in linea con i risultati precedenti che evidenziano che per permettere un contatto con autori di reato che soffrono di disturbi mentali, sia necessaria una maggior formazione e personale qualificato a lavorare con pazienti che soffrono di psicopatologie gravi (Garner & Hafemeister, 2003).
Una delle motivazioni principali che porta gli autori di reato a voler instaurare un contatto è il ripristino dei legami con i parenti (che sono state vittime). Questo è in linea con altre ricerche che hanno mostrato l’efficacia delle pratiche riparative nel rafforzare la rete di sostegno sociale (Hafemeister et al., 2012). Un ambiente familiare stabile e un forte sostegno sono risultati essere dei fattori protettivi nei confronti di individui che mostrano comportamenti violenti ripetuti (de Vogel et al., 2011).
Conclusioni
In conclusione, è stato riportato che il contatto tra vittima e autore di reato non dovrebbe essere scoraggiato a priori poiché, come riportato dagli assistenti sociali in questo studio, non sono state riscontrate specifiche categorie di disturbi mentali o reati per i quali il contatto è escluso per definizione. Facilitare il contatto è un processo complesso che richiede professionisti altamente qualificati, preferibilmente in gruppi multidisciplinari. È importante che la direzione degli ospedali forensi aiuti i propri professionisti a svolgere al meglio il loro lavoro, fornendo tempo, formazione e mezzi sufficienti all’organizzazione del contatto tra vittima e autore di reato (van Denderen et al., 2020).