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Relazioni sociali in assenza di gravità: astronauti in orbita

A bordo di una navicella occorre che tra gli astronauti si formi una buona squadra, il che esige la compatibilità psicologica dei membri dell’equipaggio

Di Cristina Peluso

Pubblicato il 17 Nov. 2022

Una nave spaziale multiposto prevede che gli astronauti siano legati, non solo alla propria navicella, ma anche gli uni agli altri e formino con la nave spaziale quello che può essere definito “sistema uomo-uomomacchina”.

 

Gli eroi della solitudine

 È evidente che gli occupanti di un’astronave dovranno restare in permanenza al posto centrale di pilotaggio, mantenersi in contatto radio con la Terra, fare il punto, dedicarsi ad esperimenti e ad osservazioni scientifiche, vegliare sul buon funzionamento dei diversi sistemi e apparecchi di bordo e se necessario ripararli. Quando alla fine saranno giunti alla meta, gli astronauti non avranno quasi il tempo di riposarsi. Solo specialisti altamente qualificati potranno venire a capo di impegni tanto complicati. Più numerosi saranno gli uomini a bordo, meglio sarà per la missione. Ma le possibilità delle astronavi sono limitate, bisognerà quindi economizzare al massimo sul peso e, cosa altrettanto importante, limitare al minimo indispensabile le riserve di sostanze che permettono di produrre aria e cibo. Una delle soluzioni più opportune consiste nel curare al massimo la formazione degli astronauti, che dovrà essere il più possibile completa (Emurian & Brady, 2007, pp. 113-114).

La secolare esperienza degli uomini di mare attesta che l’assegnazione di più compiti è perfettamente realizzabile. L’equipaggio delle prime astronavi interplanetarie potrà consistere soltanto in quattro o sei uomini che si ripartiranno razionalmente diversi compiti da svolgere. Il grado di comandante verrà attribuito ad un cosmonauta esperto, al tempo stesso pilota e ingegnere, altamente competente in navigazione cosmica e apparecchiature radio, che conosca a fondo il funzionamento dei principali sistemi di bordo e l’astronave nel suo insieme. Egli piloterà l’astronave nelle fasi essenziali del volo (il decollo, l’atterraggio, il passaggio delle fasi pericolose) e comanderà il resto dell’equipaggio.

Non si potrà fare a meno di un pilota competente in cosmologia (la branca dell’astronomia che si occupa della struttura dell’universo) e ovviamente pratico di navigazione cosmica. Egli avrà l’incarico di stabilire le traiettorie ottimali di volo e di elaborare il modo migliore di dirigere l’astronave secondo queste traiettorie. Simili voli avranno come punto di partenza e di arrivo non soltanto la Terra, ma anche altri pianeti. Passando in prossimità dei corpi celesti, e dunque nei loro campi di attrazione, le traiettorie del volo dipenderanno dalle caratteristiche fisiche di questi corpi e soprattutto dalla loro massa. Il pilota prenderà in considerazione anche la direzione dei flussi meteoritici al fine di evitarli in tempo. Egli dovrà conoscere con precisione non solo la parte di Spazio attraversata dalla sua astronave, ma anche il pianeta di destinazione, con particolare riferimento all’accelerazione di gravità sulla sua superficie, lo stato di quest’ultima, la composizione dell’eventuale atmosfera, la struttura del suolo, eccetera. È possibile che, una volta giunti a destinazione, egli debba anche svolgere funzioni di meteorologo, di geodeta e di sismologo, dovendo inoltre essere pronto a sostituire il comandante di bordo in qualsiasi momento (A. D. Kelly & Kanas, 1992, pp. 721-722).

È indispensabile che l’equipaggio di un’astronave comprenda un tecnico operatore radio, il cui lavoro consisterà non solo nell’assicurare il contatto con la Terra, ma anche nell’individuare tramite il radar un eventuale flusso di meteoriti e nel determinare la distanza esatta che separa l’astronave dal pianeta sul quale dovrà atterrare. Le sue competenze dovranno anche comprendere la valutazione dell’intensità delle radiazioni nello Spazio cosmico durante il volo e sul pianeta di arrivo, nonché lo studio di diversi fenomeni fisici e tutti gli esperimenti previsti.

Occorreranno anche i servizi di uno/due meccanici, che avranno il compito di mantenere in buono stato di funzionamento i sistemi dell’astronave. Naturalmente l’equipaggio comprenderà anche un medico (Andersen & Tewfik, 2009, pp. 1029).

Il primo medico- cosmonauta fu Boris Egorov. Nel corso del volo egli misurò la propria pressione e quella dei suoi compagni, analizzò il sangue e l’aria espirata dagli occupanti del veicolo, studiò la sensibilità del sistema vestibolare nello Spazio, il modo in cui l’occhio percepisce i colori in condizioni di volo, i cambiamenti funzionali che intervengono nell’organismo, l’effetto dell’assenza di peso sulla capacità di lavoro e sullo stato psichico (Gagarin & Lebedev, 2016, pp. 138).

I medici-astronauti chiamati a partecipare a voli di lunga durata seguono una preparazione speciale, perché devono possedere conoscenze molto estese dovendo vegliare sulla salute dei membri dell’equipaggio e controllare il funzionamento dei sistemi di sopravvivenza. Giunti sul pianeta di destinazione avranno compiti da zoologi, botanici, microbiologi, geologi, eccetera. Se il caso lo richiede, il medico-cosmonauta deve essere pronto ad effettuare interventi chirurgici. Come a bordo dei sottomarini, per esempio, egli avrà per assistenti alcuni membri dell’equipaggio (T. H. Kelly, Hienz, Zarcone, Wurster & Brady, 2005, pp. 228).

In generale i membri dell’equipaggio dovranno assolvere a parecchie funzioni, tra queste anche la posizione ai posti di pilotaggio. In alcuni casi saranno tutti occupati nello stesso momento: in corso di decollo, durante lo stivaggio, l’atterraggio, l’attraversamento di zone particolarmente pericolose e naturalmente in caso di avaria (Doorn, Gardoni & Murphy, 2019, pp. 125).

Psicologia di gruppo in missione

 Una nave spaziale monoposto costituisce quello che viene definito “sistema uomomacchina”. Una nave spaziale multiposto è evidentemente molto più complessa: in questo caso i suoi occupanti sono legati non solo alla propria navicella, ma anche gli uni agli altri e formano con la nave spaziale quello che può essere definito “sistema uomo-uomomacchina”. Se da un lato una specializzazione maggiormente settoriale e una separazione piuttosto netta delle diverse funzioni di pilotaggio, di stivaggio e di collegamento assicurano una gestione più efficace che nel caso di una nave spaziale monoposto (in cui tutte le funzioni sono compiute da un uomo solo), questa separazione dei compiti esige un coordinamento molto preciso, una profonda comprensione reciproca e l’attitudine a sostituirsi l’uno con l’altro. Soltanto sulla base di queste condizioni l’equipaggio sarà in grado di condurre a buon fine i compiti estremamente difficili che gli verranno affidati (Pagel & Chouker, 2016, pp. 1449). Questa coesione nel lavoro riveste un’importanza particolare quando è necessario prendere decisioni urgenti e non c’è tempo per riflettere. Questo problema è familiare già negli aviatori. Quando il tempo stringe, non basta che tutti conoscano perfettamente le loro mansioni e che siano competenti: occorre anche che si formi una buona squadra, il che esige la compatibilità psicologica di tutti i membri dell’equipaggio. In caso contrario anche se il comandante, il pilota, il meccanico e il tecnico radio fossero tutti all’altezza del loro compito, i risultati sarebbero deludenti. Infatti, dove la competenza professionale e la disciplina di tutti i membri dell’equipaggio si alleano allo spirito di solidarietà e di collaborazione, il successo è assicurato. Il pilota, il tecnico radio, il meccanico e il comandante devono conoscere perfettamente il loro compito; ognuno di essi deve sapere in cosa consistono le mansioni dei propri compagni ed essere pronto, se le circostanze lo esigono, ad essere loro d’aiuto. Nelle criticità la solidità e l’omogeneità di un equipaggio vengono realmente messe alla prova. In tali casi chi si preoccupa unicamente di se stesso, rimettendosi per il resto al solo comandante di bordo, rappresenta un grave pericolo per la squadra (N. A. Kanas et al., 2006, pp. 414-415). Sembra che la mancanza di coesione di un equipaggio risulti dall’assenza di legami di amicizia e di rispetto reciproci ed eventualmente dall’esistenza di sentimenti di inimicizia. Di fatto l’assenza di unità e gli inconvenienti che ne derivano si spiegano soprattutto con la mancanza di contatti e di reciproca comprensione sul piano professionale (Xu, Li & Jiang, 2013, pp. 54). La ricerca in campo psico-sociale evidenzia come la coesione, ovvero quella serie di legami che si creano all’interno di un gruppo, sia legata a un senso di connessione che porta a vedere il gruppo come un tutt’uno: questo senso di connessione aumenta il livello di cooperazione all’interno del gruppo e ne rafforza l’identità. Le dinamiche di natura sociale che conducono un equipaggio verso la coesione passano attraverso tre fasi: la prima corrisponde all’apertura verso le interazioni e la ricerca di interessi comuni; nella seconda si possono formare dei sottogruppi sulla base di affinità comuni, di interessi, di tendenze politiche ed ideologiche; nella terza fase avviene la fusione del gruppo attorno a norme comuni e ad un interesse sociale comune. È chiaro che qualcuno potrà non riconoscervisi, ad esempio per differenze culturali, e che possano verificarsi momenti di tensione o addirittura conflitti più importanti. Naturalmente, le caratteristiche delle personalità individuali giocano un ruolo fondamentale per la creazione di un gruppo coeso. I dati evidenziano come un alto livello di identificazione con la missione sia associato a un più alto livello di condivisione degli obiettivi, di comportamento prosociale e di motivazione (Thompson, 2012, pp. 199- 200). Pur conoscendo bene le particolarità di ognuno dei membri di un gruppo, è impossibile prevedere quale sarà il comportamento del gruppo nel suo insieme, quali rapporti si instaureranno e in che modo le azioni individuali influenzeranno l’attività collettiva. Lungi dall’essere una semplice somma aritmetica di individui, un gruppo costituisce un organismo unico che possiede caratteristiche proprie (Miller et al., 2014, pp. 74). In aviazione la coesione di un equipaggio si crea dopo numerosi voli effettuati insieme, ma evidentemente non è possibile operare nello stesso modo nel caso degli astronauti: gli istruttori e gli psicologi hanno l’arduo compito di formare equipaggi omogenei e coesi prima delle spedizioni spaziali.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Andersen, B. L. & Tewfik, H. H. (2009). Psychological reactions to radiation therapy: reconsideration of the adaptive aspects of anxiety. Journal of Personality and Social Psychology, 1024–1032.
  • Doorn, N., Gardoni, P. & Murphy, C. (2019). A multidisciplinary definition and evaluation of resilience: the role of social justice in defining resilience. Sustainable and Resilient Infrastructure, 112–123.
  • Emurian, H. & Brady, J. (2007). Behavioral health management of space dwelling groups: safe passage beyond earth orbit. The Behavior Analyst Today, 113–114.
  • Gagarin, J. A. & Lebedev, V. I. (2016). Quello che ho visto nello spazio: Psicologia e cosmo nell'esperienza del primo uomo a volare tra le stelle. Roma: Red Star Press.
  • Kanas, N. A., Salnitskiy, V. P., Ritsher, J. B., Gushin, V. I., Weiss, D. S., Saylor, S. A.,. . . Marmar, C. R. (2006). Human interactions in space: ISS vs. Shuttle/Mir. Acta Astronautica, 413–419.
  • Kelly, A. D. & Kanas, N. (1992). Communication of crew members in space: an investigation of astronauts and cosmonauts. Medicina Aeronautica, Spaziale e Ambientale, 721–726.
  • Kelly, T. H., Hienz, R. D., Zarcone, T. J., Wurster, R. M. & Brady, J. V. (2005). Crewmember performance before, during, and after spaceflight. Journal of the Experimental Analysis of Behavior, 227–241.
  • Miller, C. A., Fischer, U., Smith-Jentsch, K., Kozlowski, S. W. J., Mosier, K., Wu, P. & Whitmore, M. (2014). Research in long term human performance in Space. Proceedings of the Human Factors and Ergonomics Society Annual Meeting, 72– 76.
  • Pagel, J. I. & Chouker, A. (2016). Effects of isolation and confinement on humansimplications for manned space explorations. Journal of Applied Physiology, 1449–1457.
  • Thompson, T. (2012). Joseph Brady: synthesis reunites what analysis has divided. The Behavior Analyst, 197–208.
  • Xu, Y., Li, Y. & Jiang, L. (2013). The effects of situational factors and impulsiveness on drivers' intentions to violate traffic rules: difference of driving experience. Accident; Analysis and Prevention, 54–62.
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