Il mondo del lavoro post-pandemico è caratterizzato da emergenti fenomeni che impattano sul benessere psicologico. Dopo la Great Resignation, con cui si fa riferimento ad un aumento notevole di dimissioni (Papapicco, 2022), il ritorno a forme di lavoro ibride o presenziali, è precursore di un nuovo fenomeno: il Quiet Quitting.
Cos’è il Quiet Quitting?
Si tratta di un neologismo, nato sui social, in particolare su TikTok, che pone nuovamente al centro le Risorse Umane post-moderne. Ma cosa si intende esattamente con Quiet Quitting? E che impatti può avere? Facendo riferimento alla traduzione letterale ‘abbandono silenzioso’ si pone la Risorsa Umana sotto una luce negativa, considerando il fenomeno come la volontà dei lavoratori di svolgere il minor lavoro possibile. Estendendo il significato, invece, si può notare come al centro del fenomeno non ci sia il lavoratore, inteso come persona che produce, ma come essere umano. Invero, ciò che viene messo a tema con il Quiet Quitting è, ancora una volta, un migliore equilibrio tra vita lavorativa e privata. In questo modo, la Risorsa Umana, con il Quiet Quitting, decide di dedicarsi alle attività strettamente legate alla mansione, senza impegnarsi in progetti extra, direzionando le energie residue ad altri aspetti della vita.
Si tratta, quindi, di un fenomeno che parte dal basso e che, inevitabilmente, spinge a riconsiderare i rapporti tra management e lavoratori. Questo può avere forti impatti psicologici, soprattutto se, nel ripensare questo rapporto, ci si sofferma solo sul significato letterale del fenomeno. In questa luce, le considerazioni su cui ci si potrebbe soffermare sono legate alla motivazione del lavoratore.
La motivazione al lavoro
Innanzitutto, la motivazione al lavoro è quella spinta che genera nelle Risorse Umane la determinazione a svolgere un’attività e sentirsi continuamente ingaggiate nel portare a termine il singolo compito (Kanfer & Chen, 2016). La motivazione al lavoro si basa su tre fattori: necessità; obiettivi attuali del lavoratore e obiettivi dell’organizzazione; relazioni emotive e atteggiamenti che costituiscono il clima aziendale (Lazaroiu, 2015). Partendo da questa definizione, Nicolescu e Verboncu (2008) hanno individuato quattro tipologie di motivazione a lavoro, in contrasto tra loro.
Motivazione positiva vs negativa: la motivazione positiva mira ad aumentare gli sforzi e il contributo diretto dei dipendenti, al fine di raggiungere gli obiettivi dell’organizzazione, con l’intento di amplificare la loro soddisfazione. La motivazione negativa, invece, mira ad aumentare gli sforzi e i contributi dei dipendenti per il raggiungimento degli obiettivi organizzativi.
Motivazione intrinseca vs estrinseca: la motivazione intrinseca, che può essere interna, diretta e individuale, è la motivazione che la persona persegue in una o più attività strettamente cognitive (ad esempio l’ambizione). La motivazione estrinseca consiste nel fare sforzi per ottenere risultati che conducono a reazioni formali e informali, economiche e morali-spirituali, facendo in modo che la persona lavori sotto l’influenza di fattori esterni.
La motivazione per spiegare il Quiet Quitting
La motivazione, nelle sue definizioni, può essere la base di partenza per ripensare il fenomeno del Quiet Quitting, considerando gli impatti psicologici. Una focalizzazione maggiore sulla motivazione, da parte del management, può aiutare a comprendere altri aspetti psicologici collegati, come la soddisfazione lavorativa, la performance e tutto il recente tema delle politiche di compensazione e benefit. Una soluzione per aumentare la focalizzazione sul lavoratore e sulla sua motivazione, al fine di prevenire risvolti negativi nell’epoca post-pandemica, può derivare da un ascolto attivo delle esigenze della Risorsa Umana, occupandosi del lavoratore come persona (Papapicco e Quatera, 2021). L’ascolto attivo aiuterebbe sia nel ripensare la suddetta relazione tra il management e le Risorse Umane, sia nel rendere continuamente flessibile un possibile intervento di prevenzione di fenomeni come il Quiet Quitting. In tal senso, l’ascolto attivo, psicologicamente inteso, aiuterebbe a non ragionare in maniera categoriale, ma supportare il manager nella comprensione dell’unicità della Risorsa Umana.