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Il legame tra sentimenti di solitudine e riconoscimento delle espressioni emotive vocali negli adolescenti

Gli adolescenti che faticano a interpretare segnali come il tono di voce, possono avere difficoltà ad entrare in contatto con le altre persone

Di Carlotta D`Acquarone

Pubblicato il 26 Set. 2022

Aggiornato il 29 Set. 2022 14:35

Uno studio di Morningstar e colleghi del 2020 ha analizzato i legami tra sentimenti di solitudine e riconoscimento delle espressioni emotive vocali negli adolescenti ai fini di verificare se le persone sole mostrassero un maggiore monitoraggio sociale e un maggiore riconoscimento anche delle espressioni vocali negative.

 

Il senso di solitudine tra gli adolescenti

 La solitudine è spesso legata ad un bias attentivo caratterizzato da un eccessivo monitoraggio dei segnali sociali (Spithoven et al., 2017). Questo implica che le persone sono eccessivamente focalizzate sulle informazioni sociali e sensibili sia agli stimoli negativi che indicano una minaccia, sia a quelli positivi che talvolta possono essere percepiti come possibilità di connessione sociale (Qualter et al., 2015). Alcuni studi della letteratura hanno dimostrato che sia gli adulti sia gli adolescenti sono soliti ricordare più facilmente le informazioni sociali, sia positive che negative, sebbene sembra che nelle espressioni facciali riconoscano meglio le emozioni negative come tristezza, paura e rabbia (Vanhalst et al., 2017).

La solitudine è caratterizzata da emozioni negative sperimentate a causa di una discrepanza tra le relazioni sociali desiderate e quelle effettive (Perlman & Peplau, 1981); se da un lato quindi provare solitudine può motivare le persone a cercare di riallacciare alcuni rapporti e a riconnettersi con gli altri, dall’altro l’ipervigilanza nei confronti dei segnali emessi dalle persone può provocare isolamento e ritiro sociale. Le persone, per superare gli effetti negativi e tornare a relazionarsi con gli altri, spesso si ritirano per valutare la loro situazione attuale sociale fino a che la solitudine attiva processi cognitivi che generano risposte comportamentali volte a evitare ulteriori danni e ad aumentare l’inclusione e la connessione sociale. Per tale ragione i segnali sociali vengono privilegiati rispetto a quelli non sociali, poiché ci aiutano a reagire più rapidamente e a fare scelte sulla base delle intenzioni degli altri (Spithoven et al., 2017). Questi bias di attenzione agli stimoli sociali nelle persone sole si attivano rapidamente e il loro decorso varia a seconda della fase dello sviluppo di una persona.

Ai fini di comprendere gli effetti delle alterazioni dell’attenzione delle persone sole sull’elaborazione delle informazioni sociali, alcuni studi hanno utilizzato volti di bassa o alta intensità emotiva trovando che spesso la solitudine risultava associata ad una maggiore accuratezza nel riconoscimento emotivo di volti arrabbiati (ma non di volti paurosi, tristi o felici). Uno studio di Vanhalst e colleghi (2017) ha riscontrato invece che gli adolescenti soli erano maggiormente in grado di rilevare nei volti la tristezza e la paura, seguite dalla felicità. Questi risultati suggeriscono che gli individui soli possono mostrare una maggiore capacità di identificare le espressioni facciali negative.

Solitudine e riconoscimento della prosodia

Sono poche, tuttavia, le informazioni relative all’associazione tra solitudine e altri segnali socio-emotivi non verbali come, ad esempio, la prosodia verbale, che include il ritmo e l’intonazione delle parole. La codifica delle intenzioni emotive nella voce degli altri ha infatti un percorso di sviluppo diverso rispetto al riconoscimento delle espressioni facciali, e probabilmente impegna processi cognitivi diversi (Morningstar et al., 2018). Il tono di voce fornisce infatti indicazioni importanti relative allo stato emotivo e agli atteggiamenti sociali di un interlocutore (Johnstone & Scherer, 2000). Mentre nei volti sono presenti in qualsiasi momento informazioni per il riconoscimento delle emozioni, la prosodia vocale spesso richiede l’integrazione di diverse informazioni, che nel corso del tempo variano rapidamente. Un solo studio ha esaminato l’associazione tra riconoscimento emotivo (Emotional Recognition; ER) vocale e solitudine, trovando una minore accuratezza solo nel riconoscimento emotivo vocale quando era presente anche un marcato livello di ansia per le prestazioni sociali (Knowles et al., 2015).

 Sembrerebbe inoltre che l’abilità di riconoscere i segnali vocali delle emozioni sia anch’essa differente in base alla fase dello sviluppo, migliorando fino a metà adolescenza. Quest’ultima è un periodo caratterizzato da maggiore coinvolgimento con i coetanei e maggiore sensibilità agli indizi di rifiuto o di affiliazione sociale (Nelson et al., 2005). I ragazzi che faticano a interpretare segnali come il tono di voce, possono quindi avere difficoltà ad entrare in contatto con gli altri. Uno studio di Morningstar e colleghi del 2020 ha analizzato i legami tra sentimenti di solitudine e riconoscimento delle espressioni emotive vocali negli adolescenti ai fini di verificare se le persone sole mostrassero un maggiore monitoraggio sociale e un maggiore riconoscimento anche delle espressioni vocali negative. 122 ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 18 anni hanno quindi tentato di identificare l’espressione trasmessa nelle rappresentazioni uditive di cinque emozioni di base (felicità, tristezza, paura, rabbia e disgusto) e delle espressioni sociali “cattiveria” e “cordialità”. Queste ultime due espressioni possono essere concettualizzate rispettivamente come spunti di rifiuto e affiliazione, e hanno dimostrato di differire acusticamente e percettivamente (Morningstar et al., 2018) dalle altre emozioni di base. Inoltre, poiché l’ansia sociale è associata al riconoscimento emotivo vocale nei bambini (McClure & Nowicki, 2001) e anche il sesso e l’età influenzano tale legame, gli autori hanno tenuto in considerazione queste tre variabili nelle loro analisi. I giovani hanno compilato il questionario Loneliness and Aloneness Scale for Children and Adolescents per misurare la solitudine (Marcoen et al., 1987); il Social Anxiety Measures for Children and Adolescents (La Greca & Stone, 1993) per l’ansia sociale e infine hanno svolto un compito di riconoscimento emotivo vocale che comprendeva registrazioni audio prodotte da attori con diversi toni di voce emotivi (Morningstar et al., 2017).

Solitudine e riconoscimento emotivo

I risultati mostrano che, controllando l’ansia sociale, l’età e il sesso, il legame tra la solitudine e l’accuratezza del riconoscimento risultava essere specifico per ciascuna emozione: la solitudine era associata ad uno scarso riconoscimento della paura, ma a un migliore riconoscimento della cordialità. Una possibile spiegazione potrebbe essere che la motivazione che spinge gli individui soli a evitare la minaccia può interferire con il riconoscimento della paura, ma la loro sintonia con gli indizi di affiliazione può promuovere l’identificazione della cordialità nei suoni. Essere sensibili agli indizi di amicizia può quindi promuovere opportunità di riconnessione per le persone sole e rappresentare una componente adattiva del sistema di monitoraggio sociale.

È possibile quindi strutturare interventi per incoraggiare gli adolescenti a utilizzare questa loro distorsione attentiva in modo funzionale, ai fini di superare la solitudine e aiutarli a concentrarsi sugli indizi di affiliazione sociale piuttosto che su quelli di paura nella voce degli altri.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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  • Vanhalst, J., Gibb, B. E., & Prinstein, M. J. (2017). Lonely adolescents exhibit heightened sensitivity for facial cues of emotion. Cognition and Emotion, 31, 377–383.
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