Feuerstein ha realizzato il Programma di Arricchimento Strumentale (PAS), noto anche con il nome “Metodo Feuerstein”, una tecnica didattica volta a stimolare e sviluppare l’intelligenza.
Chi è Feuerstein?
Reuven Feuerstein è stato uno psicologo israeliano. Nasce in Romania nel 1921 da una famiglia ebraica e, seguendo le orme del padre (studioso e rabbino), si dedica già in giovane età ad insegnare a ragazzi con difficoltà di apprendimento la lingua ebraica.
Appena diciannovenne diventa codirettore e insegnante della scuola di educazione speciale a Bucarest, portando avanti il suo interesse nell’aiutare bambini in situazioni problematiche.
Dopo essere fuggito dagli orrori dell’olocausto e dai campi di prigionia torna in Israele e, dopo essere diventato consulente e successivamente direttore della “Gioventù Aliijath”, comincia ad occuparsi dell’educazione di adolescenti sopravvissuti alle persecuzioni razziali provenienti da diversi paesi.
Laureatosi a Ginevra in psicologia assieme a Jean Piaget e ottenuto il dottorato in psicologia dello sviluppo alla Sorbona di Parigi, diventa un affermato docente di psicologia e pedagogia in Israele e negli Stati Uniti.
Nel 1992 fonda, a Gerusalemme, l’International Center for the Enhancement of Learning Potential (ICELP), dove si occupa di formazione, ricerca e riabilitazione cognitiva. È in questo contesto che Feuerstein realizza il suo Programma di Arricchimento Strumentale (PAS), noto anche con il nome “Metodo Feuerstein”. Il PAS è una tecnica didattica volta a stimolare e sviluppare l’intelligenza. L’obiettivo di tale metodo è quello di permettere all’individuo di raggiungere il più alto livello possibile sia del funzionamento cognitivo che del potenziale di apprendimento, non solo riguardo i contenuti, legati alle diverse discipline, ma soprattutto di competenze e strategie di apprendimento. Scopo ultimo è quello di aumentare la capacità dell’individuo di auto-analizzare il processo mentale messo in atto per giungere alla soluzione di un compito.
Il pensiero di Feuerstein
Per molto tempo si è ritenuto che il cervello umano fosse immutabile e determinato geneticamente senza possibilità di influenze da parte dell’ambiente esterno. Al contrario, Feuerstein muta il concetto classico di intelligenza non considerandola più come un tratto di carattere ereditario bensì uno stato, risultato dal bisogno di adattarsi a nuovi stimoli, di origine interna o esterna. Quindi, l’intelligenza viene identificata come la capacità dell’organismo di modellare le sue strutture mentali per assicurare un migliore adattamento alla realtà a cui esso è esposto e che velocemente cambia.
È partendo da questa idea innovativa che Feuerstein elabora il concetto di Modificabilità Cognitiva Strutturale (MCS), secondo cui ogni individuo, indipendentemente dall’età e dal deficit presentato, è un sistema aperto ai cambiamenti e potenzialmente modificabile grazie all’interazione con l’ambiente circostante.
Alla base di tale prospettiva vi è la convinzione che l’organismo umano, in particolare le strutture neuronali, siano caratterizzate da una flessibilità intrinseca rendendo possibile, in certe condizioni, una loro modificazione e un conseguente potenziamento sia sul piano cognitivo che emotivo e motivazionale.
Tale concezione ha trovato riscontro nelle ricerche neuroscientifiche che, a partire dagli anni ‘60, hanno messo in evidenza l’elevato grado di flessibilità e adattabilità propria del cervello umano, ovvero la plasticità cerebrale. Essa è resa possibile dalla capacità dei circuiti neuronali di modificare la propria struttura e adattarsi, sia durante l’infanzia che in età adulta, in funzione delle mutevoli condizioni ambientali. Così facendo, viene incrementata nell’individuo la possibilità di apprendere una maggior quantità di informazioni.
Ne è un esempio lo studio condotto da Pascual-Leone (2015) in cui, utilizzando come test degli esercizi per pianoforte da eseguire con le cinque dita della mano sinistra, è stato riscontrato che attraverso il costante allenamento è possibile ottenere un progressivo ampliamento della rappresentazione corticale nella corteccia motoria primaria della mano sottoposta all’esercizio. Al contrario, la rappresentazione corticale della mano destra (non allenata) non ha mostrato nessun cambiamento a dimostrazione di come situazioni esperienziali della vita quotidiana siano in grado di modificare la corteccia cerebrale.
Viene così trovata la giusta chiave di lettura della famosa frase di Reuven Feuerstein “i cromosomi non hanno l’ultima parola”, genoma e ambiente interagiscono nel determinare lo sviluppo dell’individuo.