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Psicologia Politica e analisi della personalità dei politici: intervista al Dr. Aubrey Immelman

Intervista al Dr. A. Immelman su psicologia politica, valutazione delle personalità politiche e della personalità di Vladimir Putin

Di Gaia Coni

Pubblicato il 28 Lug. 2022

Aggiornato il 29 Lug. 2022 12:00

Si riporta l’intervista al Dr. Aubrey Immelman, esperto in psicologia politica e nell’analisi della personalità di figure politiche.

Ndr: dopo l’intervista in Italiano, segue la versione originale in Inglese

 

 Intervistatrice: Abbiamo il piacere di intervistare il Dr. Aubrey Immelman, Ph.D., Professore Associato di Psicologia presso il College of Saint Benedict e la Saint John’s University in Minnesota, dove dirige l’Unità per lo Studio della Personalità in Politica (USPP), un programma di ricerca collaborativo dedicato alla valutazione psicologica dei candidati presidenziali e dei leader mondiali.

Cosa l’ha portata a sviluppare l’idea di un metodo di profilazione politica?

Dr. Aubrey Immelman: Sono entrato nel campo nascente della psicologia politica alla fine degli anni ’80, alla ricerca di metodologie per valutare la personalità in politica come veicolo per prevedere il comportamento dei leader politici. Essendo stato formato professionalmente come clinico, sono rimasto sconcertato nello scoprire che gli approcci esistenti alla valutazione della personalità politica avevano poca somiglianza con gli strumenti e le tecniche del mio mestiere. Mi sono sempre più convinto che, sia concettualmente che metodologicamente, gran parte del lavoro in corso sulla personalità politica fosse psicodiagnosticamente ritenuto periferico, se non irrilevante. Questo non vuol dire che questi studi fossero del tutto inutili: in realtà le loro formulazioni politico-psicologiche erano spesso perspicaci e convincenti. Tuttavia, mi sembrava che alcuni di questi modelli di valutazione non misurassero esattamente ciò che pretendevano di misurare – la personalità – sollevando preoccupanti domande sulla validità del costrutto. In altre parole, i principali problemi erano — a livello concettuale — che lo studio della “personalità” politica era stato tradizionalmente più politico che psicologico o personologico; mentre — a livello metodologico – un certo grado di consenso ha iniziato a emergere a partire dagli anni ’70, convergendo verso l’idea che il percorso corretto per la valutazione della personalità politica fosse l’analisi del contenuto del materiale verbale piuttosto che l’analisi psicodiagnostica dei dati biografici.

Mi ero chiesto: in primis cosa potrebbe spiegare lo scisma sconcertante tra la pratica clinica convenzionale e la valutazione della personalità politica? E perché, ad esempio, qualcuno avrebbe dovuto voler dedurre la personalità indirettamente dall’analisi del contenuto dei discorsi e delle interviste pubblicate, quando una ricchezza di osservazioni dirette da più fonti – comunemente indicate come informazioni collaterali nel gergo della psicodiagnostica – esisteva già nella documentazione pubblica, pronta da estrarre ed elaborare?

Ma, soprattutto, perché qualcuno avrebbe dovuto costruire, ex novo, tassonomie della personalità politica – come se i politici costituissero una sottospecie dell’Homo sapiens – quando esistevano già sistemi di classificazione con riferimento alla popolazione generale? Ho sviluppato il mio metodo di profilazione politica a partire da George Marcus (2002), che ha lanciato un appello a “teorie completamente nuove, nuovi concetti e nuovi dati” al fine di riabilitare la psicologia politica, rimasta alla deriva ed avulsa da sfere più ampie della conoscenza scientifica come dai progressi attuati dalle neuroscienze e dalla teoria evolutiva, e dalla prospettiva di Theodore Millon, che prima ha gettato le basi e, poi, ha indicato la strada per il procedere della psicologia politica, consentendo così di abbandonare quello che lui stesso definiva un “patchwork di concetti e domini di dati”, avanzando una teoria integrativa della personalità e della leadership politica, dove la persona in politica viene considerata come un’entità bio-psicosociale.

Intervistatrice: In Italia, sebbene Theodore Millon sia celebre, la sua teoria, così come i suoi inventari di personalità, non sono così conosciuti ed utilizzati. Ce ne vuole parlare brevemente? E perché ha scelto il suo modello?

Dr. Aubrey Immelman: Camara, Nathan e Puente (2000) hanno riferito che il Millon Clinical Multiaxial Inventory è uno dei 10 dispositivi di valutazione più utilizzati nella psicologia forense. L’utilità dimostrata dell’approccio di Millon in ambito forense – probabilmente l’area di applicazione nella pratica clinica che si avvicina di più alle preoccupazioni della valutazione della personalità politica – suggerisce fortemente che dovrebbe essere altrettanto adatto all’esame psicologico dei leader politici.

Un vantaggio degli inventari della personalità di Millon è che sono congruenti con i disturbi della personalità catalogati nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) dell’American Psychiatric Association. Inoltre, il modello di Millon ha una solida base teorica (nella psicologia evolutiva), a differenza, ad esempio, del popolare modello di personalità a cinque fattori (FFM), che è una tassonomia costruita matematicamente senza forti basi teoriche.

Ho sviluppato il mio Millon Inventory of Diagnostic Criteria, basato sul modello di Millon, per le ragioni sopra esposte, così come per il fatto che accoglie i disturbi di personalità così come le loro varianti normali; in altre parole, ogni pattern di personalità rappresenta una categoria diagnostica che include un aspetto dimensionale (che comprende varianti normali, esagerate e patologiche di ogni pattern di personalità).

Intervistatrice: Secondo lei, come stanno assieme tratti di personalità e politica?

Dr. Aubrey Immelman: Il politologo della Princeton University Fred Greenstein (1992), forse, lo ha detto meglio nel sostenere lo studio della personalità in politica:

Le istituzioni ed i processi politici operano attraverso l’azione umana. Sarebbe notevole se non fossero influenzati dalle proprietà che distinguono un individuo dall’altro (p. 124).

Il modo in cui tratti della personalità e politica vanno insieme, secondo me, è che i tratti della personalità ed il comportamento politico sono manifestazioni superficiali di proprietà psicodinamiche sottostanti comuni, forse non osservate. Una possibile metafora di ciò potrebbe essere la distinzione tra fenotipo e genotipo. Un’altra similitudine riguarda il modello correlazionale, in cui la variabile x è la personalità, la variabile y è il comportamento politico (o di leadership) e la variabile z indica le proprietà sottostanti comuni. Come implica questa analogia, la relazione tra tratti della personalità e comportamento politico non esiste come fenomeno causa-effetto (variabile indipendente – variabile dipendente).

Intervistatrice: Nonostante i limiti di una valutazione indiretta, in che modo il suo metodo potrebbe essere d’aiuto?

Dr. Aubrey Immelman: Come anticipato nella risposta alla prima domanda (alla fine degli anni ’80), rimasi sorpreso di come gli approcci esistenti alla valutazione della personalità in politica assomigliassero ben poco agli strumenti e ai metodi di valutazione della mia professione clinica: ad esempio, al modo di avvicinarsi ad una valutazione psicologica in un contesto forense.

All’epoca, l’approccio dominante alla valutazione della personalità politica a distanza si basava sulla deduzione indiretta della personalità dall’analisi del contenuto dei discorsi e delle interviste pubblicate. Ero convinto che la personalità potesse essere valutata più direttamente mediante l’estrazione di contenuti di rilevanza psicodiagnostica dalle osservazioni di giornalisti e biografi; e che la trasposizione di tali osservazioni potesse essere oggetto di una valutazione di rilevanza psicodiagnostica mappando i tratti della personalità su una tassonomia di modelli di personalità congruenti con i disturbi di personalità descritti nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali e le loro varianti normali, come previsto dal modello concettuale di Theodore Millon.

Un altro aspetto utile del mio approccio Milloniano, chiamato “meta-analisi psicodiagnostica”, è che evita le ricostruzioni psicogenetiche, a volte capziose, che sono state prevalenti dall’inizio nella psicologia politica (comprese la psicostoria e la psicobiografia). Queste ricostruzioni genetiche, per lo più orientate alla psicoanalisi possono essere approssimative e non falsificabili come, ad esempio, l’articolo della Psychohistory Review “François Mitterand: Personality and Politics” dove la rigidità, l’ostinazione, la timidezza, l’ansia e l’orientamento al potere dell’ex leader francese, vengono attribuite da Guiton (1992) al toilet training e alla separazione durante il periodo pre-edipico.

La metanalisi psicodiagnostica non cerca di costruire un profilo di personalità sulla base del tentativo di ricostruire la psicogenesi infantile del soggetto ma, invece, privilegia un approccio descrittivo alla valutazione della personalità, con l’obiettivo primario di collegare i tratti della personalità al comportamento di leadership. In breve, “la ricostruzione genetica non costituisce una base ottimale per la valutazione e la descrizione della personalità”.

Intervistatrice: Lei ha analizzato diverse personalità politiche americane e non. In un nostro articolo, qualche settimana fa, abbiamo raccontato il suo studio su Putin che cerca di dare una chiave di lettura indiretta del suo possibile funzionamento. In tutto il mondo sono state fatte le più disparate interpretazioni sulla mente di Putin (dalla pazzia.. alla malattia). Dall’epoca della sua analisi empirica, pensa sia cambiato qualcosa in Putin e se sì cosa? Per par condicio ci vuol dire qualcosa su Joe Biden?

Dr. Aubrey Immelman: A partire dal mio lavoro del 2018 ritengo che, considerando che Putin ha aderito alla visione del mondo “Russkiy Mir” per almeno due decenni, la sua cognizione politica sembra essere più un’ossessione incorporata nel suo modello di personalità Coscienziosa, piuttosto che un’illusione in comorbidità con i suoi modelli di personalità Dominante e Ambizioso. Detto in altre parole, l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin può essere vista più come guidata da una compulsione che da una spinta delirante o “paranoica”.

Pertanto, sarebbe un errore attribuire le azioni di Putin esclusivamente a determinanti personologiche (P) del comportamento politico (C). Sulla base di una ricerca condotta presso l’USPP, è plausibile che una determinante situazionale significativa (S) – di fatto una variabile precipitante – della decisione di Putin di invadere l’Ucraina sia il passaggio dall’amministrazione di Donald Trump (il presidente degli Stati Uniti più aggressivo e meno accomodante studiato sotto gli auspici dell’USPP negli ultimi tre decenni) a quello di Joe Biden (il presidente meno aggressivo, più accomodante/conciliante, qui). Se, in effetti, il calcolo politico di Putin fosse stato informato dalla sua percezione dell’attuale occupante della Casa Bianca come un comandante in capo avverso al rischio, conciliante e non conflittuale, quella percezione avrebbe potuto essere rafforzata dal fiasco del ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan ad agosto 2021.

Intervistatrice: Anche in Italia avremmo tanti personaggi politici interessanti.. l’aspettiamo per un’analisi approfondita. La ringraziamo moltissimo per il suo tempo.

Dr. Aubrey Immelman: Sarei felice di collaborare con ricercatori in Italia a studi di politici italiani utilizzando il MIDC. Negli ultimi due decenni ho collaborato a lungo con Christ’l De Landtsheer all’Università di Amsterdam e all’Università di Anversa.

Original english version of the interview

With enormous pleasure we have the opportunity to conduct an interview with Dr. Aubrey Immelman, Ph.D., Associate Professor of Psychology at the College of Saint Benedict and Saint John’s University in Minnesota, where he is the director of the Unit for the Study of Personality in Politics (USPP), a collaborative faculty–student research program dedicated to the psychological assessment of presidential candidates and world leaders.

Interviewer: Thank you, Professor Immelman, for agreeing to be interviewed by State of Mind. What brought you to develop a political profiling method?

Dr. Aubrey Immelman: I entered the fledgling field of political psychology in the late 1980s in search of methodologies for assessing personality in politics as a vehicle for predicting the behavior of political leaders. Having been professionally trained as a clinician, I was baffled to discover that extant approaches to the assessment of political personality bore little resemblance to the tools and techniques of my trade. Increasingly, I became convinced that, both conceptually and methodologically, much of the work ongoing in political personality was psychodiagnostically peripheral, if not irrelevant. That is not to say that these studies were entirely worthless; indeed, their political-psychological formulations were frequently insightful and compelling. However, it seemed to me that some of these assessment models, particularly those relying on content analysis, did not exactly measure what they purported to measure — personality — raising troubling questions of construct validity. In other words, the main problems were: — on a conceptual level — it was evident that the study of the political “personality” had traditionally been more political than psychological or personological; while – at the methodological level – a certain degree of consensus began to emerge starting from the 70s, converging towards the idea that the correct path for the evaluation of political personality was the analysis of the content of verbal material rather than the psychodiagnostic analysis of biographical data; while— on a methodological level — a degree of consensus began to emerge in the 1970s, converging around the notion that the proper route to political personality assessment was content analysis of verbal material rather than psychodiagnostic analysis of biographical data.

I wondered: firstly, what could possibly account for the perplexing schism between conventional clinical practice and political personality assessment? Why, for example, would anyone want to infer personality indirectly from content analysis of speeches and published interviews when a wealth of direct observations from multiple sources — commonly referred to as collateral information in the parlance of psychodiagnostics — already existed in the public record, ready to be mined, extracted, and processed? And why would anyone construct, de novo, political personality taxonomies — as though politicians comprised a subspecies of Homo sapiens — when classification systems already existed with reference to the general population? Starting with George Marcus (2002), who has issued a call for “entirely new theories, new concepts, and new data” capable of rehabilitating political psychology, which has remained adrift and divorced from broader spheres of scientific knowledge as well as from the advances made by neuroscience and evolutionary theory; and from the perspective of Theodore Millon, who first has both built the foundations and pointed the way for political psychology to proceed, thus allowing to abandon what himself called a “patchwork quilt of concepts and data domains”, advancing an integrative theory of personality and political leadership performance, where the person in politics is considered as a bio-psychosocial entity. Based on this, I developed my own method of political profiling.

Interviewer: Despite the prominence of Theodore Millon, in Italy his theory, as well as his personality assessment tools, are not widely known and used. Would you like to briefly introduce them and explain why did you choose Millon’s theory?

Dr. Aubrey Immelman: Camara, Nathan, and Puente (2000) reported that the Millon Clinical Multiaxial Inventory counts among the 10 most frequently used assessment devices in forensic psychology. The demonstrated usefulness of Millon’s approach in forensic settings – arguably the area of application in clinical practice that most closely approximates the concerns of political personality assessment — strongly suggests that it should be similarly well suited to the psychological examination of political leaders.

An advantage of Millon’s personality inventories is that they are congruent with personality disorders cataloged in the American Psychiatric Association’s Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders. In addition, Millon’s model has a strong theoretical foundation (in evolutionary psychology), unlike – for example – the popular five-factor model of personality (FFM) that is a mathematically constructed taxonomy without strong theoretical underpinnings.

I developed my Millon Inventory of Diagnostic Criteria, based on Millon’s model, for the reasons stated above, as well as the fact that it accommodates personality disorders as well as their normal variants; in other words, each personality patterns represents a diagnostic category that includes a dimensional aspect (encompassing normal, exaggerated, and pathological variants of each personality pattern).

Interviewer: In your opinion, how do personality traits and politics go together?

Dr. Aubrey Immelman: Princeton University political scientist Fred Greenstein (1992) perhaps said it best in making the case for studying personality in politics:

Political institutions and processes operate through human agency. It would be remarkable if they were not influenced by the properties that distinguish one individual from another (p. 124).

How personality traits and politics go together, in my opinion, is that personality traits and political behavior are surface manifestations of common, perhaps unobserved, underlying psychodynamic properties. A possible analogy for this might be the distinction between phenotype and genotype. Another simile involves the correlational model, in which variable x is personality, variable y is political (or leadership) behavior, and variable z signifies the common underlying properties. As implied by this analogy, the relationship between personality traits and political behavior does not exist as a cause–effect (independent variable–dependent variable) phenomenon.

Interviewer: Despite the limitations of an indirect assessment of personality, how do you think your method of psychodiagnostic meta-analysis could be useful?

Dr. Aubrey Immelman: As mentioned in the first question, i was surprised to discover more than 30 years ago (in the late 1980s) that existing approaches to the assessment of personality in politics at the time bore little resemblance to the tools and assessment methods of my profession – for example, the way I would approach psychological assessment in a forensic setting.

For example, the dominant approach to at-a-distance political personality assessment at the time relied on inferring personality indirectly from content analysis of speeches and published interviews. I was convinced that personality could be more directly assessed by means of extracting psychodiagnostically relevant content from the observations of journalists and biographers and transposing those observations into a psychodiagnostically relevant assessment by mapping personality traits onto a taxonomy of personality patterns congruent with the personality disorders described in the Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders and their normal variants, as provided for in Theodore Millon’s conceptual model.

Another useful aspect of my Millonian approach, labeled “psychodiagnostic meta-analysis”, is that it avoids the sometimes-specious psychogenetic reconstructions that have been prevalent in political psychology (including psychohistory and psychobiography) from the outset. These mostly psychoanalytically oriented genetic reconstructions can be impressionistic and unfalsifiable, for example, the Psychohistory Review article “François Mitterand: Personality and Politics” (Guiton, 1992), which attributed the former French leader’s stiffness, obstinacy, shyness, anxiety, and power orientation to toilet training and separation during the pre-Oedipal period.

Psychodiagnostic meta-analysis does not attempt to construct a personality profile on the basis of attempting to reconstruct the subject’s childhood psychogenesis, but instead favors a descriptive approach to personality assessment, with the primary goal of linking personality traits to leadership behavior. In short, genetic reconstruction does not constitute an optimal basis for personality assessment and description.

Interviewer: You have analyzed various presidential candidates and world leaders. In our article, a few weeks ago, we tried to summarize your method, taking as example your study on Putin, that tries to give a reading key on his possible functioning. All over the world, the most disparate hypotheses were made about him (from his madness … to his illness). Since your empirical study, do you think something in Putin has changed and if it is, what? Par condicio, would you tell us something about Joe Biden?

Dr. Aubrey Immelman: Since my previous work i believe that, considering that Putin has subscribed to the “Russkiy Mir” worldview for at least two decades, his political cognition appears to be more an obsession embedded in his Conscientious personality pattern than a delusion comorbid with his Dominant and Ambitious personality patterns. Stated differently, Putin’s invasion of Ukraine may be viewed more as compulsion driven than as delusional or “paranoidal.”

Thus, it would be a mistake to attribute Putin’s actions exclusively to personological determinants (P) of political behavior (B). Based onresearch conducted at the USPP, it is plausible that a significant situational determinant (S) – effectively, a precipitating variable – of Putin’s decision to invade Ukraine is the transition from the administration of Donald Trump (the most aggressive and least accommodating U.S. president studied under the auspices of the USPP in the past three decades) to that of Joe Biden (the least aggressive, most accommodating/conciliatory president, here for further information). If, indeed, Putin’s political calculus was informed by his perception of the current occupant of the White House as a risk-averse, conciliatory, nonconfrontational commander-in-chief, that perception could have been reinforced by the fiasco of the U.S. withdrawal from Afghanistan in August 2021.

Interviewer: Even in Italy we would have many interesting political personalities, so, we are waiting for your analysis! Meanwhile, we thank you for your time.

Dr. Aubrey Immelman: I would be happy to collaborate with researchers in Italy on studies of Italian politicians using the MIDC. In the past two decades I have collaborated extensively with Christ’l De Landtsheer at the University of Amsterdam and the University of Antwerp.

 

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Immelman, A. (2003). Personality in political psychology. In I. B. Weiner (Series Ed.), T. Millon & M. J. Lerner (Vol. Eds.), Handbook of psychology: Vol. 5. Personality and social psychology (pp. 599-625). John Wiley & Sons.
  • Immelman, A. (2005). Political psychology and personality. In S. Strack (Ed.), Handbook of personology and psychopathology (pp. 198–225). Wiley.
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