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Il metodo biografico (2022) di Romano Màdera – Recensione

L’interesse per il metodo biografico non è occasionale per Màdera, ma è una linea di ricerca duratura nel tempo, affrontata anche nell'omonimo libro

Di Alberto Vito

Pubblicato il 06 Lug. 2022

Il libro Il metodo biografico”, dopo il primo capitolo che motiva le impostazioni teoriche, coerentemente con il metodo che vuole proporre, contiene ampie pagine in cui l’autore parla di sé e della propria vicenda biografica, senza nascondere errori o delusioni.

 

Romano Màdera, l’autore di questo denso volume, è un noto filosofo e psicoanalista, docente di Filosofia morale all’Università degli Studi di Milano-Bicocca. È membro AIPA (Associazione italiana di psicologia analitica) e IAAP (Associazione internazionale di psicologia analitica). Ha fondato “Philo” (Scuola superiore di pratiche filosofiche) e SABOF (Società di analisi biografica a orientamento filosofico). Tra i suoi libri più recenti: Il nudo piacere di vivere (2006), La carta del senso. Psicologia del profondo e vita filosofica (2012), Una filosofia per l’anima. All’incrocio di psicologia analitica e pratiche filosofiche (2013), Carl Gustav Jung. L’opera al rosso (2016).

L’interesse per il metodo biografico è dunque non occasionale per Màdera, ma costituisce una linea di ricerca duratura nel tempo, affrontata anche in questo volume, che affonda ampiamente le sue radici sia nella filosofia che nella psicologia, per giungere anche a conclusioni di carattere politico che non si possono non condividere.

Il principio biografico che anima il metodo è il corrispettivo teorico-pratico della presa d’atto che un universale umano si è impiantato nella storia e che è centrato sull’individualità, per quanto si tratti ancora di un’individualità ideale (p. 17).

Dunque, l’individualità, nella sua dignità e nel suo diritto al rispetto e al riconoscimento, è l’essenza vera dell’universale. Ecco come filosofia e psicologia, pur da versanti diversi, si incontrano nella battaglia per il riconoscimento della soggettività individuale e nel mancato riconoscimento e difesa dei diritti individuali risiede il peccato originale delle società totalitarie e antidemocratiche.

L’analisi biografica ad orientamento filosofico si rivolge alle dimensioni “sane” dell’individuo ed è volta alla ricerca di senso dell’esistenza dell’analizzante: orientamento filosofico è inteso come ricerca di senso che parte dalla biografia storicamente, culturalmente e socialmente incarnata. Questo è un tentativo di risposta alla crisi, a partire dal XX secolo, delle istituzioni tradizionalmente riconosciute come orientanti l’esistenza; l’analista filosofo si propone di riformulare su base biografica i processi educativi e formativi integrandoli con le psicologie del profondo.

Per Màdera:

Il nesso fondativo della filosofia come modo di vivere è quello tra pratica – ed esercizio per costituirla – e discorso, che può criticare, consolidare, migliorare la scelta di vita. Questa caratteristica la rende adatta al tempo delle domande senza risposte, anzi al tempo che dispera delle risposte. Perché, rimasti senza riparo, senza orientamento, senza senso, possiamo e dobbiamo ricominciare solo dalla nostra esperienza, dall’esperienza che porta un nome proprio, che è “personale”, quali che siano, poi, le distinzioni e le destrutturazioni di questo punto di partenza. Poiché non solo nessun uomo è un’isola, ma la stessa persona è, in gran parte, una costruzione socioculturale (p.33).

La biografia dunque come metodo e non soltanto come contenuto. Il suo metodo non si limita affatto all’autobiografia: si inizia dall’osservazione della propria esperienza in prima persona, ma poi si volge lo sguardo verso altro, verso l’altro che ci definisce, per concludersi nella ricerca della storia culturale di cui siamo intrisi, costruita da miti individuali, familiari e collettivi. Così scrive Màdera:

Partire da sé ma non per finire con sé. Quindi non lasciare varchi – o almeno renderli difficilmente percorribili – alla temperie narcisistica che avvolge la nostra epoca da ogni lato. Dobbiamo sapere che il lato oscuro, l’ombra così pervasiva da appannare ogni percorso individuale di formazione e di cura nel nostro mondo, la pandemia psichica dell’autoriferimento, è mescolato anche ai più onesti e seri tentativi di conoscere se stessi per trasformarsi (o viceversa). Sta nel DNA della motivazione a ogni cura psicologica e psicoanalitica, tanto quanto nei processi legati all’autoformazione, ed è propriamente questo che ne fa a dangerous method, pericoloso ben più sottilmente che lasciarsi vincere dalla seduzione (messa in atto o subita). Il sé – quale che sia la concezione di questa istanza – può esistere solo a partire dall’interintradipendenza alla quale deve riferirsi finalisticamente, cioè eticamente, politicamente, filosoficamente, in quanto vita almeno in parte cosciente e responsabile. (p. 46)

Il libro, dopo il primo capitolo che motiva le impostazioni teoriche, coerentemente con il metodo che vuole proporre, contiene ampie pagine in cui l’autore parla di sé e della propria vicenda biografica, senza nascondere errori o delusioni. Da questo punto in poi, a partire dal capitolo 2 “Noi camminiamo attraverso noi stessi”, in cui inizia il tratteggio del complesso percorso personale dell’autore, il volume si può leggere come se si trattasse di un romanzo e questa costituisce la parte centrale del libro. Anche il capitolo successivo, “Un racconto di sogno e di sabbia” è biografico ma è maggiormente incentrato sulle esperienze analitiche di Màdera, con l’incontro con le pratiche junghiane e la descrizione minuziosa di alcuni sogni, rivelatisi decisivi per comprendere i suoi nodi esistenziali primari, e di alcuni giochi della sabbia (otto per la precisione), una tecnica spesso utilizzata dagli psicoanalisti junghiani. Il suo analista è stato Paolo Aite, allievo diretto di Ernest Bernhard, capostipite dei junghiani italiani. In queste pagine non vengono escluse le vicende personali più scabrose, incluso un arresto durato circa un anno con l’accusa di appartenere alle Brigate rosse. Il capitolo 4 “Vivere è continuare a resuscitare”, invece, descrive, dopo la filosofia e la psicoanalisi, il terzo incontro decisivo per Màdera: quello con la dimensione spirituale e cristiana. Anche qui, si intrecciano ricordi personali e profonde riflessioni teoriche, ed è indubbio che l’approfondimento con l’incontro con Cristo e della dimensione spirituale in genere costituiscono l’approdo definitivo del modello di Màdera nella ricerca di senso. In tal modo, la sua ricerca mito-biografica termina riconoscendo il suo tentativo primario di coniugare insieme comunismo e cattolicesimo (le due grandi anime non solo della sua famiglia, ma del suo mondo sociale), entrambi studiati in profondità e “reinterpretati” in una lettura personale ed affascinante.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Màdera, E. (2022). Il metodo biografico. Come formazione, cura, filosofia Raffaello Cortina, Milano, pp. 261.
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