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A ognuno quel che si merita (2022) di Dennett e Caruso – Recensione

'A ognuno quel che si merita' è impostato come un dialogo tra i due autori ed è un confronto sul tema del libero arbitrio partendo da posizioni divergenti

Di Annalisa Balestrieri

Pubblicato il 29 Giu. 2022

Libero arbitrio, si o no? Nel libro “A ognuno quel che si merita” ne discutono i due autori.

 

Siamo responsabili delle nostre azioni? Oppure è l’ambiente che ci circonda ad indirizzarci, senza lasciarci la possibilità di scegliere diversamente? E dunque, è giusto essere puniti se le nostre azioni sono considerate moralmente sbagliate, oppure meritiamo le attenuanti di chi non può essere considerato pienamente responsabile?

Il punto di partenza

Il libro è impostato come un dialogo che intercorre tra i due autori, Dennett e Caruso, ed è un confronto sul tema del libero arbitrio partendo da posizioni divergenti.

Per cominciare si introducono alcuni concetti base: il determinismo, secondo il quale ogni evento presente è determinato da altri eventi accaduti in passato, e l’indeterminismo, che considera gli eventi che si verificano non determinati da condizioni sufficienti al loro verificarsi.

Tra queste due correnti si posizionano i compatibilisti, che ritengono il libero arbitrio conciliabile con il determinismo. Di questo avviso è Dennett, in contrapposizione a Caruso.

Nel corso del libro i due autori sostengono ed argomentano le loro diverse posizioni.

Il merito di base

Uno dei primi temi introdotti è quello del merito di base, secondo il quale chi ha agito scorrettamente merita di essere rimproverato e punito solo in quanto ha agito per motivi moralmente cattivi, al contrario chi ha agito correttamente merita elogi e ricompense solo per aver agito per motivi moralmente buoni. Questa valutazione sembra quindi non basarsi su altre considerazioni, quali la previsione di vantaggi futuri.

La discussione che ne consegue si basa sull’assunto che le punizioni sono legate ad un concetto di merito che va oltre il merito di base e sono utili per benefici futuri quali una migliore convivenza tra gli individui.

Libero arbitrio e responsabilità morale

Se per Caruso il nostro comportamento è fortemente influenzato da fattori che sfuggono al nostro controllo, Dennett sostiene che crescendo assumiamo l’identità di agenti autonomi, dotati quindi di capacità decisionale che ci rende pienamente responsabili delle nostre azioni.

Come motivazione della necessità di infliggere punizioni si introduce il concetto di giustificazione retributiva, secondo la quale chi si comporta in modo scorretto è meritevole di essere punito. Questo si rende necessario perché tutti dipendiamo dalla possibilità di far conto sul comportamento degli altri, che deve quindi rientrare in ciò che è considerato moralmente corretto, e tutti capiamo che saremo chiamati a rendere conto di ciò che facciamo, essendo pertanto consapevoli delle conseguenze negative a cui possiamo andare incontro.

Al contrario di Dennett, Caruso sostiene il ruolo determinante della fortuna nelle nostre vite. La domanda che si pone è sostanzialmente questa: “Abbiamo la libertà o la capacità di volere, o di scegliere diversamente?”. Condizioni sociali, economiche, talenti naturali, concorrono a farci vivere situazioni molto differenti e indipendenti da una scelta personale. Sarebbero quindi queste condizioni, e non una nostra scelta, a determinare il nostro comportamento. Tesi che Dennett non respinge in assoluto ma che mitiga sostenendo che l’effetto della fortuna si neutralizza nel lungo periodo. La sua idea è che la vita somigli più ad una maratona che ad uno sprint e che, quindi, sulla lunga distanza, le predisposizioni individuali contino più dei fattori ambientali. Ritiene inoltre che il determinismo non escluda la capacità di fare scelte, correggersi e cambiare il proprio modo di agire.

Le argomentazioni

Caruso sostiene che sia possibile avere una società che possa ritenersi sicura senza che questa si basi su un sistema di merito da usare per incolpare o punire i suoi individui, che si trovano ad agire spinti da manipolazioni esterne di cui sono spesso inconsapevoli e che non possono contrastare. Dennett obietta che nessuno nasce moralmente responsabile ma che la formazione orienta il proprio modo di agire rendendoci consapevoli, e quindi responsabili, di quello che facciamo.

Secondo Caruso le circostanze in cui ci si trova determinano il modo di essere, se ne deduce che nessuno può essere ritenuto ultimamente responsabile del suo modo di essere e di quello che fa. Sia il nostro comportamento, che un’eventuale decisione di modificarlo, sarebbero quindi da imputare a fattori esterni. Sintetizzando potremmo dire che se non abbiamo merito nell’essere nati in una società moderna, relativamente stabile e con determinati valori, così non abbiamo colpe nel nascere in una realtà violenta dove i delitti sono all’ordine del giorno. Il nostro modo di agire sarà molto probabilmente diverso a seconda della realtà in cui ci troveremo, ma il nostro grado di responsabilità non cambierà.

Dennett ribatte asserendo che la vita non è sempre giusta e non ci sono garanzie che la sfortuna non si metterà sulla nostra strada, ma se in una gara vince il meno forte perché il migliore è stato sfortunato, questo non mette in discussione il risultato finale.

La differenza fondamentale tra le due posizioni è che per Caruso “la fortuna inghiotte tutto”, mentre per Dennett formazione ed educazione permettono di andare oltre gli effetti che essa può esercitare.

Pena, morale, merito

Se in alcuni momenti le posizioni dei due autori sembrano avvicinarsi, resta una divergenza di base sul concetto di pena, morale e merito e di conseguenza sul modello da adottare per regolare al meglio la vita nella società.

Interessante notare il modello della quarantena di salute pubblica proposto da Caruso. Se un individuo contrae una malattia contagiosa e pericolosa per il suo prossimo è legittimo limitare la sua libertà con un sistema di quarantena obbligatoria, non per punirlo di una colpa che non ha, ma per tutelare il suo prossimo. Ma, secondo l’autore, è importante notare che alla base della necessità di una quarantena c’è il fallimento del sistema di salute pubblica nella sua funzione primaria. E su questa sarebbe quindi opportuno intervenire per evitare che si verifichino diseguaglianze. Stesso discorso varrebbe quindi per altri aspetti a cui si rivolge la giustizia penale. Il fulcro del discorso è che il diritto di difendere se stessi e gli altri (sia in caso di epidemie che di comportamenti potenzialmente dannosi) va attuato infliggendo la minima afflizione necessaria per ottenere una protezione adeguata. La quarantena non è una pena poiché non cerca intenzionalmente di causare danni. Il concetto di pena implica invece che i danni a chi la subisce siano intenzionalmente inflitti, inoltre a una funzione stigmatizzante che funziona da messaggio e ammonimento per tutti.

Dennett è contrario ad una politica generale di scusanti, porta ad esempio il bambino che cresce con genitori che lo giustificano e non puniscono i suoi cattivi comportamenti e accusa questi stessi genitori di essere responsabili di creare un adulto moralmente incapace, concludendo con un passaggio che invita a riflettere:

È interessante il fatto che noi in realtà troviamo spazio per ammonire o punire in totale segretezza i nostri figli, segnatamente sulla base del fatto che in questo modo ne proteggiamo la reputazione con i coetanei e con gli altri, dando loro una seconda (o terza, o decima) possibilità di migliorarsi prima di assumere la piena responsabilità morale. Questi accordi privati dovrebbero sempre portare con sé una tacita comprensione del fatto che viene concessa una possibilità di scelta: “Vuoi la mia pietà o il mio rispetto? Fammi sapere quando sei pronto per il secondo. Nella misura in cui io ti scuso, esigendo meno da te in termini di comportamento morale e autocontrollato, esprimo il giudizio che non sei ancora un agente morale affidabile, che non sei ancora qualcuno su cui si può contare”:

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Dennett, D., Caruso G. (2022), A ognuno quel che si merita, Milano, Cortina Raffaello.
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