L’ autostima positiva diminuisce la suscettibilità delle adolescenti all’insoddisfazione corporea, che, a sua volta, riduce la probabilità di innescare comportamenti a rischio per i disturbi alimentari.
Autostima e insoddisfazione corporea
Battistelli definisce l’autostima come “l’insieme dei giudizi valutativi che l’individuo dà di sé stesso”. Secondo tale definizione, dunque, l’autostima è la concezione che la persona ha di sé, del suo valore e delle proprie capacità. Si tratta di un costrutto in continua evoluzione, comincia a strutturarsi nei primi anni di vita, a partire dalle prime relazioni che l’individuo instaura con le figure di riferimento e va poi evolvendosi nel tempo. Diverse ricerche hanno inoltre dimostrato che l’uso dei social media da parte degli adolescenti predice una maggiore insoddisfazione corporea, ma questa relazione è più debole tra gli adolescenti che hanno riferito una relazione positiva con i propri genitori.
L’adolescenza è un periodo compreso tra i 10 e i 19 anni (OMS, 2007), durante il quale si verificano diversi cambiamenti psicologici, sociali e morfologici (Miranda et al., 2011). Si tratta di una fase caratterizzata da maggiori responsabilità, richieste e cambiamenti nelle amicizie, indagini scientifiche indicano inoltre un aumento della percentuale di grasso corporeo durante l’adolescenza (Fortes et al., 2012). Questi e altri mutamenti possono influenzare l’immagine corporea.
L’immagine corporea si riferisce a un costrutto sfaccettato, che comprende percezioni, emozioni, sentimenti e pensieri diretti al proprio corpo (Slade, 1994). L’insoddisfazione corporea, classificata come una componente dell’immagine corporea, riguarda l’insoddisfazione per il proprio peso, l’aspetto e la forma fisica (Garner et al., 1981). Gli studi hanno mostrato una prevalenza di insoddisfazione corporea che varia dal 10% al 40% tra gli adolescenti (Flament et al., 2012). Nello specifico, sembra che tale prevalenza possa essere ancora più elevata tra le adolescenti di sesso femminile (De Castro et al., 2010).
L’autostima può essere definita come la misura in cui una persona si accetta e si piace (in un momento specifico o nel complesso) secondo standard definiti socialmente e personalmente, nonché crede di essere competente in specifici settori della vita che sono rilevanti per la sua identità personale e sociale (De Dominicis et al., 2022).
Flament e collaboratori (2012), indicano che la caratteristica principale dell’autostima è l’aspetto valutativo, che influenza il modo in cui l’individuo si pone i propri obiettivi, si accetta, valorizza gli altri e proietta le proprie aspettative per il futuro. Una buona autostima è considerata uno dei principali predittori di esiti favorevoli nell’adolescenza, con implicazioni in aree quali le relazioni interpersonali e il rendimento scolastico. Al contrario, bassi livelli di autostima sembrano correlare con aggressività, comportamenti antisociali, delinquenza in gioventù e cambiamenti negativi nell’immagine corporea (Mirza et al., 2005).
Lo studio trasversale, condotto da De Sousa Fortes e collaboratori (2014) in Brasile, con adolescenti di genere femminile di età compresa tra i 12 e i 17 anni, ha messo in luce che il 30,6% delle adolescenti ha mostrato insoddisfazione corporea, così suddivisa: il 16,1% ha presentato un’insoddisfazione corporea lieve, l’8,9% un’insoddisfazione corporea moderata e il restante 5,6% ha manifestato un’insoddisfazione corporea grave. Per quanto riguarda l’autostima, i risultati hanno mostrato che il 56% delle adolescenti aveva una bassa autostima (Rosenberg Self Esteem Scale < 26). Anche altri studi hanno confermato questi risultati (De Castro et al., 2010; Miranda et al., 2011; Slade, 1994). Dunque, l’insoddisfazione corporea colpisce circa un terzo della popolazione di adolescenti brasiliane (Forte set al., 2013). Tuttavia, questa prevalenza è aumentata negli ultimi anni (Martins et al., 2010), rendendola un problema di salute pubblica. Secondo Flament e collaboratori (2012), i media sono i principali responsabili di questo fenomeno, poiché trasmettono immagini di corpi magri associati al successo, che tende a tenere gli adolescenti lontani dalla realtà e genera sentimenti di insoddisfazione per il peso, l’aspetto fisico e la forma corporea.
Secondo Caqueo-Urizar e colleghi (2011), le ragazze con un’alta autostima di solito non interiorizzano l’ideale socioculturale della magrezza e ciò comporta una riduzione dell’insoddisfazione corporea. Ad esempio, Flament e collaboratori (2012) hanno dimostrato che l’autostima positiva diminuisce la suscettibilità delle adolescenti all’insoddisfazione corporea, che, a sua volta, riduce la probabilità di innescare comportamenti a rischio per i disturbi alimentari. Allo stesso modo, Johnson e colleghi (2004) hanno osservato che l’autostima positiva spiega livelli più bassi di insoddisfazione per il peso e l’aspetto fisico tra le studentesse universitarie americane. Pertanto, le ragazze che apprezzano le loro qualità personali e si sentono in grado di svolgere compiti sembrano essere meno vulnerabili all’insoddisfazione corporea.
Per quanto riguarda l’autostima negativa, questa era anche associata all’insoddisfazione del proprio corpo. Altre prove scientifiche supportano questi risultati: lo studio di Flament e collaboratori (2012) ha suggerito che l’autostima negativa è un importante fattore predittivo di insoddisfazione corporea, secondo solo all’interiorizzazione dell’ideale della magrezza.
Considerando la letteratura scientifica e i risultati di questa ricerca, si può presumere che i sentimenti di inutilità e fallimento possano rendere gli adolescenti più suscettibili all’insoddisfazione per il loro peso, l’aspetto fisico e la forma corporea. A conferma di questi risultati, il gruppo di ricerca di Johnson (2004) e quello di Pisitsungkagarn (2013) hanno riscontrato una maggiore insoddisfazione corporea nelle studentesse universitarie e nelle adolescenti con bassa autostima rispetto a quelle con alta autostima.
Social media e insoddisfazione corporea
Un’attività che ha dimostrato di contribuire all’insoddisfazione corporea è l’uso dei social media (Holland e Tiggemann, 2016). Tuttavia, non tutti gli adolescenti sono suscettibili agli effetti dei social media sull’insoddisfazione corporea nella stessa misura.
La ricerca ha dimostrato che fattori individuali, come la tendenza a confrontarsi con gli altri (Kleemans et al., 2018) e il livello di alfabetizzazione mediatica (McLean et al., 2016), moderano gli effetti dei social media sull’insoddisfazione corporea.
Un quadro utile per studiare le influenze sull’insoddisfazione corporea è il modello socioculturale (Thompson et al., 1999). Secondo questo modello, gli adolescenti ricevono messaggi su come dovrebbe essere il loro corpo da diverse fonti, come genitori, coetanei e media. Questi messaggi possono, ad esempio, includere che è importante essere magri o muscolosi. Se gli adolescenti interiorizzano questi ideali di apparenza come standard per il proprio corpo, confronteranno il proprio corpo con questi. Qualora il loro aspetto non corrisponda agli ideali interiorizzati, ciò si tradurrà in insoddisfazione corporea.
Sebbene il modello socioculturale originariamente si concentrasse sulla comunicazione faccia a faccia e sui media tradizionali (ad esempio riviste e TV; Thompson et al., 1999), i messaggi sugli ideali di apparenza vengono ora comunicati anche attraverso i social media. Sui social media, gli adolescenti postano fotografie di se stessi e visualizzano foto di altri (Espinoza e Juvonen, 2011) e l’aspetto fisico gioca un ruolo importante in queste attività (Siibak, 2009). Gli adolescenti riferiscono di subire pressioni per “sembrare perfetti” sui social media e per questo motivo selezionano e modificano con cura i loro post (Chua e Chang, 2016). Inoltre, i ragazzi e le ragazze adolescenti che trascorrono più tempo sui social media ricevono più feedback sul loro aspetto (De Vries et al., 2016). Oltre a ricevere messaggi sul proprio corpo sui social media, gli adolescenti vedono immagini accuratamente modificate e i commenti che ricevono. Anche lo studio di Rousseau (2017) ha rilevato che la visualizzazione dei post degli altri sui social media, era indirettamente correlata all’aumento dell’insoddisfazione corporea attraverso il confronto sociale contemporaneamente tra le ragazze adolescenti e contemporaneamente e longitudinalmente tra i ragazzi adolescenti.
L’insoddisfazione per il proprio corpo è soggetta anche alle influenze dei genitori (Bearman et al., 2006). I genitori non solo trasmettono ai figli messaggi sugli ideali di apparenza, ma anche la stessa relazione genitore-adolescente gioca un ruolo nello sviluppo dell’insoddisfazione per il corpo degli adolescenti (Bearman et al., 2006). I ricercatori sostengono che quando gli individui si sentono sicuri nelle loro relazioni è meno probabile che pensino di doversi conformare agli ideali di apparenza per ottenere l’accettazione degli altri (Holsen et al., 2012).
Alta autostima o narcisismo?
Se da un lato i due costrutti si sovrappongono perché entrambi implicano autovalutazioni positive, dall’altro ci sono importanti differenze concettuali tra autostima e narcisismo: per esempio, un’elevata autostima non è caratterizzata da grandiosità, egocentrismo e arroganza (Hyatt et al., 2018); un’elevata autostima ha un effetto prospettico positivo sulle relazioni sociali, mentre il narcisismo ha un effetto negativo (Leckelt et al., 2015). Per il comportamento antisociale, sono disponibili studi non longitudinali che hanno esaminato contemporaneamente l’autostima e il narcisismo. Tuttavia, i dati mostrano chiaramente che un’elevata autostima è correlata a un comportamento meno antisociale, mentre il narcisismo è correlato a un comportamento più antisociale (Paulhus et al., 2004).
Pertanto è importante non confondere il narcisismo con un’elevata autostima perché i due costrutti sono concettualmente distinti e spesso hanno effetti molto divergenti (e talvolta opposti) sulle relazioni sociali, sulla salute mentale e sul comportamento antisociale (Back e Morf, 2018).