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Tre caratteri (2022) di Cristopher Bollas – Recensione del libro

Per ogni disturbo affrontato nel libro 'Tre caratteri', Bollas porta riferimenti per contestualizzare l’evoluzione del pensiero analitico in merito

Di Simona Meroni

Pubblicato il 21 Giu. 2022

Il testo di Bollas, Tre caratteri, raccoglie il materiale di conferenze tenute dai partecipanti al Chicago Workshop e alla Arild Conference, lungo un arco temporale piuttosto esteso (dal 1983 al 2010), consentendo un dialogo trasversale con psicoanalisti, psicologi e psicoterapeuti facenti parte dei progetti. 

 

 Ciascun incontro si focalizzava su un singolo caso clinico, permettendo una discussione puntuale e precisa, ma soprattutto di viverne per interposta persona l’evoluzione lungo gli anni. Come quasi ogni lavoro di Bollas, nonostante l’estrema chiarezza di pensiero e di espressione, sarebbe bene affrontarne la lettura avendo quantomeno presente alcuni termini o tematiche di stampo psicoanalitico.

La particolarità di questa raccolta è che ogni capitolo, dedicato a una struttura specifica del carattere (quelli che nel DSM vengono definiti disturbo di personalità Borderline, Narcisistico, Disturbo Bipolare), si conclude con un racconto in prima persona, scritto e ideato dall’autore, consentendoci (e consentendogli) di vivere pensieri ed emozioni “in diretta”.

Già questo potrebbe essere un “suggerimento” clinico: esprimere i pensieri e le emozioni dei propri pazienti in prima persona aiuta non solo a comprenderli maggiormente, ma soprattutto a definirli laddove spesso ci capita di lavorare con persone in “via di definizione” o che non si conoscono e che si rivolgono a noi per aprire finestre su un mondo interno sconosciuto.

Come ci ricorda Bollas, nonostante nel libro siano raccolte riflessioni specifiche per tre disturbi differenti, nessun caso sarà uguale all’altro.

Si possono evincere e definire degli argini comuni all’interno dei quali la mente, i pensieri e le emozioni di pazienti che condividono una stessa diagnosi si muovono, ma questo non limita e non definisce la loro persona.

La radice di ogni disturbo è il dolore mentale e avere uno “schema noto” consente di rendere individuabile la sofferenza della persona, che – come già detto – spesso è vissuta, ma difficile da raccontare.

Non è da dimenticare che ciascun disturbo costituisce un tentativo intelligente di trovare una soluzione a un problema esistenziale, e questo va prima di tutto rispettato e in secondo luogo “indagato”: spogliare una persona delle proprie soluzioni (per quanto disfunzionali o distoniche) senza averne prima create insieme di nuove, equivarrebbe a una violenza.

Per ogni “disturbo del carattere” Bollas porta riferimenti culturali (es: il mito di Narciso), storici (il testo è ricco di note che rimandano ad articoli e terapeuti) che aiutano a contestualizzare l’evoluzione del pensiero analitico in merito a quello specifico disturbo.

Bollas è un autore generoso e lineare: minuziosamente e senza annoiare coinvolge il lettore in una disamina ricca e puntuale, offrendo un “buffet teorico” che può valere la pena riprendere a più riprese.

 Vengono sottolineati i rischi e i passi falsi più comuni della terapia con determinati soggetti, ma anche le cosiddette autorizzazioni del carattere. Bollas utilizza questa metafora: ogni disturbo porta con sé un’autorizzazione, una sorta di distintivo che ha lo scopo di spiegare all’altro cosa è accaduto. Il Borderline ha un’autorizzazione che dichiara: “Fuori controllo”. Il Narcisista: “Concordo prontamente con te”, perché abbiamo fatto un patto tale per cui io rispecchio te e tu rispecchi me senza in realtà comprendere appieno, e così via. Può sembrare che stia comunicando con gli altri o che stia cercando di aiutarli, ma in realtà si sta occupando semplicemente di ripristinare la propria idealizzazione.

Come già sottolineato, risultano preziosi gli “esempi di vita quotidiana” che consentono al lettore di trovare tradotti concetti complessi in parole molto semplici, nei quali ritrovare non solo i propri pazienti, ma anche cogliere nell’immediato cosa si intenda per “contratto borderline” e/o “festival del dolore”.

Ogni macro capitolo si conclude, inoltre, con “gli assiomi di logica” di quello specifico disturbo. Frasi semplici che riassumono quanto esposto nei paragrafi precedenti e che possono fungere da “piccolo manuale sintetico” per il clinico.

Interessante, infine, la riflessione di Bollas rispetto alle terminologie eziologiche: quando un disturbo diventa largamente conosciuto, si rischiano categorizzazioni e generalizzazioni che nulla hanno a che vedere con il disturbo specifico, generando non solo confusione ma anche – e soprattutto – un “appiattimento” del disturbo.

L’esempio più semplice è il dichiarare Bipolare una persona che non ha mai manifestato episodi maniacali nell’arco della vita, rischiando non solo ovviamente una diagnosi (e, di conseguenza, una terapia) errata, ma anche di sottovalutare il dolore mentale provato da quello specifico paziente.

Infine, nell’ultima parte del testo è presente un interessante dialogo-intervista tra Sacha Bollas (clinico, ricercatore) e l’autore, che ripercorre i temi trattati e i punti salienti discussi.

In conclusione, Tre Caratteri non vuole essere, e non si limita a essere, un “manuale” di clinica psicoanalitica, bensì un testo tecnico scritto con un linguaggio professionale ma chiaro, avvolgente e coinvolgente che può funzionare da bussola per l’attività di ogni terapeuta. La premessa, già sottolineata, è la conoscenza degli assiomi psicoanalitici e la condivisione di un modello che non si limita a ragionamenti legati alla causa-effetto, ma che mette in luce i meccanismi fondanti della mente di ciascuno.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bollas, C. (2022). Tre caratteri. Raffaello Cortina Editore.
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