Rogers e colleghi (2021) hanno svolto una ricerca per comprendere se alcune caratteristiche del pensiero ruminativo (come frequenza, durata, controllo percepito e contenuto) siano correlate ad un incremento di ideazioni, piani e tentativi di suicidio.
Impatto del suicidio
Nel 2014, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riportato, come ogni anno, che più di 800.000 persone sono morte a causa di un suicidio. Il suicidio è la morte causata da un atto di autolesionismo intenzionale, ideato per essere letale (Moutier, 2021). Il comportamento suicidario comprende il suicidio compiuto (atto intenzionale di autolesionismo letale), il tentato suicidio (atto intenzionale, con o senza lesioni, orientato al decesso ma che non è risultato letale) e l’ideazione suicida (atti preparatori, che includono pensieri, comportamenti e pianificazioni relative al suicidio) (Moutier, 2021).
Nel 2019, i Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (Disease Control and Prevention; CDC) in America hanno mostrato un aumento delle persone che tentano il suicidio a causa di un incremento dei pensieri e dei comportamenti associati alle ideazioni suicidarie. Oltre alla sofferenza associata ai suicidi, l’onere economico è sbalorditivo, in America ammonta circa a 44,6 miliardi di dollari all’anno (CDC, 2019).
Suicidio e ruminazione
Indagando i pensieri alla base delle tendenze suicide, si è visto come la ruminazione – stile di pensiero ripetitivo, orientato al passato e focalizzato sulle emozioni negative e sulle potenziali cause, sul significato e sulle conseguenze del proprio disagio e della propria sofferenza (Nolen-Hoeksema et al., 1991; 2008) – sia potenzialmente collegata alla messa in atto di comportamenti fatali (Morrison & O’Connor, 2008; Rogers & Joiner, 2017; Rogers et al., 2021). La letteratura ha esaminato se questo stile di pensiero negativo può informare sui possibili esiti correlati al suicidio (Fresco et al., 2002; McEvoy et al., 2013). Si ipotizza che una mancanza di controllabilità percepita sulla propria ruminazione, a lungo termine, possa portare ad una progressione lungo un “continuum suicida” (ad esempio, passare dall’ideazione suicidaria a dei veri e propri piani, oppure dai piani ai tentativi; Rogers et al., 2021).
Rogers e colleghi (2021) hanno svolto una ricerca per comprendere se alcune caratteristiche del pensiero ruminativo (come frequenza, durata, controllo percepito e contenuto) siano correlate ad un incremento di ideazioni, piani e tentativi di suicidio. Il campione era composto da un totale di 548 partecipanti: il 39,4% riportava di aver avuto delle ideazioni suicidarie nel corso della vita, il 15,7% riportava di aver avuto dei piani e il 12,6% riferiva di aver messo in atto dei veri e propri tentativi di suicidio. La Beck Scale for Suicide Ideation (Beck & Steer, 1991) evidenziava come circa due quarti del campione (26,6%) mostrasse la presenza di ideazioni suicidarie ricorrenti. Oltre alla scala per valutare l’ideazione suicidaria, sono state poste delle domande per indagare il contenuto ruminativo (“Quali sono le cose successe in passato che creano preoccupazione o su cui rumini?”), la controllabilità percepita (“Quanto spesso senti che la tua ruminazione su eventi passati sia difficile da controllare?”), la durata (“Quanto tempo spendi a ruminare su eventi successi in passato?”) e la frequenza (“Quanto spesso ti preoccupi o rumini su eventi accaduti in passato?”). La Lifetime Suicide Plans/Attempts è stata somministrata per verificare la presenza di piani e tentativi di suicidio, mentre il Penn State Worry Questionnaire (PSWQ; Meyer et al., 1990) per misurare la gravità del rimuginio e della preoccupazione generale. I risultati ottenuti hanno messo in luce una correlazione significativa tra tutte le variabili tranne qualche eccezione: la durata della ruminazione non era significativamente correlata ai tentativi di suicidio durante l’arco della vita, il contenuto ruminativo riguardo alla salute non era correlato ai piani o ai tentativi di suicidio, e il contenuto ruminativo sugli sforzi quotidiani non era correlato all’ideazione suicidaria attuale e ai piani o ai tentativi durante il corso della vita (Rogers et al., 2021).
Dato che la controllabilità percepita è associata all’ideazione suicidaria, ai piani e ai tentativi di suicidio durante il corso della vita, tale elemento potrebbe essere un fattore chiave di rischio lungo un continuum suicidario. Per validare quest’ipotesi, gli autori suggeriscono di replicare lo studio in futuro, utilizzando disegni longitudinali e una varietà di metodologie su popolazioni diverse (Rogers et al., 2021).