Ciascun membro della coppia arriva dalla sua famiglia, portando con sé il proprio bagaglio di storia, generazione e stirpe.
Questo spesso viene dimenticato dalle persone che si concentrano molto di più nel cercare di costruire una coppia autonoma, indipendente e a tratti anche possibilmente scollegata dalla propria storia familiare, per consacrare un legame duale che ricerchi il soddisfacimento del bisogno di autoaffermazione e, più narcisisticamente, la realizzazione del sé attraverso la coppia stessa.
Questo è avvenuto maggiormente negli ultimi anni della nostra epoca: nelle generazioni dal dopoguerra fino agli anni 70-80, invece, le relazioni di coppia si basavano sulla ricerca della protezione almeno da parte della donna, sposarsi significava crearsi uno status, creare alleanze tra famiglie, tramandare ruoli e mestieri; oggi si può dire che tale motivazione sia scemata in favore della ricerca della felicità personale, dell’autodeterminazione e della condivisione di un progetto di autorealizzazione.
Questo si vede anche simbolicamente con la forte diminuzione dei matrimoni celebrati in chiesa, che lasciano spazio alle unioni e alle convivenze.
La coppia e la nascita del figlio
Quando la coppia diventa generativa e nasce un figlio, la coppia di genitori viene chiamata a nuovi compiti: l’individuo deve misurarsi inevitabilmente con la propria storia familiare, è chiamato a ridefinire la propria posizione come figlio/figlia e a riconnettersi rispetto al ruolo nuovo di essere a sua volta genitore.
La nascita del bambino inoltre porta con sé una serie di significati:
- Primo, la possibilità e la potenza di ciascun membro della coppia di essere generativo, quindi il divenire padre e madre;
- Secondo, la responsabilità educativa verso il piccolo e l’affiorare di modelli genitoriali sperimentati in precedenza (quelli dei propri genitori e delle famiglie di origine) ai quali si finisce per ispirarsi o a contrapporsi.
- Terzo punto, il significato più intimo che il figlio rappresenta per l’individuo che lo ha generato; nel nuovo contesto storico, ad esempio, il figlio è visto come una quota nella realizzazione personale e/o elemento che favorisce la riuscita della realizzazione della coppia stessa (addirittura a volte il legame con il nuovo nato può rimpiazzare la coppia stessa).
- E, non da ultimo, grandissima importanza riveste l’attribuzione che la coppia dà a quel figlio: la sua nascita in un particolare momento della storia di coppia, o della storia familiare, dopo lutti, accadimenti, date, ricorrenze, o eventi che hanno un significato particolare per quella famiglia o per quella coppia…il contesto e il sistema di valori nel quale il bimbo viene ad inserirsi.
Passaggio da due a tre
La coppia perciò, da una fase duale, “io/tu”, si trova ad accogliere il terzo e a dover così per forza rinegoziare scambi, spazi, attenzioni, affetti, rimodulandosi nel nuovo mondo, cercando di non perdere quello che si era costruito faticosamente prima.
Nella maggioranza dei casi il bimbo avrà una speciale attenzione da parte della madre, fonte delle cure primarie, che potrà far inizialmente sentire il padre escluso e, a volte, impotente; il nuovo assetto richiede tempo per un accomodamento di tutti i suoi componenti.
Il ruolo fondamentale del padre sarà, nel tempo, non quello di stare fuori dalla diade, ma di cercare di riavvicinarsi alla sua compagna e al legame originario stabilito con lei, rispettando la sua nuova posizione di mamma e a sua volta sperimentandosi come figura paterna.
Una parte difficilissima, insomma, quella richiesta al compagno, che spesso nelle dinamiche del post parto viene accantonato e relegato a “guardare” lo speciale momento che si crea nella diade madre/figlio. Ecco invece che egli è parte attiva in tutto questo: la sfida sarà non intromettersi ma entrare nella loro “membrana” e farne parte, in modo tale che tutti i membri continuino ad essere generativi nella reciprocità.