Il cervelletto è una struttura nota perlopiù per il suo coinvolgimento nell’apprendimento motorio e in aspetti come la coordinazione; ha, tuttavia, un ruolo anche in funzioni emotive e cognitive.
Il cervelletto
Innanzitutto, cerchiamo di descrivere brevemente questa struttura localizzata nella fossa cranica posteriore, inferiormente rispetto ai lobi occipitali degli emisferi cerebrali.
Il cervelletto ha un corpo centrale ed allungato, definito verme, e due parti laterali, chiamate emisferi cerebellari, con avanti due piccole formazioni, una per lato, denominate flocculi (Kandel, Schwart, Jessell, 2014).
Il cervelletto è collegato per mezzo dei tre peduncoli cerebellari al tronco encefalico: quelli superiori sono due fasci paralleli che si dirigono verso il mesencefalo; i peduncoli cerebellari medi sono due fasci più voluminosi che si protraggono con il ponte; i peduncoli cerebellari inferiori, infine, si incurvano in avanti e raggiungono il midollo allungato (Castano & Donato, 2006).
Sebbene il cervelletto costituisca il 10% del volume cerebrale, contiene il più elevato numero di neuroni di tutte le suddivisioni cerebrali.
Riceve numerose afferenze: somatosensitive dal midollo spinale, informazioni motorie dalla corteccia cerebrale e informazioni concernenti il senso dell’equilibrio dagli organi vestibolari dell’orecchio interno. Si consideri, infatti, che gli assoni che raggiungono il cervelletto sono 40 volte più numerosi di quelli che lo lasciano (Kandel, Schwart, Jessell, 2014).
Dunque, è importante per il mantenimento della postura, per la coordinazione e la regolazione fine dei movimenti e per l’apprendimento delle abilità motorie.
Le lesioni cerebellari, infatti, provocano alterazioni della precisione spaziale e della coordinazione temporale dei movimenti, deficit dell’equilibrio e riduzione del tono muscolare, oltre a gravi deficit dell’apprendimento motorio.
Le malattie cerebellari presentano sintomi e segni caratteristici, tra i principali possiamo elencare: ipotonia, ossia una diminuzione della resistenza al movimento passivo degli arti; mancanza di coordinazione nell’esecuzione di movimenti volontari; presenza di una particolare forma di tremore (tremore cinetico) durante l’esecuzione di un movimento (Kandel, Schwart, Jessell, 2014).
Cervelletto, funzioni cognitive ed emozioni
Per tali ragioni, in passato, il cervelletto è stato considerato come una struttura prevalentemente motoria. Negli ultimi anni, tuttavia, studi neuropsicologici e l’utilizzo di strumenti di neuroimaging hanno rilevato contributi del cervelletto nella modulazione di processi relativi alla sfera cognitiva ed affettivo-comportamentale, grazie a una cospicua afferenza ai nuclei pontini proveniente da particolari aree associative del neocortex. Esistono dei circuiti cerebro-cerebellari (circuito cortico-ponto-cerebellare e circuito cerebello-talamo-corticale) che collegano il cervelletto con le cortecce motorie, la corteccia associativa e le regioni paralimbiche dell’emisfero cerebrale (Kandel, Schwart, Jessell, 2014).
È il lobo anteriore del cervelletto ad essere impegnato principalmente nel controllo motorio, invece il verme cerebellare è coinvolto nell’elaborazione emotiva (tanto da essere indicato come “cervelletto limbico”) e il cervelletto posteriore contribuisce a funzioni cognitive complesse, grazie al sistema di circuiti neurali che lo collega a corteccia prefrontale, temporale, parietale posteriore e limbica (Schoch et al., 2006).
Inoltre, disabilità linguistiche possono sorgere in seguito a lesioni dell’emisfero cerebellare destro, che contribuisce a modulare i processi linguistici non motori e le funzioni cognitive. I deficit linguistici che si verificano in seguito a lesioni cerebellari sono diversi da quelli prodotti da lesioni corticali, causando una forma di “incoordinazione linguistica” (Silveri & Misciagna, 2000). Mentre, lesioni dell’emisfero cerebellare sinistro possono portare a difficoltà visuo-spaziali (Gottwald et al., 2004).
In letteratura sono presenti dati che suggeriscono un coinvolgimento del cervelletto nell’identificazione ed espressione delle emozioni, soprattutto l’espressione della tristezza. Si ipotizza che una riduzione della comprensione dell’espressione emozionale potrebbe essere causata da un danno nel collegamento funzionale tra il cervelletto e il lobo frontale (Schmahmann et al., 2007). Inoltre, diversi tipi di intonazione emotiva della voce e l’esposizione a immagini o espressioni facciali emotive attivano una serie di regioni all’interno del cervelletto (Paradiso et al., 1999).
Sindrome cerebellare cognitivo affettiva
Si parla addirittura di “Sindrome cerebellare cognitivo affettiva” per indicare uno specifico quadro di sintomi dato da: un insieme di deficit nelle funzioni esecutive (pianificazione, ragionamento astratto, fluenza verbale, working memory), con perseverazione, distrazione, compromissione della cognizione spaziale (organizzazione visuo-spaziale e memoria visuo-spaziale); cambiamenti di personalità con ottundimento affettivo, comportamento disinibito e inappropriato, difficoltà nella produzione linguistica (disprosodia, agrammatismo e lieve anomia). Tale Sindrome cerebellare cognitivo affettiva è stata rilevata più facilmente nei pazienti con danno bilaterale (Schmahmann & Sherman, 1998).
Tavano e colleghi (2007) hanno studiato un gruppo di 27 pazienti, sia bambini che adulti, con malformazioni congenite cerebellari. Le indagini neuropsicologiche e cliniche hanno evidenziato la presenza di deficit in vari domini, così da supportare l’importante ruolo giocato dal cervelletto nell’acquisizione di abilità cognitive complesse e perfino affettive. Un risultato rilevante di tale studio consiste nel fatto che i deficit motori sono generalmente meno gravi e tendono a migliorare lentamente e progressivamente, raggiungendo in alcuni casi la funzionalità quasi completa, al contrario dei sintomi della Sindrome cerebellare cognitivo affettiva.